Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4929 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 25/02/2020), n.4929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24994-2018 proposto da:

B.A.G.G., in proprio e nella qualità di

procuratore speciale della sig.ra BA.AD.CA.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. P. DA PALESTRINA 63,

presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CONTALDI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ROBERTO MARCHETTI;

– ricorrente –

contro

BI.MA. in G., G.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso lo studio

dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ENRICO FIORETTA;

– controricorrente –

contro

ZURICH INVESTMENTS LIFE SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30,

presso lo studio dell’avvocato GIAMMARIA CAMICI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato DANIELE MAGNANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 306/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 13/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 13/2/2018, la Corte d’appello di Torino, pronunciando quale giudice del rinvio a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 3263/2016, in parziale riforma della sentenza di primo grado, e in accoglimento per quanto di ragione delle domande proposte da B.A.G.G. (in proprio e quale procuratore speciale di Ba.Ad.Ca.), per quel che ancora rileva in questa sede, ha pronunciato l’annullamento, ai sensi dell’art. 775 c.c., delle polizze sulla vita stipulate da Ga.En. con la Zurich Life Insurance Italia s.p.a. a beneficio di G.G. e Bi.Ma., in epoca posteriore al maggio 2001, viceversa disattendendo la contestuale domanda di annullamento delle polizze sulla vita stipulate dalla stessa Ga., con la medesima compagnia e sempre a beneficio del G. e della Bi., in epoca anteriore al maggio 2001;

che, a fondamento della decisione assunta, il giudice del rinvio ha evidenziato come gli originari attori non avessero fornito la prova che, in epoca anteriore al maggio 2001, la Ga. versasse in condizioni di incapacità naturale tale da giustificare la pronuncia di annullamento degli atti di disposizione dalla stessa compiuti in tale periodo di tempo;

che, avverso la sentenza del giudice del rinvio, B.A.G.G., in proprio e quale procuratore speciale di Ba.Ad.Ca., propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

che G.G. e Bi.Ma., da un lato, e la Zurich Investments Life s.p.a. (già Zurich Life Insurance Italia s.p.a.), dall’altro, resistono con controricorso;

che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi, in relazione all’art. 115 c.p.c., comma 1, (con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale erroneamente disatteso le risultanze istruttorie complessivamente acquisite nel corso del giudizio, con particolare riguardo ai contenuti della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel giudizio di primo grado e alle deposizioni testimoniali complessivamente assunte, pervenendo erroneamente al rigetto della domanda degli originari attori nella parte in cui aveva invocato l’accertamento dell’incapacità naturale della Ga. con riguardo alle disposizioni patrimoniali dalla stessa compiute in epoca anteriore al maggio 2001;

che il motivo è inammissibile;

che, sul punto, osserva il Collegio come al caso di specie (relativo all’impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12) trovi applicazione il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (quale risultante dalla formulazione del D.L n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modif., con la L. n. 134 del 2012), ai sensi del quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

che, secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sè (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. Un., 22/9/2014, n. 19881; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830);

che, dovendo dunque ritenersi definitivamente confermato il principio, già del tutto consolidato, secondo cui non è consentito richiamare la corte di legittimità al riesame del merito della causa, l’odierna do-glianza dei ricorrenti deve ritenersi inammissibile, siccome diretta a censurare, non già l’omissione rilevante ai fini del cit. art. 360, n. 5, bensì la congruità del complessivo risultato della valutazione operata nella sentenza impugnata con riguardo all’intero materiale probatorio, che, viceversa, il giudice a quo risulta aver elaborato in modo completo ed esauriente, sulla scorta di un discorso giustificativo dotato di adeguata coerenza logica e linearità argomentativa, senza incorrere in alcuno dei gravi vizi d’indole logico-giuridica unicamente rilevanti in questa sede;

che, in particolare, con specifico riguardo alla pretesa mancata considerazione delle conclusioni contenute nella c.t.u. di primo grado, è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia provveduto a specificare, in modo analitico, le ragioni della ritenuta non condivisibilità delle conclusioni raggiunte in detta consulenza tecnica d’ufficio in relazione alla mancata dimostrazione, con carattere di certezza, della condizione di incapacità naturale della Ga. in epoca anteriore al maggio del 2001, indicando, per converso, le fonti di convincimento e gli indici di valutazione inclini a deporre per l’opposta conclusione;

che, a fronte di tali premesse, osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, quando sia denunciato, con il ricorso per cassazione, un vizio di motivazione della sentenza, sotto il profilo dell’omesso esame di fatti, circostanze, rilievi mossi alle considerazione di ordine tecnico, è necessario che il ricorrente non si limiti a censure apodittiche di erroneità e/o di inadeguatezza della motivazione, o anche di omesso approfondimento di determinati temi di indagine, ma precisi e specifichi, sia pure in maniera sintetica, le risultanze e gli elementi di causa dei quali lamenta la mancata od insufficiente valutazione, evidenziando, in particolare, le eventuali controdeduzioni che assume non essere state prese in considerazione, ovvero gli eventuali mezzi di prova contrari non ammessi, per consentire al giudice di legittimità di esercitare il controllo sulla decisività degli stessi, che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere effettuato sulla sola base delle deduzioni contenute in tale atto (Sez. 2, Sentenza n. 8383 del 03/08/1999, Rv. 529176 – 01);

che, in particolare, sotto il profilo della decisività della censura, anche in relazione al dedotto omesso esame di fatti, circostanze, rilievi mossi alle risultanze di ordine tecnico, vale il principio in forza del quale il corrispondente vizio di motivazione può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Sez. 3, Sentenza n. 11457 del 17/05/2007, Rv. 596714 – 01);

che, ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo i ricorrenti propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività dell’omesso esame, da parte del giudice a quo, di fatti, circostanze e rilievi mossi alle considerazioni di ordine tecnico contenuti nella sentenza impugnata, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

che, pertanto, osserva il Collegio come, attraverso le odierne censure, i ricorrenti altro non prospettino se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità;

che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione di legge (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente affermato che la circostanza consistente nel fatto che normalmente su un carro funebre venga fatto salire un solo familiare del defunto e non tre costituisca un fatto notorio, tale da indurre a ritenere inattendibili le dichiarazioni rese dai testimoni B.P. ed C.E.;

che il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza;

che, al riguardo, varrà osservare come la corte territoriale abbia giudicato inattendibili le deposizioni rese dai testi indicati anche sulla base di circostanze e parametri di valutazione diversi da quello censurato dai ricorrenti, evidenziando come dette dichiarazioni fossero comunque in contrasto con “elementi pacifici risultanti dagli atti e con le dichiarazioni degli altri testi” (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata);

che, ciò posto, non avendo i ricorrenti censurato tali punti della motivazione dettata dal giudice a quo (di per sè idonei a suffragare la valutazione di inattendibilità dei testi oggetto di valutazione), l’odierna censura deve ritenersi irriducibilmente priva di rilevanza in relazione all’obiettivo istruttorio dagli stessi preteso;

che, conseguentemente, sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore di entrambe le parti controricorrenti, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuna parte, in Euro 8.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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