Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4915 del 27/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4915 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso 22782-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,
che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti contro

2012
2662

PICONE GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
MICHELE MERCATI 38, presso lo studio dell’avvocato
FRANCIONE ANTONIO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DOMENICO DE VIVO giusta delega
in atti;

Data pubblicazione: 27/02/2013

- controri correnti

avverso la sentenza n. 70/2007 della COMM.TRIB.REG. di
NAPOLI, depositata il 20/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/12/2012 dal Consigliere Dott. CHIARA

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

GRAZIOSI;

N.R.G. 22782/2008

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 70/42/07, depositata il 13 giugno 2007, la CTR di Napoli ha accolto
l’appello proposto da Picone Giuseppe avverso la sentenza di primo grado che aveva
dichiarato inammissibile il suo ricorso contro cartella esattoriale notificatagli il 26

riferimento ad accertamento relativo all’anno 1998.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso, articolato su cinque motivi, cui ha
replicato il contribuente con controricorso. La causa è stata decisa in udienza
pubblica il 20 dicembre 2012.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

Il primo motivo, ex articolo 360, comma 1, n. 4 c.p.c., prospetta la violazione
dell’articolo 112 c.p.c. per non avere il giudice di merito deciso su un punto
controverso e decisivo della pronuncia, cioè se nonostante la sospensione dei
termini di impugnazione prevista dalla I. 2002 n. 289 fosse onere del contribuente
impugnare l’avviso di accertamento alla scadenza dei termini. Il quesito peraltro
chiede di accertare “se sia incorso in vizio di omessa pronuncia il giudice di merito
che non ha statuito su una questione oggetto del contendere, ritualmente
sottoposta al suo esame”. L’evidente genericità del quesito porta al disattendimento
del motivo per inammissibilità.
2. Il secondo motivo riguarda, ex articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e
falsa applicazione degli artt. 19 e 21 d.lgs. 546/1992 nonché degli artt. 15 e 16 I.
289/2002, non avendo la sentenza tenuto conto della definitività dell’accertamento
– e conseguentemente della incontestabilità della cartella impugnata – derivante dal
non essersi avvalso il contribuente del condono (in particolare della definizione

novembre 2004 per imposta Irpef e addizionale Irpef, nonché interessi e sanzioni, in

automatica ex articolo 7 I. 289/2002) essendogli stato notificato l’avviso di
accertamento il 21 maggio 2003. Il quesito chiede di accertare se è onere del
contribuente che intende contestare l’avviso di accertamento impugnarlo nei
termini di legge, onde l’omessa impugnazione rende definitivo quell’atto ed
incontestabile la maggiore imposta accertata e iscritta a ruolo; e se pertanto ha

contenente l’iscrizione a ruolo di imposta definitivamente accertata.
Anche in questo caso, in effetti, il quesito patisce notevole genericità. Qualora si
riuscisse a superarla per relationem con il testo del motivo, passando al merito del
motivo stesso si rileva comunque che la sentenza di secondo grado si è fondata non
su una interpretazione delle norme invocate nel corpo del motivo (e non, si ripete,
nel generico quesito), bensì sulla base di una sentenza passata in giudicato che
avrebbe dichiarato valido il condono richiesto dalla società di cui il contribuente era
socio e valida l’estensione ai soci ex art.9 I. 289/2002, per cui il ricorrente non ha
interesse all’esame del presente motivo.
3. Il terzo motivo concerne insufficiente ed illogica motivazione su un fatto
controverso e decisivo, ex articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c., perché sulla questione
controversa della estensibilità al socio degli effetti del condono operato dalla società
ex articolo 7 I. 2002/289 la sentenza impugnata si è limitata a richiamare la sentenza
della CTP di Caserta, laddove tale sentenza, contrariamente a quanto ritenuto dalla
CTR, non ha considerato valida l’estensione bensì ritenuto illegittimo il rigetto
dell’istanza di condono ex articolo 7 della legge 2.89 presentata dalla società e perciò
valida la definizione automatica dei redditi d’impresa effettuata dalla società stessa.
Invero, il vizio di motivazione delineato dall’articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c.,
attiene alla carenza dell’esternazione della formazione della decisione, o alla sua
illogicità, per quanto concerne la decisione di fatti decisivi e controversi. Nel caso di
specie invece si tratta di una questione di diritto, formulata senza quesito,
consistente nella estensibilità o meno al socio degli effetti del condono operato dalla

errato la CTR che nel caso di specie ha annullato la cartella di pagamento

società, per cui il motivo va disatteso per inammissibilità.
4. Il quarto motivo, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ravvisa violazione dell’articolo
7 I. 2002 n. 289 in quanto l’accesso da parte della società alla sartatoria prevista da
tale norma non impedisce che in mancanza di presentazione della domanda di
condono del socio l’Ufficio possa provvedere ad accertare il reddito di

Il quesito chiede di accertare se, in presenza di domanda di condono di società di
persone ex articolo 7 I. 2002 n. 289, la facoltà dell’Ufficio di imputare al socio il
maggior reddito dichiarato dalla società ex articolo 41 bis d.p.r. 600/1973 precluda
all’Ufficio di accertare l’effettivo reddito di partecipazione in proporzione al reddito
in precedenza accertato alla società.
Vale anche in questo motivo quanto osservato in ordine al secondo, non avendo la
sentenza impugnata interpretato l’articolo 7 bensì ritenuto che vi fosse un vincolo di
giudicato.
5. Il quinto motivo prospetta ex articolo 360, comma 1, n. 4, c.p.c. un vizio di
extrapetizione perché la cartella impugnata riguardava l’anno 1998 e l’anno 1999;
per l’anno 1999, mai contestato, la cartella doveva quindi essere confermata.
Invero, dalla sentenza emerge che la cartella esattoriale era stata impugnata in
riferimento all’accertamento relativo all’anno 1998 e nel dispositivo si dichiara la
illegittimità della cartella perché “accoglie l’appello’ : una corretta interpretazione
della pronuncia è quindi nel senso che l’illegittimità sia stata dichiarata nella misura
in cui era stata richiesta dall’appello accolto, cioè soltanto nella parte riguardante
l’anno 1998.
In conclusione,i1 ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente a
rifondere a controparte le spese,liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

partecipazione.

ZSENTE DA 117 S 777 7 r\.7!ON
7 7 7-

_

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese che
liquida in C 7000 oltre C 200 per esborsi e accessori di legge.
Così deciso in Roma il 20 dicembre 2012
I Presidente

Il Consigliere est.

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