Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4923 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 27/02/2017, (ud. 21/06/2016, dep.27/02/2017),  n. 4923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13813-2015 proposto da:

CITTA’ DEL MARE SRL, P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DELL’AMM.RE UNICO E

LEGALE RASPP.TE P.T., SOFICOOP SRL IN LIQUIDAZIONE, IN PERSONA DEL

LIQUIDATORE E LEGALE RAPP.TE P.T., P.I. (OMISSIS), elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA PORTA PINCIANA 6, presso lo studio

dell’avvocato GIORGIO PARLATO, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

T.E., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

STAZ.NE PRENESTINA 7 INT. 10, presso lo studio dell’avvocato

PATRIZIA MAURO, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO

FIORAVANTE ALIPERTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1655/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Luciana Parlato con delega depositata in udienza

dell’Avv. Parlato Giorgio difensore delle ricorrenti che si riporta

agli atti depositati;

udito l’Avv. Aliperti Vincenzo Fioravante difensore del

controricorrente che si riporta alle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, CHE HA CONCLUSO PER IL RIGETTO DEL RICORSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con atto notificato il 20 ottobre 1994, T.E. conveniva la SOFICoop s.r.l. davanti al Tribunale di Napoli, chiedendo che fosse emessa in suo favore la sentenza ex art. 2932 c.c., in relazione ad un contratto preliminare del (OMISSIS) con il quale la convenuta gli aveva promesso in vendita un appartamento in località (OMISSIS).

Esponeva che l’immobile era stato realizzato su terreno concesso in proprietà alla società convenuta dal Comune di Somma Vesuviana a seguito di convenzione stipulata ai sensi della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35 e che dopo il pagamento di 70 milioni di Lire e la consegna del possesso, la convenuta aveva omesso di stipulare il definitivo.

La convenuta, costituitasi, deduceva la mancata stipula del contratto definitivo era da imputare all’inadempimento dell’attrice, per cui chiedeva la risoluzione del contratto preliminare.

Con sentenza in data 5 settembre 2003 il Tribunale di Napoli rigettava la domanda ex art. 2932 c.c. sia la domanda riconvenzionale.

La SO.FI Coop s.r.l. proponeva appello, dolendosi, in primo luogo, del mancato accoglimento della domanda riconvenzionale.

T.E. proponeva appello incidentale, chiedendo la dichiarazione di nullità del contratto preliminare.

Con sentenza 2 settembre 2008 la Corte di appello di Napoli dichiarava la nullità del giudizio di primo grado ex art. 354 c.p.c., rimettendo la causa al Tribunale di Napoli, sul presupposto che oltra alla Soficoop, delegata all’espropriazione e cessionaria delle aree sulle quali era stato realizzato il complesso immobiliare di cui faceva parte l’appartamento all’origine della controversia, avrebbero dovuto essere convenuti in giudizio gli originari proprietari delle aree e l’ente espropriante.

Intanto nel (OMISSIS) Soficoop aveva venduto l’appartamento alla Città del Mare srl, intervenuta in appello.

In accoglimento di ricorso delle due società, la Corte di Cassazione con sentenza n. 8380 del 2011 ha affermato che non ricorre litisconsorzio necessario allorchè il giudice proceda, in via meramente incidentale, ad accertare una situazione giuridica che riguardi anche un terzo, dal momento che gli effetti di tale accertamento non si estendono a quest’ultimo, ma restano limitati alle parti in causa.

La Corte di appello di Napoli, adita in riassunzione da T., con la sentenza 1655/2014 ha rigettato l’appello principale della Soficoop e ha dichiarato inammissibile quello incidentale di T..

Le due società hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da memoria.

T. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) La Corte di appello di Napoli con la sentenza 1655/14 ha rigettato l’appello principale di SOF Coop s.r.l e di Città del Mare srl, ribadendo che la venditrice era gravemente inadempiente in quanto non aveva ultimato la procedura espropriativa e quindi, come in altri casi analoghi osservato già dalla Corte di cassazione, non aveva reso possibile neppure l’eseguibilità del preliminare ex art. 2932 c.c..

Ha negato che il titolo possa essere costituito dalla cd accessione invertita, che potrebbe al più fondare un’azione per ottenere l’accertamento della proprietà in capo alla società stessa, ma non può costituire un valido titolo per l’alienazione a terzi.

Ha ritenuto inammissibili una serie di deduzioni fondate su fatti nuovi rispetto al carattere chiuso del giudizio di rinvio.

La Corte ha anche respinto la domanda di adempimento formulata in via subordinata.

Ha infine rilevato che, sebbene anche la domanda di T. sia stata respinta, la questione della eventuale restituzione dell’immobile dovrà essere esaminata in altra sede perchè il rigetto della domanda di risoluzione Soficoop, cui ineriva la domanda di restituzione, ostacola l’accoglimento di questa pretesa.

3) Con il primo motivo le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 102, 112 e 354 c.p.c. e art. 2932 c.c..

Il motivo cumula una serie di profili che vanno distintamente esaminati, nei limiti in cui è possibile e consentito seguirne la articolazione.

L’esposizione è frammista all’inserimento di documenti (tra cui sentenze utilizzate a fine documentale e non di mera conoscenza giuridica) di cui non è attestata la tempestiva produzione in causa, come tali da ritenere nuovi e non utilizzabili, circostanza prontamente rilevata dal procuratore generale in udienza, senza che vi sia stata replica.

Il ricorrente deve infatti rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, l’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass. 23575/15; 16900/15).

Il motivo di ricorso premette che si è formato giudicato interno sul rigetto della domanda ex art. 2932 c.c. di parte T., respinta dal tribunale e non impugnata.

Aggiunge che la Corte ha erroneamente rigettato la domanda Soficoop di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dell’acquirente T., ritenendo decisiva la circostanza che la Coop non era divenuta proprietaria del terreno su cui insisteva l’immobile.

Lamenta (cfr pag. 26 del ricorso) che la Corte avrebbe esaminato la domanda nuova del convenuto – riferita all’ineseguibilità del preliminare, – pur avendola considerata inammissibile, come altre formulate in appello dal T..

La domanda di quest’ultimo, di nullità del preliminare “fondata sulla pretesa mancata acquisizione dell’area” (pag. 29), sarebbe stata subito contestata come nuova dalla ricorrente Soficoop.

La decisione di appello sarebbe quindi basata su un’inammissibile domanda nuova.

3.1) La censura è priva di fondamento: in primo luogo perchè non individua correttamente la ratio decidendi: il rilievo relativo alla impossibilità di esecuzione del preliminare per mancato esperimento della procedura espropriativa è stato infatti svolto dal tribunale, come la sentenza impugnata riferisce a pag. 10.

La Corte di appello si è limitata a spiegare la fondatezza di questo rilievo, già del “primo giudice”, facendo ricorso a precedenti giurisprudenziali di legittimità in cui il mancato perfezionamento della procedura espropriativa comporta l’ineseguibilità del preliminare ex art. 2932 c.c..

La motivazione è dunque in primo luogo confermativa e non dipendente da una “domanda nuova”, ma da un profilo giuridico relativo a un fatto già valorizzato dal tribunale.

In ogni caso, qualora vi fosse stata questione di nullità contrattuale, anche in via di eccezione la circostanza avrebbe potuto essere rilevata sia a cura di parte sia di ufficio, come è consentito in via generale dall’art. 345 c.p.c., e, quanto alla nullità contrattuale, dall’art. 1421 c.c., perfino nelle azioni contrattuali intraprese per chiedere la risoluzione del contratto (si vedano in proposito, amplius, SU 14828/12; 26242/14).

Resta peraltro da rilevare che nella specie trattavasi di mera difesa del resistente all’appello e di rilievo comunque doveroso, trattandosi dell’inadempimento all’obbligo principale del venditore Soficoop, che aveva dedotto, senza riuscire a provarlo, il proprio adempimento come presupposto della propria domanda respinta in tribunale.

3.2) il secondo profilo del primo motivo attiene alla acquisizione del terreno da parte della Soficoop in forza di accessione invertita, cioè, si scrive in ricorso, della “occupazione legittima” per scopo di “pubblica utilità”.

Ancora una volta parte ricorrente invoca (cfr. pag 39 e ss) un mezzo di acquisto della proprietà che, come osservato dai giudici di appello, è stato espunto dall’ordinamento a seguito di sentenze CEDU (cfr Cass. 6301/14).

Evita di considerare che l’illecito spossessamento del privato da parte della P.A. e l’irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un’opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all’acquisto dell’area da parte dell’Amministrazione. (Sez. U, n. 735 del 19/01/2015)

Sostiene, paradossalmente, che il mancato perfezionamento del procedimento espropriativo “non ha rilievo alcuno” (pag.34), senza spiegare perchè non abbia potuto dar corso alla vendita dell’area con i regolari passaggi.

Deduce che il titolo che abilita la società promittente a trasferire l’appartamento è la convenzione stipulata con il comune di Somma Vesuviana e deduce che i successivi atti aggiuntivi prevedono la cessione alla società della proprietà ad edificandum e quindi “la facoltà di promettere in vendita il diritto di proprietà superficiaria ad essa trasferito”.

Il rilievo è inconferente, perchè non è in discussione in causa la facoltà di stipulare il preliminare, facoltà che non è stata negata, ma il dovere di adempiere alla promessa di vendita facendo acquistare la proprietà piena al promissario acquirente.

Nè possono essere invocati, come fa il ricorso, argomenti che sono comunque imperniati sulla giurisprudenza che presupponeva la legittimità dell’accessione invertita, argomenti su cui fanno leva i successivi passaggi dell’atto (cfr fino a pag. 43-44).

La conclusione del motivo di ricorso risiede (pag. 45) nel sostenere che non sarebbe stato dimostrato l’annullamento del piano edilizio economico e popolare, nè chi sia il proprietario del fondo. Trattasi di circostanze non decisive in causa: per affermare l’inadempimento era sufficiente stabilire che il mancato completamento della procedura espropriativa rendeva proprietà dell’area e quindi la trasferibilità del bene opportunamente le circostanze sono state con ampiezza controricorso riportando le precedenti contestazioni.

4) Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2932 c.c. e art. 112 c.p.c. e vizi di motivazione e concerne il rilievo da attribuire agli asseriti inadempimenti del promissario per mancato pagamento di rate del residuo prezzo.

Il rigetto di questo secondo motivo di appello, accuratamente riportato dai giudici di appello a pag. 11 della sentenza, è insito nella motivazione con cui è stata da quei giudici confermata la questione principale posta dalle ricorrenti, riguardo all’esistenza del proprio inadempimento.

Una volta confermata la sussistenza di quest’ultimo, la Corte di appello nel rigettare il gravame ha confermato il giudizio di maggiore gravità che aveva riassunto in precedenza.

Trattasi di apprezzamento di merito congruo e logico, poichè non si può negare che il non essere il venditore “a distanza di tredici anni dalla conclusione del preliminare” in grado di stipulare il definitivo possa essere considerato inadempimento di maggior portata, rispetto al mancato completamento del pagamento del prezzo (versati 70 milioni di Lire su 120).

Trattasi di apprezzamento di merito insindacabile in questa sede.

5) Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione della L. n. 865 del 1971, art. 35 e vizi di motivazione.

Le ricorrenti deducono che in appello avevano chiesto la declaratoria di nullità del contratto preliminare per violazione della norma predetta, “non essendo stato dimostrato il possesso, da parte del promissario acquirente, dei requisiti reddituali prescritti dall’art. 35”.

Riferiscono testualmente che la Corte di appello avrebbe “dichiarato inammissibile tale domanda perchè proposta per la prima volta”.

Lamentano che la decisione non sarebbe corretta perchè, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio, non sarebbe “sottoposta ad alcuna decadenza”.

Parte controricorrente ha eccepito (pag. 40) che la questione non sarebbe stata dedotta in sede di merito e quindi sarebbe preclusa in sede di legittimità.

La censura è comunque infondata.

Va infatti ricordato che secondo le Sezioni Unite (Cass. 26243/14 precisamente sub massima n.633566 della raccolta ufficiale CED): “La domanda di accertamento della nullità di un negozio proposta, per la prima volta, in appello è inammissibile ex art. 345 c.p.c., comma 1, salva la possibilità per il giudice del gravame – obbligato comunque a rilevare di ufficio ogni possibile causa di nullità, ferma la sua necessaria indicazione alle parti ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2 – di convertirla ed esaminarla come eccezione di nullità legittimamente formulata dall’appellante, giusta il citato art. 345, comma 2.”.

Dunque la censura, qui posta, di mancato esame della domanda perchè nuova, risulta infondata alla luce della recente giurisprudenza di legittimità.

Quanto all’obbligo del rilievo di ufficio come eccezione in sede di impugnazione, occorre ricordare che l’obbligo del giudice sussiste soltanto ove l’eccezione risulti documentata ex actis (SU 14828/12; 10531/13).

Nel motivo inoltre non risulta che fosse stata acquisita prova della mancanza del requisito, carenza che anzi è insita nella circostanza che la questione sia stata agitata solo in appello. Non è quindi qui il caso di soffermarsi nè sul pregio teorico di un’ipotesi di nullità del preliminare per la ragione esposta, nè, ancor meno, sulla sua necessità di rilevarla d’ufficio in questa sede.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia.

Ratione temporis è applicabile il disposto di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 4.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Dà atto della sussistenza delle condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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