Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4929 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 27/02/2017, (ud. 22/11/2016, dep.27/02/2017),  n. 4929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19840-2012 proposto da:

V.R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.

ZANARDELLI, 23, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA TURRIO

BALDASSARRI, rappresentata e difesa dall’avvocato CALOGERO DI

STEFANO;

– ricorrente –

contro

VI.GI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TRIONFALE N.

21, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA CASAGNI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONELLA ARCOLEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 13/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato DI STEFANO Calogero, difensore della ricorrente che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato PAZZAGLIA Stefania, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con sentenza n. 12 del 2012 la Corte di Appello di Palermo, accogliendo il gravame avverso la decisione emessa il 28 dicembre 2007 dal Tribunale di Palermo interposto da Vi.Gi. nei confronti di V.R.M., condannava quest’ultima a restituire all’appellante il doppio della caparra corrisposta in sede si sottoscrizione del preliminare di vendita del (OMISSIS).

Per l’effetto l’appellata V. veniva condannata – con la medesima succitata sentenza della Corte territoriale al pagamento di Euro 20milioni, oltre interessi, nonchè alla refusione delle spese del doppio grado del giudizio.

Per la cassazione della suddetta sentenza della Corte palermitana ricorre la V.R. con atto affidato a tre ordini di motivi e resistito con controricorso dall’intimato.

Ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la ricorrente.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione alle norme di cui all’art. 1385 c.c., comma 11, art. 111 Cost. art. 1223 c.c. e art. 183 c.p.c..

Il motivo si incentra sulla deduzione che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che non costituiva domanda nuova quella spiegata dal Vi.Gi., in sede di precisazione – innanzi ad essa – delle conclusioni, con le quali veniva domandato il recesso dal contratto preliminare di vendita per cui è causa ed il conseguente pagamento del doppio della caparra.

Il motivo è infondato.

La Corte distrettuale, nell’accogliere apposito motivo di gravame in quella sede avverso la sentenza del Giudice di prime cure, ha affermato che il Vi.Gi. aveva sempre manifestato la volontà di avvalersi del meccanismo risarcitorio di cui all’art. 1385 c.c., comma 2″.

Tale affermazione risulta suffragata (in assenza di ogni altra avversa idonea deduzione) dallo stesso testo delle conclusioni formulate in primo grado dallo stesso Vi. laddove è espressamente richiesto di “ritenere e dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1385 c.c., il diritto del sign.. Vi.Gi. ad ottenere il doppio della caparra confirmatoria….

In ogni caso l’interpretazione della domanda – correttamente effettuata alla luce della chiaro senso delle riportate conclusioni -rientrava nell’ambito dell’attribuzione propria della Corte di merito.

Il motivo va, dunque, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1385 e 1453 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Col motivo, di non immediata intelligibilità si intende far ritenere che, siccome il Vi. aveva – con la svolta domanda – richiamato gli effetti della pregressa diffida ad adempiere formulata con precedente atto stragiudiziario, doveva ritenersi già intervenuta la risoluzione di diritto del contratto con la conseguenza che il Vi. medesimo non poteva più esercitare il diritto di recesso e chiedere il doppio della caparra.

Orbene, a fronte della citata basilare valutazione della Corte territoriale (“il Vi. aveva sempre manifestato volontà avvalersi meccanismo risarcitorio (caparra) art. 1385 c.c., comma 11”, col motivo qui in esame si solleva una questione che risulta del tutto nuova e non è allegata in modo tale da poter essere ritenuta come questione già svolta nei pregressi gradi di giudizio.

Al riguardo, anche al precipuo fine di evitare che il giudizio di legittimità diventi un qualcosa di alieno rispetto alle anteriori fasi del giudizio, non può che evidenziarsi che quella posta col motivo qui in esame, costituisce – allo stato degli atti – questione nuova (non risultante come già svolta nei pregressi gradi del giudizio) o comunque, come tale, ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione.

Il motivo è, pertanto, del tutto inammissibile.

Infatti “i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito nè rilevabili d’ufficio.” (Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 30 marzo 2007, n. 7981 ed, ancora e più di recente, Sez. 6 – 1, Ordinanza, 9 luglio 2013, n. 17041).

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Viene svolta doglianza in relazione alla condanna alle spese del doppio grado di giudizio di merito.

Il motivo è infondato avendo la Corte territoriale regolato correttamente le spese in virtù della soccombenza dell’odierna controricorrente.

Il motivo va, dunque, respinto.

4.- Alla stregua di quanto innanzi affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.

5.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come da dispositivo.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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