Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4922 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. III, 28/02/2011, (ud. 19/01/2011, dep. 28/02/2011), n.4922

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1965-2009 proposto da:

D.B.F. (OMISSIS), considerato domiciliato “ex

lege” in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato RUMASUGLIA ANTONIO giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

T.M. (OMISSIS);

– intimato –

nonchè da:

T.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PIRRO LIGORIO 9, presso lo studio dell’avvocato MULARGIA

MARIA CRISTINA, rappresentata e difesa dall’avvocato PATTI GIOVANNI

ROSARIO con studio in 95024 ACIREALE (CT), Via Piemonte 18;

– ricorrenti incidentali –

contro

D.B.F. (OMISSIS), considerato domiciliato “ex

lege” in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato RUMASUGLIA ANTONIO, giusta delega in atti;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1238/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

Seconda Sezione Civile, emessa il 10/12/2007, depositata il

05/01/2008; R.G.N. 707/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per la inammissibilità del ricorso

principale e l’accoglimento p.q.r. del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 10 dicembre 2007-5 gennaio 2008, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Catania, sezione distaccata di Acireale, del 27 aprile 2004, condannava D.B.F. a pagare in favore di T. M., per il periodo gennaio-marzo 2000, la somma differenziale tra quanto versato a titolo di canone e quanto dovuto come equo canone, e per il periodo successivo e fino al rilascio (avvenuto nel marzo 2004) la differenza tra l’importo pattuito e quello versato, oltre aggiornamenti ISTAT ed interessi legali dalla costituzione in mora.

Osservavano i giudici di appello che la mancata disdetta dei vecchi contratti dopo la entrata in vigore della L. n. 431 del 1998 non ne determinava la mera continuazione, ma conduceva alla sostanziale rinnovazione del rapporto, regolato da una legge diversa da quella precedente.

Considerato che il D.B., dal gennaio 2000, si era autoridotto il canone da L. 700.000 (canone che, in effetti, non doveva in questa entità fino al tacito rinnovo) a L. 300.000 ed in tal misura lo corrispose fino al novembre 2000, il D.B. doveva essere condannato a pagare per il periodo gennaio-marzo 2000, una somma pari alla differenza tra il versato mese per mese a titolo di canone ed il dovuto secondo il calcolo dell’equo canone (il cui ammontare è stato determinato dal consulente tecnico di ufficio).

Per il periodo successivo e fino al rilascio – invece – lo stesso era tenuto a corrispondere il canone convenzionale di L. 700.000, oltre aggiornamenti ISTAT ed interessi legali dalla costituzione in mora, coincidente con la proposizione della domanda giudiziale.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il D. B. con quattro distinti motivi.

Resiste con controricorso la T. che propone ricorso incidentale, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso e ricorso incidentale il D.B..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve innanzi tutto disporsi la riunione dei ricorsi, proposti contro la medesima decisione.

Con il primo motivo il ricorrente principale deduce la violazione della L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 2, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, errata interpretazione della norma in ordine alla determinazione del canone locativo.

Con il secondo motivo si denuncia la errata applicazione dell’art. 1224 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. in ordine alla applicazione degli interessi.

Con il terzo motivo si deduce la violazione della L. n. 392 del 1978, artt. 30 e 25 rispetto all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Con il quarto, ed ultimo, motivo si censura la errata applicazione dell’art. 91 c.p.c., rispetto all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Osserva il Collegio: il ricorso principale è inammissibile mancando, in tutti i motivi di ricorso, i prescritti quesiti di diritto.

La sentenza impugnata è stata pubblicata in data 5 gennaio 2008, per cui devono trovare applicazione le disposizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c. che prescrivono la obbligatorietà dei quesiti di diritto in caso di denuncia di vizi di violazione di norme di legge, oltre che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2 e 4).

L’ammissibilità del motivo è condizionata alla formulazione di un quesito compiuta e sufficiente, dalla cui risoluzione scaturisce necessariamente la decisione (Cass. S.U. 25 novembre 2008 n. 28054, Cass. S.U. n. 12339 del 2010).

In particolare, con riferimento al ricorso per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si richiede che siano enunciati gli errori di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, richiamando le relative argomentazioni (Cass. 14 febbraio 2008 n. 3519).

Non può, pertanto, ritenersi sufficiente – perchè possa dirsi osservato il precetto di cui all’art. 366 bis c.p.c. – la circostanza che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dalla esposizione del motivo di ricorso.

Il secondo ricorso del D.B., proposto in via incidentale, deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto fuori termine, con riferimento alla data di notificazione della prima impugnazione (13 gennaio – 2 aprile 2009).

Si richiama la giurisprudenza di questa Corte: “Nel caso in cui una sentenza sia stata impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, è ammissibile la proposizione del secondo in sostituzione del primo, purchè l’improcedibilita o l’inammissibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata, restando escluso che la mera notificazione del primo ricorso comporti, “ex se”, la consumazione del potere d’impugnazione.

In relazione alla tempestività della seconda impugnazione occorre aver riguardo – in difetto di anteriore notificazione della sentenza – non solo al termine di un anno del deposito della sentenza di cui all’art. 327 cod. proc. civ., ma anche a quello breve, ex art. 325 cod. proc. civ., che decorre dalla data della notifica della prima impugnazione, la quale integra la conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante. (Cass. 3 marzo 2009 n. 5053).

Il ricorso incidentale della T. – contenente specifico quesito di diritto – riguarda la decorrenza degli interessi, sulle somme dovute dal conduttore D.B., che dovrebbe essere fissata dalle singole scadenze e non dalla messa in mora, oltre che la liquidazione delle spese.

Il ricorso incidentale è fondato, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “Anche per i crediti derivanti da fitti e pigioni non è necessaria – ai fini della decorrenza degli interessi – la costituzione in mora quando il termine per pagare è scaduto e la prestazione deve essere effettuata nel domicilio del creditore” (Cass. 13 marzo 2007 n. 5836).

In accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale della T., la sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del ricorso incidentale della T. e, decidendo nel merito, deve dichiararsi che gli interessi sono dovuti dal conduttore dalle singole scadenze dei canoni.

Sussistono giusti motivi, in relazione all’esito della lite, per disporre la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio (con assorbimento del motivo di ricorso incidentale relativo alla compensazione delle spese del giudizio).

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi.

Dichiara inammissibile il ricorso principale e quello incidentale, proposto dallo stesso D.B.. Accoglie, per quanto di ragione, il ricorso incidentale della T..

Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e, decidendo nel merito, dichiara dovuti dal conduttore gli interessi dalle singole scadenze dei canoni.

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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