Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4921 del 27/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4921 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 27698-2007 proposto da:
SAN TOMMASO SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA L.
FARAVELLI 22, rappresentato e difeso dagli Avvocati
JACOBI MAURIZIO, MARESCA ARTURO, (con atto di
rinuncia al mandato del 22/10/2012);
– ricorrente –

2013
50

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del
Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 27/02/2013

domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
e difende ope legis;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 15/2007 della COMM.TRIB.REG.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di VENEZIA, depositata il 16/04/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La CTR del Veneto, con sentenza n. 15/06/07 depositata il
16.4.2007, confermando la decisione della CTP di Treviso, ha

l’avviso di irrogazione della sanzione, ex art 3, co 3, del DL n.
12 del 2002, pari al 200% del costo del lavoro di ciascuno dei
sette lavoratori presenti nell’esercizio commerciale di bar, caffè e
ristorazione, gestito dalla contribuente, alla data dell’ispezione
condotta dall’INPS. I giudici d’appello hanno ritenuto che: a)
l’attività dei sette lavoratori doveva esser ricondotta nell’ambito
del lavoro subordinato; b) la Società non aveva dimostrato che i
rapporti di lavoro irregolari fossero iniziati in epoca successiva
al 1° gennaio dell’anno in cui erano stati constatati.
Per la cassazione di tale sentenza, ricorre la contribuente
con sette motivi. L’Agenzia delle Entrate resiste con
controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, deducendo falsa applicazione degli
artt. 2094 e 2222 cc, la ricorrente lamenta che la CTR ha ritenuto
determinante per la sussistenza della subordinazione il mero dato
oggettivo del tipo d’attività svolta dal lavoratore,
indipendentemente dalla continuità del suo inserimento
nell’organizzazione aziendale, e formula, in conclusione, il
seguente quesito di diritto: “l’art. 2194 del codice civile va
interpretato nel senso che possano sussistere attività tipiche

rigettato il ricorso proposto dalla S.r.l. San Tommaso avverso

esclusivamente sussumibili nel lavoro subordinato e possa essere
ravvisata la subordinazione gerarchica nel solo svolgimento di
tali attività, indipendentemente dalla sussistenza della continuità

specifiche disposizioni lavorative?”.
Col secondo motivo, la ricorrente deduce la falsa
applicazione degli artt. 2727 e 2729 cc, per avere la CTR
ritenuto “che la prova per presunzioni semplici sussista anche nel
caso di mera presenza di fatti presunti da cui farle risalire”,
sottoponendo alla Corte il seguente quesito: “se ai sensi degli
artt. 2727 2729 del cc sia consentito al Giudice di usufruire, ai
fini della prova per presunzioni semplici, di fatti non acquisiti
tramite fonti materiali di prova, ma mediante ulteriori
presunzioni”.
Col terzo motivo, la ricorrente deduce vizio di
motivazione, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc, in relazione agli artt.
2727 e 2729 cc, per non avere la CTR tenuto conto del verbale di
accertamento INPS, unico elemento probatorio offerto

ex

adverso, da cui si desumeva “indirettamente ma sicuramente …
la mancanza di continuità delle prestazioni” e che deponeva per
l’inesistenza della subordinazione, potendo il lavoratore “aderire
o meno, volta per volta, alla richiesta di prestazioni”. Gli
elementi esaminati a favore dell’Ufficio, prosegue la ricorrente,
erano privi del carattere di gravità, precisione e concordanza e
nessuna spiegazione è stata offerta dalla CTR “del perché gli

dell’inserimento del prestatore nell’organizzazione aziendale e di

elementi indiziari da lei dedotti non erano in grado di concretare
quelle presunzioni gravi precise e concordanti, da cui trarre
l’inferenza che si era di fronte ad un rapporto di lavoro

Col quarto motivo, si lamenta la “violazione dell’art. 360
n. 5 cpc per omesso esame di ciascuna delle diverse posizioni
lavorative e omessa motivazione sul punto decisivo della
controversia dell’esistenza di diverse attività dei prestatori non
tra loro assimilabili, invece equiparate ai fini del giudizio di
subordinazione”,
Col quinto motivato (rubricato, nuovamente, quale quarto),
la ricorrente deduce “violazione dell’ad 360, n. 3 cpc per avere
la Commissione regionale falsamente applicato gli artt. 115, 116
cpc, 2699, 2701, 2727, 2929 cc, 7 del d.lgs. 31.12.1992 n. 546,
ritenendo che il giudice tributario possa, ai fini della decisione,
escludere od esaminare non integralmente prove documentali
acquisite al processo e giudicare sulla base di prove o
presunzioni non allegate dalle parti, con particolare riferimento
agli atti pubblici”. La ricorrente, che sottolinea come la prova
per testi non è ammessa nel processo tributario, afferma che la
CTR avrebbe dovuto esaminare le risultanze del verbale INPS,
che, sulla scorta dalle dichiarazioni acquisite dagli Ispettori dai
presunti dipendenti, riferivano di periodi lavorativi diversi da
quelli di cui ai contratti ritenuti non credibili, ricavato dagli
Ispettori dalle dichiarazioni acquisite dai presunti dipendenti. In

autonomo”.

conclusione la ricorrente chiede alla Corte di stabilire “se,
nell’ambito del processo tributario, il giudice possa avvalersi per
la decisione di prove non documentali e di presunzioni contrarie

su fatti non dedotti esplicitamente od implicitamente in
giudizio”.
Con il sesto motivo (indicato come quinto), la ricorrente
deduce la “violazione dell’art. 360 n. 3 cpc per avere la
Commissione regionale falsamente applicato l’art. 3 comma 3
del DL 22.2.2002 n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge
23.4.2002, n. 73” nel ritenere che la prova dell’inizio effettivo
del rapporto di lavoro irregolare non possa essere data dal datore
di lavoro anche esclusivamente mediante la stessa
documentazione depositata in giudizio dall’Ufficio.
Con il settimo motivo (indicato come sesto), si denuncia la
violazione dell’art 360 n. 5 cpc per contraddittoria od omessa
motivazione circa il punto decisivo dell’esistenza di prova dei
reali periodi lavorativi mediante acquisizione di dichiarazioni da
parte di pubblico ufficiale e per avere deciso sulla base di
presunzioni, in violazione degli artt. 2727 e 2729 cc. La
ricorrente evidenzia che la sentenza non ha esposto né le ragioni
per le quali non ha valutato il risultato complessivo
dell’accertamento- utilizzato, invece, per la parte deteriore per il
contribuente- né quelle per le quali ha affermato che “le
dichiarazioni dei lavoratori fatte proprie dall’INPS nella loro

al contenuto di documenti, ed in particolare atti pubblici, basate

integralità, non erano in grado di concretare quelle presunzioni
gravi precise e concordanti da cui trarre la prova della data di
inizio dei rapporti”.

vanno congiuntamente esaminati, sono infondati. Premesso che,
contrariamente a quanto osservato dalla controricorrente, la
qualificazione in termini di lavoro subordinato della prestazione
lavorativa resa dai sette prestatori presso l’esercizio commerciale
della ricorrente inerisce all’oggetto del giudizio, in quanto
costituisce il presupposto fattuale per l’irrogazione della
sanzione amministrativa, di cui all’art. 3, 3 0 co, del d.l. n. 12 del
2002, conv. nella 1 n. 73 del 2002, va osservato che la CTR ha
affermato la sussistenza di detto presupposto argomentando oltre
che dal tipo di mansioni svolte dai predetti lavoratori, (barista,
aiuto cucina, cuoca, cameriera tuttofare), anche dall’assenza di
autonomia operativa, dalla predeterminazione dell’orario di
lavoro in base alle esigenze aziendali, dall’inverosimiglianza del
compenso indicato nei contratti prodotti e dalla mancata
esibizione di alcun documento a dimostrazione del relativo
pagamento. La denunciata falsa applicazione dell’art. 2194 cc,
secondo quanto precisato nel quesito formulato a conclusione del
primo motivo, presuppone, invece, che la conclusione dei giudici
del merito sia stata assunta solo in base all’astratta equazione
secondo cui ad un tipo di prestazione corrisponda
necessariamente il lavoro subordinato, sicchè il motivo, da una

I motivi primo, terzo e quarto che, per la loro connessione,

parte, non coglie appieno la ratio decidendi della sentenza, e
dall’altra, maschera la richiesta di un diverso apprezzamento dei
fatti: piuttosto che addebitare all’impugnata sentenza la

come errata, la ricorrente si duole che la norma è stata
erroneamente applicata a causa della carente ricostruzione della
fattispecie concreta. Tale accertamento è, però, segnato dalla
valutazione delle risultanze di causa, che costituisce il tipico
apprezzamento del giudice di merito, ed è censurabile, in sede di
legittimità, solo, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. La
relativa censura conferisce, tuttavia, alla Corte, solo, il potere di
controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza
giuridica, l’esame e la valutazione dei fatti compiuti dal giudice
del merito, ma non anche quello di riesaminarli e valutarli
autonomamente. Così convenendo, le denunce avanzate coi
motivi tre e quattro risultano infondate, perché volte entrambe
alla confutazione dell’attendibilità e della concludenza degli
elementi di fatto posti dalla CTR a base della sua decisione, che
risulta, invero, dotata di motivazione congrua e non
contraddittoria. I motivi tendono, insomma, mediante la
prospettazione di una soluzione di segno contrario, ad
un’inammissibile rivalutazione del merito.
Il secondo ed il quinto motivo sono inammissibili per
violazione dell’art. 366 bis cpc, applicabile ratione temporis.
Questa Corte ha, infatti, precisato (Cass. n. 3530 del 2012) che,

sussunzione del fatto accertato ad un’ipotesi normativa assunta

in relazione ad una censura in diritto, il quesito assolve alla
funzione di integrare il punto di congiunzione tra la soluzione
del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico

essere calato nella fattispecie concreta, onde far comprendere,
dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice
di merito e la regola applicabile. I quesiti dedotti alla fine dei
motivi in esame non rispecchiano il suddetto parametro, in
quanto non indicano affatto gli errori di diritto in tesi compiuti
dai giudici d’appello nè prospettano le soluzioni giuridiche,
ritenute corrette per la soluzione del caso, ma si limitano a
formulare un mero interpello sulla fondatezza delle propugnate
petizioni di principio.
Il sesto ed il settimo motivo, da valutarsi congiuntamente,
per la loro connessione, sono infondati. Questa Corte (cfr. Cass.
n. 24678 del 2011) ha affermato il condivisibile principio
secondo cui la norma di cui all’art. 3 co 3 del dl n. 12 del 2002
convertito in 1 n. 73 del 2002 (nel testo anteriore alle modifiche
introdotte dall’art. 36 bis, del dl n. 223 del 2006, conv. in L. n.
248 del 2006), volta ad inasprire il trattamento sanzionatorio
previsto per coloro che continuano ad impiegare lavoratori
irregolarmente, nonostante le agevolazioni di varia natura volte
ad incentivare l’emersione del lavoro sommerso, non solo non
pone alcun onere all’Amministrazione di dimostrare la effettiva
durata del rapporto di lavoro irregolare, ma contempla

generale, e non può, pertanto, essere generico e teorico, ma deve

espressamente una presunzione legale di prestazione lavorativa
(decorrente dal 10 giorno dell’anno dell’accertamento) contro la
quale è ammessa la prova contraria a carico del datore di lavoro.

modo “fungibile”, o che, come si auspica nella specie, possa
esser vicariata dall’accertamento condotto dagli ispettori
dell’INPS, sia perché tale accertamento non risulta disciplinato
da un regime di distribuzione dell’onere probatorio, quale quello
previsto dalla norma in esame, sia perché tale accertamento non
vincola il giudice tributario che, nella specie, ha valutato gli
elementi si fonda il verbale dell’INPS (contratti e dichiarazioni
rese dai lavoratori interessati), reputandoli, in concreto, inidonei
a fornire la prova delle date d’inizio dei sette rapporti di lavoro (i
primi, perché costituenti una “regolarizzazione” della situazione
constatata durante l’accesso ai locali della ditta, e le seconde
perché rilasciate da soggetti in rapporto di subordinazione con la
contribuente), con motivazione del tutto congrua e niente affatto
contraddittoria.
Il ricorso va, in conclusione, rigettato, e la ricorrente va
condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità, liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si
liquidano in € 7.000,00, oltre a spese prenotate a debito.

Deve, poi, escludersi che tale prova contraria sia in qualche

a947E l’YAREGISITIz: 4:7
AI SENSI DEL
N. 131 TAD, ki.„1-

N. 5

MATERIA Urli trit-slUA

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2013.

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