Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4946 del 02/03/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4946 Anno 2018
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: CAIAZZO ROSARIO

SENTENZA
sul ricorso n. 28837/10, proposto da:
Antonio Di Rosa, elett.te donnic. in Roma, alla via C. Menotti n.1, presso l’avv.
Giovanni M. Cocconi, che lo rappres. e difende, con procura speciale a margine
del ricorso;
RICORRENTE
CONTRO
Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,
presso l’avvocatura dello Stato che la rappres. e difende;

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avverso la sentenza n. 358/14/2009 della Commissione tributaria regionale del
Lazio, depositata il 28/10/2009;
udita la relazione del consigliere dott. Rosario Caiazzo, nella pubblica udienza
del 23 ottobre 2017;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.
Federico Sorrentino i il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Antonio Di Rosa impugnò un avviso d’accertamento, per il 2000, con cui fu
accertato, in applicazione degli studi di settore, a seguito di contraddittorio con
il contribuente, un maggior reddito d’impresa; l’ufficio si costituì, resistendo al
ricorso.

Data pubblicazione: 02/03/2018

La Ctp di Roma accolse il ricorso, escludendo il maggior volume d’affari,
rilevando che: trattandosi di un bar con all’interno una rivendita di tabacchi,
non era applicabile lo studio di settore dei bar all’intero volume d’affari, senza
separare costi e ricavi delle due attività; l’ufficio non aveva tenuto conto dei
rilievi del contribuente.
L’Agenzia delle entrate propose appello, accolto dalla Ctr secondo la cui

quale non aveva aderito alla proposta dello stesso ufficio; lo studio di settore
era stato applicato solo per l’attività di bar, e non per l’attività di rivendita di
tabacchi; le gravi incongruenze erano state desunte dalle caratteristiche e dalle
condizioni d’esercizio della specifica attività svolta, nonché dai dati dichiarati
dal contribuente; quest’ultimo non aveva provato con elementi certi le proprie
difese.
Il Di Rosa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a otto motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine di partecipare alla pubblica
udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, è stata denunziata la violazione e falsa applicazione
dell’art. 62sexies, comma 3, del d.l. n.331/93, non avendo la Ctr tenuto conto
dei rilievi del contribuente.
Con il secondo motivo, è stata dedotta la nullità del procedimento, in relazione
all’art. 360, 1°c., n.4, c.p.c., in quanto l’appello era inammissibile per il
mancato deposito degli allegati.
Con il terzo motivo, è stata denunziata parimenti la nullità del procedimento
per carenza di motivazione, non avendo la Ctr rilevato che l’avviso
d’accertamento era stato emesso senza esaminare le deduzioni difensive del
contribuente.
Con il quarto motivo, è stata dedotta ancora la nullità del procedimento, per
non aver la Ctr rilevato che l’avviso impugnato era stato emesso senza che
l’ufficio avesse dimostrato l’esistenza di maggiori ricavi (come argomentato
dalla Ctp).

motivazione: era stato instaurato regolare contraddittorio con il contribuente il

Con il quinto motivo, è stata denunziata l’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo nella parte in
cui la sentenza ha fatto riferimento ad una valutazione concreta della posizione
del contribuente, attraverso la proposta formulata, poiché- come rilevato dalla
Ctp- non era stata dimostrata tale proposta di adesione, considerato altresì
l’omesso deposito degli allegati.

Ctr motivato in ordine alle gravi incongruenze, alla ricerca probatoria e alla
rilevanza degli elementi probatori dedotti dal contribuente.
Con il settimo motivo, è stato dedotto il vizio di motivazione in ordine alla
carenza di specifiche motivazione dei motivi dell’atto d’appello che, pertanto,
sarebbe stato da dichiarare inammissibile.
Con l’ottavo motivo, è stata ancora denunziato un vizio motivazionale per non
aver la Ctr considerato la separatezza delle due attività di bar e rivendita di
tabacchi.
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo non può essere accolto, poiché dalla sentenza si evince che la
Ctr considerò e valutò le deduzioni del contribuente (che si riassumevano, in
sostanza, nella critica dell’applicazione degli studi di settore anche all’attività
interna al bar di vendita di tabacchi).
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non ha riprodotto la
memoria d’appello, almeno nella parte relativa all’eccezione d’inammissibilità
dell’impugnazione per omessa produzione degli allegati; d’altra parte, non è
dato comprendere se vi sia stata tale omissione, né il ricorrente ha indicato la
natura di tali allegati.
I motivi dal terzo al sesto sono esaminabili congiuntamente poiché tra loro
connessi.
Il terzo e quarto motivo sono infondati, in quanto la Ctr ha respinto l’appello,
esaminando i rilievi del contribuente ed esponendo che l’ufficio aveva
formulato una proposta non accettata da quest’ultimo; al riguardo, la Ctr ha
ritenuto corretto l’accertamento poiché fondato, attraverso il contraddittorio e

Con il sesto motivo, è stato denunziato il vizio motivazionale per non aver la

l’esame dei documenti allegati dal contribuente, sulle specifiche caratteristiche
dell’attività d’impresa.
Il quinto motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente ha dedotto il vizio di
motivazione, ma ha formulato, in realtà, una censura riguardante una
violazione di legge, avendo lamentato che il giudice d’appello avrebbe
erroneamente ritenuto che l’accertamento non era stato fondato su una

contributiva, tradotta in una proposta cui il contribuente non aveva aderito.
Al riguardo, il ricorrente, avendo dedotto un’erronea applicazione delle norme
disciplinanti l’accertamento induttivo fondato sugli studi di settore, avrebbe
dunque dovuto invocare il vizio di cui al n.3 dell’art. 360,1°c., c.p.c.
Inoltre, il motivo è comunque infondato nella parte in cui è stata denunziata
l’omessa o insufficiente motivazione, in ordine all’asserita inosservanza del
contraddittorio, avendo la Ctr evidenziato che vi erano stati diversi incontri con
il contribuente il quale, però, non aderì alla proposta di accertamento con
adesione.
Il sesto motivo non ha pregio, in quanto la Ctr ha compiutamente motivato in
ordine alla sussistenza delle gravi incongruenze desunte dalle caratteristiche e
dalle condizioni d’esercizio della specifica attività imprenditoriale svolta dal
ricorrente, previa applicazione degli studi di settore ai dati contabili riportati
nella dichiarazione dei redditi.
Al riguardo, la Corte intende dare continuità all’orientamento secondo cui i
parametri o studi di settore previsti dall’art. 3, commi da 181 a 187, legge 28
dicembre 1995, n. 549, rappresentando la risultante dell’estrapolazione
statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e
dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato,
integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio
dell’accertamento anailitico-induttivo, ex art. 39, primo comma, lett. d, del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che deve essere necessariamente svolto in
contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e,
soprattutto, in quella contenziosa, incombe l’onere di allegare e provare senza
limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da
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acritica trasposizione di calcoli, bensì su una concreta verifica della capacità

allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno
riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato
normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato,
mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello
“standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (Cass., n.
3415/15; n. 14288/16).
Nel caso concreto, il ricorrente non ha dimostrato fatti tali da allontanare la sua
attività dal modello normale cui i parametri fanno riferimento, mentre l’ufficio
ha correttamente applicato lo “standard” inerente all’attività d’impresa in
questione, peraltro non contestato dal contribuente (salva la questione, di cui
si dirà, circa la duplicità dell’attività imprenditoriale).
Il settimo motivo è infondato, poiché i motivi dell’appello proposto dall’Agenzia
delle entrate erano ammissibili, essendo stati formulati in maniera chiara e
specifica, come si desume anche dall’esposizione dei fatti di causa contenuta
nella sentenza impugnata.
Né è meritevole di considerazione l’assunto secondo cui i motivi d’appello
erano assolutamente incerti, in quanto il ricorrente ha fatto riferimento a
questioni di merito, come tali non esaminabili, che non afferiscono
all’ammissibilità dei motivi, lamentando che la proposta di adesione non
sarebbe stata depositata nel giudizio di primo grado e che l’ufficio non aveva
effettuato ulteriori ricerche probatoria in ordine ai ricavi accertati.
L’ottavo motivo è infondato, in quanto la Ctr ha considerato la separatezza tra
l’attività di bar e quella di rivendita di tabacchi, argomentando che quest’ultima
non era soggetta agli studi di settore e che i relativi ricavi erano a
determinazione certa.
Rilevato che l’Agenzia delle entrate si è costituita tardivamente al solo fine di
partecipare all’udienza di discussione, cui però non ha presenziato, nulla va
statuito sul regime delle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso nella camera di consiglio del 23 ottobre 2017.
Il Preside e
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