Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4941 del 27/02/2017

Cassazione civile, sez. II, 27/02/2017, (ud. 05/12/2016, dep.27/02/2017),  n. 4941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22948-2012 proposto da:

C.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA

CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARCO CIURCINA;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 58,

presso lo studio dell’avvocato MARIA LUISA DEL BUFALO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DOMENICO MORABITO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 436/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 08/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato CIURCINA Marco, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato DEL BUFALO Maria Luisa, difensore del resistente che

si è riportata alle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso perchè

infondato e per l’integrazione della motivazione ai sensi dell’art.

384 c.p.c., u.c..

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

A.A. conveniva in giudizio nel 2006 innanzi al Tribunale di Torino C.A..

L’attrice esponeva di aver sottoscritto il 14.2.2006 una proposta di acquisto di una unità immobiliare, in atti indicata, del convenuto versando la somma di Euro 5mila a valere quale caparra confirmatoria a seguito della intervenuta accettazione della proposta.

Appreso, in seguito e come in atti, della pendenza di una causa del Condominio nei confronti del costruttore dell’edificio e dell’esistenza di una molteplicità di gravi vizi del fabbricato e dell’unità immobiliare, l’attrice rifiutava il 28.3.2006 di dar seguito al contratto e chiedeva, quindi, all’adito Giudice la restituzione del doppio della caparra, previo accertamento della legittimità del proprio recesso.

Il convenuto resisteva alla domanda attorea, di cui chiedeva il rigetto, asserendone l’infondatezza, e formulava in via riconvenzionale l’accertamento della legittimità del proprio recesso e dèl diritto di ritenere la ricevuta caparra.

Il Tribunale di prima istanza, con sentenza n. 1917/2009, dichiarava inammissibili per tardività le domande riconvenzionali e rigettava la domanda dell’attrice, condannata al pagamento della maggior parte delle spese di lite, compensate per il rimanente.

Con la sentenza il Tribunale, in particolare, riteneva “assolutamente minimi” i difetti suddetti e non provata la circostanza della mancata tempestiva informativa del prominente venditore quanto alla vicenda del succitato giudizio.

A seguito di appello interposto dalla A. e resistito dall’appellato, l’adita Corte dio Appello di Torino – con sentenza n. 436/2012 – in accoglimento del gravame ed in riforma della gravata decisione condannava il C. la pagamento in favore dell’appellante della somma di Euro 10mila, nonchè delle spese del doppio grado del giudizio ed alla restituzione di quanto ottenuto per effetto della sentenza di primo grado.

Per la cassazione della decisione della Corte territoriale ricorre il C. con atto affidato a due ordini di motivi e resistito controricorso dalla parte intimata.

Nell’approssimarsi dell’udienza ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la parte ricorrente.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1385 c.c. in relazione all’art. 1385 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Col motivo si deduce, nella sostanza, l’erroneità della impugnata sentenza con riferimento alla “conoscenza (da parte della A.) della grave situazione dello stato dell’immobile oggetto della promessa di vendita” al momento dell’esercizio – da parte della medesima – del recesso e, quindi, della legittimità o meno dello stesso.

Si tratta, quindi, di una censura di violazione di legge che ha, quale suo indefettibile presupposto, una valutazione che è – innanzitutto – in punto di valutazione di fatto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Viene dedotto dal ricorrente il mancato esame della conoscenza, al momento recesso (27.3.2006), del predetto stato dell’immobile e, quindi, il fatto che la A. medesima ignorava, a quel momento, l’esistenza di un atto di citazione da parte del condominio nei confronti del costruttore per i gravi vizi dell’immobile stesso.

3.- I due suesposti motivi possono essere trattatati congiuntamente attesa la loro connessione.

Entrambi non possono essere accolti.

Con gli stessi si deduce l’erroneità della gravata decisione sotto il profilo, nell’ordine, della violazione di legge e della carenza motivazionale.

Senonchè, specie con riguardo alla denunciata violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, parte ricorrente finisce col sostituire una propria personale ricostruzione dei fatti (e, quindi, del derivante errore di applicazione di legge) rispetto a quella operata dalla Corte territoriale.

Senonchè, è noto e va qui riaffermato il principio per cui “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Nè, d’altra parte, “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608).

In ogni caso, poi, parte ricorrente – incentrando l’attenzione sul “momento del recesso” e sulla coeva conoscenza della instaurazione di un giudizio per i vizi dell’immobile – evita accuratamente di censurare in modo adeguato l’effettiva ratio della decisione gravata.

Questa, a ben vedere, non pone a base del proprio convincimento il solo fatto della conoscenza dell’atto di citazione (che appare, anzi, rivestire un carattere tutto sommato non decisivo), ma ben altro.

L’impugnata sentenza evidenzia, infatti, una serie di vizi argomentatamente ritenuti – a differenza del Giudice di prime cure – gravi ed idonei a giustificare il recesso de quo.

Trattasi di vizi sia del fabbricato condominiale, nel suo complesso, che dell’unità immobiliare promessa in vendita.

La sentenza non è, insomma, elusiva o immotivata rispetto al proprio dictum.

E, quindi, non erra neppure in tema di applicazione della norma di diritto che si pretende violata o male applicata (nè parte ricorrente enuncia principio in base al quale la decisione gravata deve ritenersi viziata per violazione dell’art. 1385 c.c.).

Inoltre l’impugnata sentenza evidenzia come, fin dal marzo 2006, già nella bozza di contratto preliminare predisposto dal C. si evidenziava “la presenza di problemi rilevanti e di vizi costruttivi”.

La stessa sentenza ha, poi, esplicitato con chiarezza che, quanto al momento al quale si doveva fare riferimento, occorreva “avere riguardo alla situazione che si prospettava (alla A.) e che ella poteva constatare”.

Tutto ciò – va ribadito – nel contesto di una valutazione correttamente svolta dalla Corre territoriale, che ha dato rilevanza non solo e non tanto al momento di conoscenza della citazione nei confronti del costruttore, ma dei gravi vizi (si pensi, ad esempio, a quelli – di cui in sentenza relativi ai box) sia del fabbricato che dell’unità immobiliare.

D’altra parte, come evidenziato dal P.G. nell’illustrazione in udienza delle proprie conclusioni, deve affermarsi – proprio in riferimento alla norma invocata in ricorso – che è ben legittimo l’esercizio della facoltà di recesso allorchè venga frustrata l’aspirazione del prominente acquirente di acquistare una abitazione idonea e non affetta da gravi vizi.

Trattavasi (per completezza) di vizi che – nell’ipotesi – erano quelli stessi che il promittente venditore aveva – in uno al condominio – eccepito nei confronti del costruttore e che, quindi, ben potevano giustificare l’esercizio del recesso per cui si controverte con le relative conseguenze.

4.- I due motivi devono quindi, essere respinti ed il ricorso va rigettato.

5.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 3200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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