Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4925 del 25/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2020, (ud. 12/09/2019, dep. 25/02/2020), n.4925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22438-2018 proposto da:

C.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO

DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato ANDREA PIETROPAOLI,

rappresentata e difesa dagli avvocati LEONARDO SALVATORE SGANGA,

DAMIANO VITA;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VIBO VALENTIA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SARDEGNA 17, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE NICOLA ALTIERI,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1430/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 24/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2007, C.M.R. citava in giudizio l’Amministrazione Provinciale di Vibo-Valentia per aver omesso di ottemperare ai doveri imposti al custode proprietario della strada, al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti a seguito del sinistro stradale occorso nel 2006.

Esponeva che mentre percorreva la statale (OMISSIS) in direzione (OMISSIS), giunta in località (OMISSIS), perdeva il controllo dell’autovettura, rovinando nella scarpata ai bordi della strada, a causa della presenza sul fondo stradale di acqua e fango.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione Provinciale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, impugnando e contestando la domanda attorea.

Con sentenza n. 676/2013, il Tribunale di Vibo Valencia accoglieva la domanda e condannava la convenuta al pagamento dei danni subiti.

2. Avverso la predetta sentenza, l’Amministrazione proponeva gravame d’appello.

La Corte territoriale, con sentenza n. 1430 del 24/07/2017, in accoglimento dell’appello, riformava la sentenza impugnata, e, per l’effetto, condannava la convenuta a restituire quanto ricevuto in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre gli interessi dalla data del pagamento.

La Corte territoriale riteneva non dimostrata la sussistenza del nesso di casualità tra le condizioni della sede e il sinistro in oggetto.

3. Avverso tale pronuncia, C.M.R. propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi. L’Amministrazione Provinciale di Vibo Valencia resiste con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole della “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

La Corte avrebbe violato i principi logici sottesi al prudente apprezzamento degli elementi processuali acquisiti, facendo mal governo di alcuni dati, dai quali ha indirettamente desunto, attraverso massime di esperienza e/o presunzioni, la verosimiglianza dei fatti che era onere del custode provare.

6.2. Con il secondo motivo, parte ricorrente denuncia il “Vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per mancato esame di documento che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

La Corte avrebbe omesso di valutare la nota n. 2770 del 28 marzo 2007 del responsabile del procedimento e del funzionario competente della Provincia di Vibo Valencia, nella quale veniva descritto lo stato dei luoghi teatro dell’incidente, che, correttamente valutato, avrebbe portato il giudice ad una diversa decisione.

7. Entrambi i motivi sono inammissibili, in quanto volti ad ottenere una nuova valutazione dei fatti di causa, oltrepassando i limiti che sono propri del sindacato di legittimità sulla ricostruzione della quaestio facti nella vigenza dell’art. 360 c.p.c., nuovo n. 5, siccome indicati da Cass. Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014.

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha rilevato l’assenza del nesso di causalità tra le condizioni della sede stradale e il sinistro in oggetto. Ha ritenuto all’esito dell’istruttoria che la causa dello sbandamento del veicolo sia stata l’alta velocità tenuta al momento del sinistro in prossimità di una curva a visuale aperta piuttosto che la presenza dell’acqua che, secondo la tesi prospettata dalla ricorrente, avrebbe reso scivoloso il fondo stradale.

Il primo motivo, pur preannunciando nell’intestazione la denuncia della violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., in realtà la prospetta attraverso una sollecitazione a rivalutare risultanze probatorie, giustificando tale sollecitazione attraverso l’evocazione, pure nella intestazione, degli artt. 115 e 116 c.p.c., che, dunque, costituisce premessa per pervenire al risultato della violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. Senonchè, la pretesa violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non è dedotta secondo i criteri indicati da Cass. n. 11892 del 2016, ribaditi da numerosa giurisprudenza conforme e, in motivazione non massimata, da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016 e tanto comporta l’inammissibilità del motivo. Essa sussiste anche quanto all’evocazione, peraltro implicita, delle norme sulle presunzioni, che, parimenti, non è svolta secondo i canoni indicati da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018 (vedine i paragrafi 4.10 e ss.).

Il secondo motivo lamenta l’omesso esame di un documento, ma, anche se la sua evocazione fosse considerata come relativa ad un fatto controverso, che nemmeno viene indicato, e non alla sua valutazione, lo fa senza evidenziarne il requisito della decisività di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, bensì postulando la rilevanza della rappresentazione complessiva dello stato dei luoghi contenuta nel documento alla luce – lo si dice espressamente – delle “risultanze processuali – che se esaminate nella loro globalità avrebbero indiscutibilmente inficiato le valutazioni assertive di presunte massime di esperienza, prettamente probabilistiche (terza pagina di illustrazione del motivo)”: tanto evidenzia che il motivo, come s’è detto, sollecita un controllo sulla motivazione in facto non consentito dal nuovo n. 5 secondo le citate sentenze delle SS. UU.

8. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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