Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4927 del 02/03/2018


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Cassazione civile, sez. III, 02/03/2018, (ud. 16/01/2018, dep.02/03/2018),  n. 4927

Fatto

Il Tribunale Ordinario di Milano decidendo, con sentenza in data 12.6.2013 n. 8289, la fase di merito del ricorso in opposizione ex art. 617 c.p.c. proposto da Intesa San Paolo s.p.a. (già San Paolo IMI s.p.a.) avverso la ordinanza del Giudice della esecuzione che aveva dichiarato esecutivo il “progetto di distribuzione” redatto ai sensi dell’art. 512 c.p.c. (con il quale si disponeva l’integrale pagamento dei creditori ipotecari, ed in misura percentuale dei creditori chirografari, e veniva collocato come chirografario il credito accessorio per “interessi moratori” maturati – dal 18.3.2005 al saldo – sul credito fondiario azionato dalla banca opponente, che era intervenuta nella procedura esecutiva pendente avanti il Tribunale di Milano contro i debitori esecutati P.F. e A.R.), rigettava la opposizione in quanto la estensione ipotecaria al credito accessorio, prevista dall’art. 2855 c.c., commi 2 e 3, doveva ritenersi limitata ai soli interessi “corrispettivi”, con esclusione di quelli “moratori”, conformemente alla interpretazione della norma fornita dal prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità.

La sentenza, non notificata, è stata impugnata per cassazione, in relazione a vizi di attività di giudizio e di motivazione, da CERVED CREDIT Management s.p.a. n.q. di mandataria della società cessionaria del credito Sagrantino Italy s.r.l. (tale a seguito di modifica della denominazione sociale MINERVA s.r.1.), con ricorso ritualmente notificato ai sensi dell’art. 149 c.p.c., ai seguenti debitori esecutati e creditori concorrenti nel procedimento esecutivo: 1 – eredi di A.M. – creditore procedente ( A.R.M.L.; A.M.C.; A.R.); 2 – A.R.M.L. n.q. di creditore procedente; 3 – A.R. n.q. debitrice esecutata; 4 – Intesa San Paolo s.p.a.

I predetti intimati non hanno svolto difese.

Con atti ritualmente notificati a 5 – P.F. (debitore esecutato), ed agli altri creditori 6 GUBER s.p.a. (n.q. di procuratore OASIS Securitisation s.r.l., n.q. cessionaria del credito di Cassa risparmio Veneto s.p.a. già Cassa risparmio Padova e Rovigo s.p.a.); 7 – Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (n.q. di cessionaria di credito del Credito Lombardo s.p.a.); 8 – Condominio (OMISSIS); 9 – Banca popolare di Milano soc. coop a r.l.; 10 – UNICREDIT s.p.a. (già Cassa risparmio Torino s.p.a.), la società ricorrente ha, inoltre, adempiuto all’ordine di integrazione del contraddittorio ed al rinnovo delle notifiche viziate da nullità, come disposto con ordinanza interlocutoria di questa Corte in data 15.6.2016.

Non essendo stata, tuttavia, restituita la relata della notifica eseguita all’estero, ai sensi dell’art. 5, lett. a) della Convenzione di L’Aja del 15.11.1965, nei confronti di I.L. – creditore intervenuto nella procedura esecutiva che risultava trasferito in Messico -, questa Corte, con ordinanza resa alla udienza 12.1.2017, assegnava termine di gg. 120 per il rinnovo della notifica che, eseguita presso il luogo di residenza indicato nel registro AIRE (Playa del Carmen, Quintana Roo, Mexico, Primera Cerrada MZ 83 Lote 19 n. 297 Edif. Galattia Colonia Las Quintas), dava esito negativo, in quanto da informazioni assunte in loco dall’agente notificatore, il destinatario risultava essersi definitivamente allontanato da oltre sei mesi senza aver lasciato alcun recapito.

La società ricorrente ha, quindi, ritualmente provveduto a riprendere spontaneamente il procedimento notificatorio, richiedendo all’Ufficiale giudiziario di effettuare la notifica del ricorso all’Ingenito (nato a (OMISSIS)), ai sensi dell’art. 143 c.p.c., adempimento eseguito in data 29.9.2017 mediante deposito di copia dell’atto nella casa comunale del luogo di nascita in (OMISSIS), con conseguente perfezionamento della notifica disposta ad integrazione del contraddittorio.

Nessuno degli intimati ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo (violazione dell’art. 2855 c.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) il ricorrente lamenta la mancata applicazione della estensione della prelazione ipotecaria ex art. 2855 c.c., comma 3, agli “interessi moratori” maturati, a seguito della risoluzione di due contratti di mutuo fondiario, sull’importo capitale non restituito, nonchè sull’importo relativo ad un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo, sostenendo che i commi “secondo” e “terzo” della norma indicata non possono essere interpretati congiuntamente, come se entrambe le disposizioni fossero riferite ai soli “interessi corrispettivi”, in tal modo avendo invece ritenuto la Corte d’appello, atteso che la prima disposizione (comma 2) riguarda esclusivamente gli “interessi corrispettivi” e l’altra, invece, (comma 3) non fa distinzione in merito alla natura degli interessi, limitandosi soltanto a ridurre “ex lege” l’ammontare degli stessi – garantito dal grado d’ipoteca del titolo – nei limiti dell’importo calcolato in base al tasso legale, nonchè a stabilire il periodo massimo di maturazione degli accessori “dopo il compimento dell’annata in corso alla data del pignoramento……fino alla data della vendita” (tale periodo nel caso di specie – avuto riguardo a quanto riferito dal ricorrente ricorso pag. 15 -, va determinato con riferimento alla scadenza dell’anno 1994 – essendo stato eseguito il pignoramento immobiliare in data 14.5.1994 – e fino al 18.2.2005 -data della vendita dei cespiti immobiliari-).

Il motivo, relativo alla errata applicazione dell’art. 2855 c.c., comma 3, deve ritenersi fondato.

La norma in esame (art. 2855 c.c.) è strutturata nei commi 2 e 3, in quattro distinte disposizioni.

Il comma 2 è articolato:

a) in una disposizione che esprime l’enunciato principale: “Qualunque sia la specie d’ipoteca, l’iscrizione di un capitale che produce interessi fa collocare nello stesso grado gli interessi dovuti, purchè ne sia enunciata la misura nella iscrizione.”

b) in una disposizione immediatamente successiva: “La collocazione degli interessi è limitata alle due annate anteriori e a quella in corso al giorno del pignoramento, ancorchè sia stata pattuita l’estensione ad un maggior numero di annualità,.”

c) nonchè in una ulteriore disposizione aggiuntiva che delimita gli effetti precettivi delle disposizioni precedenti: “le iscrizioni particolari prese per altri arretrati hanno effetto dalla loro data”.

La disposizione principale regola la estensione automatica del medesimo grado della iscrizione ipotecaria del titolo anche agli accessori dello stesso, specificando che per assolvere al requisito della determinabilità della somma da iscrivere nella nota ex art. 2809 c.c., comma 1, e ex art. 2839 c.c., comma 2, n. 4), il creditore deve indicare la misura degli stessi, ma con riferimento esclusivo ad un particolare tipo di titolo, quello costituito da un “capitale fruttifero (“l’iscrizione di un capitale che produce interessi….”), la cui nozione è rinvenibile nell’art. 820 c.c., comma 3, che individua tanto i “frutti civili” (“che si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto: art. 821 c.c., comma 2”), quanto, indirettamente, i “capitali” che li producono (“Sono frutti civili quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia. Tali sono gli interessi dei capitali, i canoni enfiteutici, le rendite vitalizie e ogni altra rendita, il corrispettivo delle locazioni”). Consegue che – avuto riguardo al criterio ermeneutico letterale e sistematico – la disposizione “principale” del comma 2 non può che intendersi riferita agli “interessi corrispettivi”, rimanendo estraneo alla nozione di “frutto civile” l’interesse moratorio ex art. 1224 c.c. da intendersi quale presunzione legale utilizzata come criterio di liquidazione forfetario del risarcimento del danno da ritardo imputabile ad inadempimento colposo o doloso del debitore. Tale conclusione si impone alla stregua dell'”orientamento ampiamente maggioritario espresso da questa giurisprudenza di legittimità, fondato su di un argomento di ordine tanto letterale quanto sistematico-interpretativo, che induce a ritenere il sintagma “capitale che produce interessi” inequivocabilmente circoscritto ai soli interessi che, in guisa di frutti civili (art. 820 c.c., comma 3), costituiscono remunerazione del capitale medesimo, id est i (soli) interessi corrispettivi, senza che, neppure in via analogica, possano ritenersi inclusi nei “frutti civili” della sorta capitale quegli interessi che trovino il loro presupposto, morfologico e funzionale, nel ritardo imputabile al debitore.” (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 775 del 15/01/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 17044 del 28/07/2014 che scindono nettamente le disposizioni di cui all’art. 2855 c.c., commi 2 e 3 in tal senso distaccandosi dal precedente Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 21998 del 24/10/2011. Vedi Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 18312 del 30/08/2007 che in materia di procedura fallimentare, interpretando il rinvio all’art. 2855 c.c. operato dalla L. Fall., art. 54, aveva già precisato che l’art. 2855 c.c., comma 2 concerne esclusivamente gli interessi corrispettivi).

La disposizione del comma 2, immediatamente successiva a quella principale, risponde alla esigenza (illustrata nella Relazione al codice civile, p. 1162) “di temperare il pregiudizio che dal cumulo degli interessi a favore di un creditore ipotecario può derivare ai creditori posteriori”, venendo a tal fine a limitare “quantitativamente” l’importo per accessori che può beneficiare della estensione automatica del medesimo grado della garanzia ipotecaria per il titolo fruttifero, importo che non può eccedere quello degli interessi corrispettivi maturati nei due anni precedenti al pignoramento e nell’anno in corso al pignoramento: trattasi di norma di ordine pubblico, che sanziona con la nullità gli accordi tra le parti intesi ad estendere il grado della ipoteca anche agli ulteriori interessi maturati in anni diversi dal triennio indicato.

Occorre tuttavia precisare che la sanzione della nullità colpisce eventuali accordi ed iscrizioni – rivolti alla estensione automatica della garanzia – non conformi ai limiti legali, ma non impedisce anche che gli “altri arretrati” – che non beneficiano della estensione del grado della ipoteca del titolo – possano essere oggetto di distinte iscrizioni ipotecarie assumendo il rispettivo grado di formalità: in tal senso provvede la disposizione del medesimo comma 2 che espressamente consente la (nuova) “iscrizione” anche degli interessi maturati sul titolo fruttifero in anni diversi da quelli considerati dalla disposizione limitativa precedente.

Il comma 3, introduce – invece – una deroga alla disposizione del comma 2 che, come si è visto, limita al triennio (biennio precedente ed anno in corso al momento del pignoramento) l’importo complessivo degli interessi che prendono lo stesso grado della ipoteca a garanzia del titolo, disponendo che: “L’iscrizione del capitale fa pure collocare nello stesso grado gli interessi maturati dopo il compimento dell’annata in corso alla data del pignoramento, però soltanto nella misura legale e fino alla data della vendita”.

La collocazione di tale disposizione in un comma autonomo trova giustificazione in relazione al duplice profilo:

1- della riduzione, imposta ex lege, della misura degli interessi attratti nello stesso grado di iscrizione della ipoteca, stabiliti in misura fissa al tasso legale ex art. 1284 c.c. (anche se il titolo recava la clausola di interessi convenzionali ad un tasso maggiore ovvero anche se erano previsti da norme di legge speciali saggi di interessi maggiori del tasso legale di cui all’art. 1284 c.c.: Cass. 30.8.2007 n. 18312; Cass. 17.9.1999 n. 10070; Cass. 8.11.1997 n. 11033; v. anche Cass. 27.9.2012 n. 16480), secondo una soluzione analoga ad altre disposizioni in materia di estensione al credito accessorio per interessi delle garanzie reali (art. 2749 c.c., comma 2 in materia di privilegio; art. 2788 c.c., in materia di pegno di beni mobili), restrizione che non è prevista, invece, nel comma 2 che concerne anche gli interessi convenzionali o legali ove stabiliti ad un tasso maggiore di quello legale;

2 – del periodo di riferimento di maturazione degli interessi che beneficiano della estensione del grado d’ipoteca, “dopo il compimento dell’annata in corso alla data del pignoramento” e “fino alla data della vendita”, che qualifica necessariamente in modo diverso la natura degli ulteriori interessi, non più corrispettivi ma moratori: ed infatti, anche nella ipotesi in cui il titolo non prevedesse la “mora ex re”, e il creditore non avesse effettuato precedenti atti di costituzione in mora, in ogni caso gli effetti della mora ex art. 1219 c.c., comma 1 verrebbero a prodursi dopo la notifica del precetto e l’inizio della esecuzione, sicchè gli interessi maturati successivamente alla notifica del precetto non potrebbero che qualificarsi come interessi moratori.

In conclusione dal coordinamento sistematico delle disposizioni di cui all’art. 2855 c.c., commi 2 e 3 sopra richiamante, emerge che:

a) gli interessi al tasso convenzionale o quelli determinati al saggio previsto da norme speciali (corrispettivi) beneficiano della estensione dello stesso grado della originaria garanzia ipotecaria limitatamente al triennio (i due anni precedenti e l’anno in corso alla data del pignoramento);

b) eventuali accordi diversi, relativi alla estensione automatica della garanzia originaria ad interessi convenzionali o determinati al saggio previsto da norme speciali (corrispettivi) per maggiori annualità, maturati pre o post pignoramento, sono sanzionati dalla nullità;

c) gli interessi al tasso convenzionale o quelli determinati al saggio previsto da norme speciali (corrispettivi), relativi ad annualità diverse dal triennio (anteriori ai due anni – corrispettivi – o posteriori all’anno del pignoramento – moratori -), possono però essere oggetto di autonoma iscrizione ipotecaria che prende il grado della nuova formalità;

d) Gli interessi maturati successivamente all’anno del pignoramento (moratori) e fino alla data della vendita, beneficiano della estensione del medesimo grado della originaria garanzia ipotecaria, ma solo nella misura ridotta ex lege al tasso legale ex art. 1284 c.c..

Pertanto la esegesi del testo normativo porta necessariamente a tenere distinto l’ambito operativo dell’art. 2855 c.c., commi 2 e 3 come affermato peraltro dai precedenti di questa Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 775 del 15/01/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 17044 del 28/07/2014, le cui motivazioni sono condivise dal Collegio.

Deve quindi statuirsi che il comma 2 disciplina i limiti di estensione della garanzia ipotecaria agli “interessi corrispettivi”, mentre il comma 3 ha per oggetto la disciplina dei limiti di estensione della garanzia ipotecaria agli “interessi moratori”, occorrendo precisare che il riferimento cronologico “alla data del pignoramento” contenuto nelle disposizioni della norma in esame, trova applicazione anche ai crediti ipotecari fatti valere nelle procedure concorsuali ed a quelli azionati dai creditori intervenuti nella procedura esecutiva individuale, sicchè deve intendersi riferito, ai sensi della L. Fall., art. 54 alla data della dichiarazione di fallimento (Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 8657 del 29/08/1998), e nel caso di intervento spiegato nella procedura esecutiva (per un titolo fruttifero) ai sensi degli artt. 499 e 500 c.p.c., all’ “atto di concreta aggressione esecutiva del patrimonio debitore posto in essere dal creditore privilegiato e cioè appunto al ricorso per intervento” (Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 170-14 de 28/07/2014).

Il Tribunale Ordinario di Milano non si è conformato ai principi di diritto enunciati – e la sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio – in quanto ha ritenuto non estensibile la garanzia ipotecaria anche al credito per “interessi moratori” maturato dalla banca -intervenuta nella procedura esecutiva – dalla data della domanda di intervento, fino alla data della vendita del compendio pignorato, in tal modo facendo erronea applicazione dell’art. 2855 c.c., comma 3 che, diversamente dal comma 2, non prevede una discriminazione nella estensione al credito accessorio della garanzia reale che assiste il credito capitale e nel collocamento nel medesimo grado di formalità degli interessi, in base alla “natura” corrispettiva – e non moratoria – di questi ultimi, limitandosi – invece – soltanto a vincolare “quantitativamente” la estensione della prelazione al credito accessorio maturato successivamente all’anno in corso del pignoramento e fino alla data della vendita, e dunque al credito per interessi moratori, nell’importo massimo determinato in base alla misura legale del saggio d’interesse ex art. 1284 c.c..

Con il secondo motivo (vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la società lamenta che il Tribunale non abbia motivato in ordine alla omessa applicazione della norma di cui al D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, art. 14 che prevede la capitalizzazione del credito per interessi di mora.

Premesso che la doglianza non appare adeguatamente precisata, tenuto conto che la norma indicata appare riferibile soltanto ad uno dei due mutui, essendo stata abrogata a far data dal 1991, anno al quale risale la stipula del secondo contratto di mutuo fondiario, mentre nulla è argomentato nel motivo circa il credito portato dal decreto ingiuntivo, osserva il Collegio che il motivo si palesa inammissibile, per errata individuazione del parametro normativo del sindacato di legittimità, laddove viene a prospettare attraverso l’errore di fatto, un vizio di legittimità che – invece – avrebbe dovuto essere dedotto, o come errore di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, o piuttosto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – come nullità processuale laddove fosse stato lamentato un omesso esame di specifica domanda, in violazione dell’art. 112 c.p.c..

In ogni caso la censura formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non risponde al requisito di specificità, prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, non avendo la parte ricorrente neppure individuato le statuizioni della sentenza impugnata in ipotesi inficiate da errori logici, e non avendo indicato -come richiesto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3 conv. in L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze pubblicate dopo l’11.9.2012 – il fatto storico “decisivo”, oggetto di discussione ma non rilevato e valutato dal Giudice di merito, e che – ove debitamente considerato – avrebbe con certezza portato ad una diversa decisione favorevole alla ricorrente.

In conclusione il ricorso deve essere accolto quanto al primo motivo, dichiarato inammissibile il secondo motivo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo esame al Tribunale Ordinario di Milano che si atterrà al principio di diritto enunciato, provvedendo a liquidare anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo motivo di ricorso;

cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2018

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