Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4920 del 02/03/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4920 Anno 2018
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 26369/2015 R.G. proposto da
Tornei Cementi S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Emanuele
Squarcia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via P.
Mercuri, n. 8;
– ricorrente contro
Fiori Ferdinando e Fiori Elisa, rappresentati e difesi dagli Avv.ti
Maurizio de Gasperis e Stefania Maria de Marzio, con domicilio eletto
presso il loro studio in Roma, via Bevagna, n. 3;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 02/03/2018

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 2388/2015,
depositata il 14 aprile 2015;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 5 dicembre 2017
dal Consigliere Emilio Iannello;
udito l’Avvocato Stefania Maria De Marzio;

generale Renato Finocchi Ghersi, che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso.

FATTI DI CAUSA
1. La Tomei Cementi S.r.l. ricorre, con tre mezzi, nei confronti di
Ferdinando ed Elisa Fiori (che resistono con controricorso) avverso la
sentenza in epigrafe con la quale la Corte d’appello di Roma, in
accoglimento dell’appello da questi ultimi proposto e in conseguente
riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato risolto per grave
inadempimento della società conduttrice il contratto di locazione per
uso commerciale di terreno di circa mq. 7000 sito in Nettuno,
condannando la Società medesima al rilascio dell’immobile e alla
rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
A fondamento di tale decisione i giudici d’appello hanno rilevato
(per quel che in particolare in questa sede interessa) che:
– gli appellanti hanno dato prova documentale della titolarità del
diritto di proprietà e del fatto che, essendo succeduti in esso
all’originaria locatrice Combi Amelia, sono subentrati

de jure nel

contratto di locazione;

– con sentenza n. 390/05, passata in giudicato, il Tribunale di
Velletri ha stabilito, con effetto vincolante tra le parti, la sussistenza
del contratto di locazione e che effettiva conduttrice del terreno per
cui è causa deve ritenersi la Tornei Cementi S.r.l.;
– non avendo quest’ultima dato prova di aver assolto l’obbligo del
pagamento del canone e, anzi, pretendendo di avere titolo alla
detenzione dell’immobile in forza di altro rapporto locativo contratto
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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

con Tornei Sergio, terzo estraneo al presente procedimento e da
ritenersi privo di alcun titolo per poter legittimamente disporre del
terreno, il contestato inadempimento deve ritenersi pienamente
provato;
– la pretesa usucapione del terreno da parte di quest’ultimo,

distaccata di Anzio, non è opponibile in questa sede agli appellanti,
trattandosi di sentenza meramente dichiarativa non ancora passata in
giudicato perché oggetto di gravame;
– il contratto di locazione, essendo sorto prima dell’entrata in
vigore dell’art. 1, comma 346, legge 30 dicembre 2004, n. 311, non
era sottoposto ad obbligo di registrazione ed è quindi valido ed
efficace, atteso che il tacito rinnovo dello stesso introduce una mera
prosecuzione temporale del contratto ab origine concluso tra le parti.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la Tornei Cementi S.r.l. denuncia, ai sensi
dell’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione degli artt. 75 e 81 cod. proc. civ. (in relazione alla
eccepita carenza in capo alle controparti di legitimatio ad causam),
nonché violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (per omessa pronuncia
su eccezione al riguardo espressamente spiegata).
Deduce che erroneamente i giudici

a quibus hanno ritenuto

provata la titolarità in capo a Ferdinando ed Elisa Fiori del diritto di
proprietà sul fondo, limitandosi a fare proprio l’apodittico ma non
dimostrato asserto di questi ultimi e senza invece tener conto delle
argomentazioni in senso contrario da essa svolte.
Con queste ultime la società aveva, in breve, evidenziato che, in
base ai titoli di provenienza, la dante causa degli odierni
controricorrenti non era proprietaria dei terreni a questi donati ma
solo enfiteuta e che pertanto non poteva considerarsi acquisito in
capo ai donatari il diritto di proprietà da essi dedotto. Soggiunge che

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dichiarata con sentenza n. 47/11 del Tribunale di Velletri, sezione

la Corte d’appello, nell’escludere correttamente che la sentenza che
ha dichiarato l’intervenuta usucapione in favore di Sergio Tornei possa
essere esecutiva prima del suo passaggio in giudicato, ha trascurato
di considerare che, da un lato, con essa comunque si dava atto della
circostanza che i terreni erano e sono da questo posseduti e che,

giudizio di usucapione promosso nei confronti dell’Istituto diocesano,
avevano necessariamente riconosciuto che il terreno in questione non
era di loro proprietà, ma dell’Istituto. Rileva che in ragione di tali
circostanze aveva eccepito il difetto in capo agli odierni
controricorrenti della legittimazione ad agire per convalida di sfratto,
atteso che altro soggetto era stato riconosciuto possessore del
medesimo terreno ed era quest’ultimo come tale a poterlo concedere
a terzi in locazione o ad altro titolo (purché ricompreso nel suo
possesso). Lamenta che di tali questioni non vi è alcuna traccia nella
motivazione della sentenza impugnata; che la Corte d’appello ha
errato nel ritenere che i Fiori siano proprietari dei terreni oggetto di
causa e, altresì, nel ritenere ancora valido ed efficace un negozio di
locazione ormai invece privo di ogni valenza essendo il bene
sottostante posseduto da terzi.
Il motivo è inammissibile.
Le censure con esso svolte, lungi dall’evidenziare gli errores in
procedendo indicati in rubrica, si risolvono nella prospettazione di
questioni di merito sottratte al sindacato di questa Corte, se non nei
limiti del vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, num. 5, cod.
proc. civ. (nel testo, applicabile ratione temporis, risultante dalla
modifica introdotta dall’art. 54, comma 1, lett.

b), d.l. 22 giugno

2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,
n. 134): vizio nella specie non dedotto.
In particolare, quanto al difetto di legittimazione ad agire in capo
alle controparti (che la Corte d’appello avrebbe omesso di rilevare
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dall’altro, i Fiori, costituendosi ad adiuvandum nel predetto separato

incorrendo così nel denunciato error in procedendo), è evidente che le
censure svolte impingono nel diverso tema (per l’appunto di merito)
della titolarità del rapporto controverso, e ciò sulla base della
prospettata omessa o insufficiente considerazione delle difese e delle
eccezioni svolte in giudizio, censura come detto estranea al vizio

È appena il caso al riguardo di rammentare che, per costante
insegnamento, la legittimazione ad agire e contraddire deve essere
accertata in relazione non alla effettiva titolarità del diritto fatto
valere in giudizio ma alla sua affermazione con l’atto introduttivo del
giudizio, nell’ambito d’una preliminare valutazione formale
dell’ipotetica accoglibilità della domanda. Tale accertamento,
pertanto, deve rivolgersi alla coincidenza, dal lato attivo, tra il
soggetto che propone la domanda ed il soggetto che nella domanda
stessa è affermato titolare del diritto e, da quello passivo, tra il
soggetto contro il quale la domanda è proposta e quello che nella
domanda è affermato soggetto passivo del diritto o comunque
violatore di quel diritto. Inoltre, il difetto della relativa allegazione e
dimostrazione, in quanto attinente alla regolare costituzione del
contraddittorio e, quindi, disciplinata da inderogabile norma di diritto
pubblico processuale, è rilevabile anche di ufficio. Invece,
l’accertamento dell’effettiva titolarità del rapporto controverso, così
dal lato attivo come da quello passivo, attiene al merito della causa,
investendo i concreti requisiti d’accoglibilità della domanda e, quindi,
la sua fondatezza (v. Cass. Sez. U 16/02/2016, n. 2951).
Nessun dubbio pertanto, nel caso di specie, sulla sussistenza della
legittimazione ad agire in capo agli odierni controricorrenti, né
conseguentemente sulla correttezza sul punto della decisione
impugnata, del tutto inconferenti palesandosi al riguardo le
argomentazioni del cui omesso esame si duole la ricorrente in quanto,
come detto, impingenti nel diverso tema della effettiva titolarità del
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dedotto.

diritto azionato.
Tantomeno è ravvisabile il vizio di omessa pronuncia.
Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, non
ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancanza di
espressa statuizione sul punto specifico, quando la decisione adottata

particolare, Cass. n. 5351 del 2007, che ha ravvisato il rigetto
implicito dell’eccezione di inammissibilità dell’appello nella sentenza
che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del
gravame), ed inoltre che ad integrare gli estremi del vizio di omessa
pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del
giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del
provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso
concreto, e dovendo pertanto escludersi il suddetto vizio quando la
decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla
parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di
una specifica argomentazione (v. Cass. n. 10636 del 2007).
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, comma 346, legge n. 311 del 2004, per
averne la Corte territoriale escluso l’applicabilità al rapporto
controverso (e affermato quindi la piena validità ed efficacia del
contratto di locazione ancorché non registrato). Sostiene che,
ancorché sopravvenuta al rapporto de quo, la norma citata determina
l’obbligo di adeguare il contratto stipulato anteriormente alle nuove
norme, pena la sua inefficacia sopravvenuta.
La censura è infondata.
Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, con principio al
quale si intende qui dare continuità, la previsione dell’art. 1, comma
346, della legge n. 311 del 2004 — a tenore del quale i contratti di
locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento,
di unità immobiliari, ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono
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comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (v. in

nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati — si applica
solo ai contratti stipulati dopo la sua entrata in vigore, giusta il
criterio generale di cui all’art. 11 delle preleggi e considerata
l’assenza nella norma di una previsione che imponga la registrazione
dei contratti in corso (Cass. 28/12/2016, n. 27169, Rv. 642348; v.

17/09/2015, n. 18213).
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art.
360, comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione dell’art. 337, comma secondo, cod. proc. civ., «in
combinato disposto con gli artt. 1140, 1142 e 1148 cod. civ.», nonché
vizio di omessa pronuncia, per non avere la Corte d’appello sospeso il
procedimento in attesa della decisione, con sentenza passata in
giudicato, sulla causa pregiudiziale di usucapione, non tenendo
peraltro in alcun conto la richiesta in tal senso espressamente
avanzata.
Rileva inoltre che, indipendentemente dall’impossibilità di
riconoscere effetti alla declaratoria di usucapione pronunciata in
primo grado dal Tribunale di Velletri con sentenza n. 47/11 in favore
di Tomei Sergio, in quanto non ancora passata in giudicato, emergeva
da questa che il Tornei fosse nel possesso dei beni, ciò che lo
legittimava comunque a cederne la detenzione a terzi con contratto di
locazione.
La censura è inammissibile.
Ai sensi dell’art. 42, secondo periodo, cod. proc. civ., «i
provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ai sensi
dell’articolo 295 possono essere impugnati soltanto con istanza di
regolamento di competenza».
Si ricava univocamente da tale norma (ritenuta da questa Corte,
con ormai consolidato indirizzo, applicabile anche alla sospensione
facoltativa disposta ai sensi dell’art. 337, comma secondo, cod. proc.
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anche, in motivazione, Cass. 03/04/2009, n. 8148; Cass. Sez. U

civ., nel processo nel quale si invochi l’autorità di una sentenza
pronunciata all’esito di un diverso giudizio e tuttora impugnata: v. ex

multis Cass. 30/07/2015, n. 16142; Cass. 15/01/2014, n. 674; Cass.
25/11/2010, n. 23977; Cass. 14/01/2005, n. 671) che solo i
provvedimenti positivi (che dispongono cioè la sospensione del

o meno questa sollecitata da talune delle parti) sono impugnabili e lo
sono peraltro solo con istanza di regolamento di competenza.
La doglianza poi secondo cui, indipendentemente dalla
impossibilità di riconoscere efficacia vincolante alla declaratoria di
usucapione, in quanto non ancora passata in giudicato, la Corte
d’appello avrebbe dovuto comunque attribuire rilievo al fatto che nella
stessa sentenza si era riconosciuto il possesso esercitato sul terreno

de quo dal terzo dal quale l’odierna ricorrente pretende di aver
legittimamente ricevuto titolo alla detenzione, postula un
accertamento di fatto e una correlata regola di giudizio non rilevabili
dakentenza impugnata.
Questa, invero, non disconosce il diverso titolo di detenzione
opposto in via di eccezione dalla società appellata perché derivante
dal mero possesso del dante causa, ma, ben diversamente, ne nega
l’esistenza in ragione della inopponibilità della sentenza resa nel
separato giudizio di usucapione perché non ancora passata in
giudicato. I giudici d’appello, in altre parole, non negano, in diritto, la
rilevanza di tale possesso ai fini della tesi difensiva opposta dalla
società ma, in fatto, non lo considerano tra gli elementi posti a base
della decisione.
Alla luce di tale precisazione la doglianza sul punto svolta dalla
ricorrente si appalesa dunque diretta a contestare la ricognizione in
fatto della fattispecie al suo esame, così muovendosi su un piano
(quello del vizio di motivazione) diverso da quello (correttezza in
diritto della decisione) investito dal motivo.
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processo) e non anche quelli negativi (che cioè non la dispongono, sia

Senza dire che comunque, anche in tale diversa prospettiva, la
censura si appalesa infondata, atteso che il rilievo della inopponibilità
della separata sentenza resa nel giudizio di usucapione, in quanto non
ancora passata in giudicato, benché espressamente riferito alla
declaratoria di usucapione ivi pronunciata, non può non valere a

adesione all’accertamento ivi contenuto del possesso esercitato dal
terzo.
Sotto altro profilo ancora può infine incidentalmente rilevarsi che,
a fronte del giudicato esterno (di cui la sentenza dà atto a pag. 3,
lett. b) formatosi sull’accertamento dell’esistenza di un contratto di
locazione tra le parti, non avrebbe potuto comunque di per sé
assumere contrario incompatibile rilievo la sentenza resa nell’altro
separato giudizio relativo alla usucapione che un terzo afferma aver
maturato sul terreno medesimo.
Occorre infatti rammentare che il rapporto che nasce dal contratto
di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura
personale, con la conseguenza che chiunque abbia la disponibilità di
fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine
pubblico, può validamente concederlo in locazione, onde la relativa
legittimazione è riconoscibile anche in capo al detentore di fatto, a
meno che la detenzione non sia stata acquistata illecitamente (v. ex

multis Cass. 22/10/2014, n. 22346, Rv. 633069).
4. Il ricorso va in conclusione rigettato, con la conseguente
condanna della ricorrente al pagamento, in favore dei
controricorrenti, in solido, delle spese del presente giudizio, liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore
dei controricorrenti, in solido, delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in Euro 2.600 per compensi, oltre alle spese forfettarie

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giustificare anche (come il più comprende il meno) la mancata

nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed
agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della

quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello
stesso articolo 13.
Così deciso il 5/12/2017

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

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