Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4914 del 27/02/2017
Cassazione civile, sez. I, 27/02/2017, (ud. 14/12/2016, dep.27/02/2017), n. 4914
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria G.C. – rel. Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19023-2013 proposto da:
AGROPALM DI PALAMARA D. & C. (p.i. (OMISSIS)), in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA GREGORIO VII 150, presso l’avvocato EGIDIO MUROLO,
rappresentata e difesa dall’avvocato VALENTINA PALAMARA, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI REGGIO CALABRIA, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo STUDIO
ALFREDO e GIUSEPPE PLACIDI, rappresentato e difeso dall’avvocato
MARIO DE TOMMASI, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 373/2012 della CORTE D’APPELLO di REGGIO
CALABRIA, depositata il 23/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/12/2016 dal Consigliere Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato PALAMARA che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato MIGLIACCIO PAOLO, con
delega, che si riporta agli atti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine
rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
La ditta Agropalm di Palamara D & C. convenne in giudizio il Comune di Reggio Calabria ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per aver impedito la realizzazione della programmata azienda agricola, a causa di due provvedimenti illegittimi ed annullati dal giudice amministrativo, coi quali era stato, rispettivamente/annullato il nulla osta paesaggistico rilasciato dal Presidente della Giunta Regionale della Calabria ed era stata disposta la sospensione dei lavori, autorizzati con concessione edilizia e già iniziati.
Il Tribunale adito rigettò la domanda e la decisione fu confermata dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, con la quale rilevò l’inesistenza del nesso causale tra danni dedotti e provvedimenti illegittimi e ritenne assorbita ogni altra questione.
Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso la Agropalm con tre mezzi, ai quali il Comune di Reggio Calabria ha resistito con controricorso. Il Ministero non ha svolto difese.
Diritto
OSSERVA IN DIRITTO
1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma sintetica.
1. Col primo motivo, deducendo la violazione del giudicato ed il difetto di giurisdizione, la ricorrente lamenta che il Tribunale ha rimesso in discussione la questione della legittimità dei provvedimenti impugnati, travalicando il proprio potere e che la Corte d’Appello non ha annullato tale statuizione. 1.1. Il motivo è inammissibile in quanto eccentrico rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, che non ha esaminato tale questione -che la ricorrente afferma costituire il secondo motivo dell’appello da lei proposto – e l’ha anzi dichiarata, espressamente, assorbita.
2. Col secondo motivo, si deduce il vizio di motivazione: per avere il Tribunale a) omesso di prendere posizione sulla natura oppositiva dell’interesse legittimo leso; b) ritenuto insufficiente, a fini risarcitori, il difetto di ordine formale dell’atto, pur annullato da giudice amministrativo; c) negato il nesso di causalità tra provvedimenti impugnati e danni lamentati; d) omesso di considerare il comportamento colpevole dell’amministrazione. La Corte d’Appello avrebbe quindi dovuto esaminare la sentenza sotto i predetti punti di vista, ed invece ne aveva ignorato tre su quattro, senza spiegarne i motivi. 2.1. Il motivo è inammissibile, perchè deduce il vizio di motivazione su un profilo di diritto (presupposti della pronuncia di assorbimento) nè può ritenersi che la Corte territoriale sia incorsa nel vizio di omessa pronuncia (tale sarebbe in tesi l’errore da addebitare) dovendo trovare applicazione il principio del c.d. assorbimento improprio, che opera in ipotesi di rigetto di una domanda in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo (carenza del nesso di causalità tra i danni e l’attività delle Amministrazioni) che rende vano l’esame delle altre (Cass. n. 7663/2012; n. 17219/2012; n. 14190/2016).
3. Col terzo motivo, si deduce la “violazione di legge in ordine alla prova”. La ricorrente sostiene che la Corte d’Appello: a) non ha considerato che il Comune aveva ordinato la sospensione dei lavori un anno e due mesi prima della sospensiva del TAR; b) non ha tenuto conto che/ prima dell’ordinanza comunale i lavori erano iniziati, che la sospensiva era condizionata al formale impegno di riduzione in pristino, in caso di rigetto nel merito del giudizio amministrativo, e che il provvedimento sospeso manteneva la sua efficacia; c) che la CTU era erronea, perchè non aveva tenuto conto delle osservazioni del suo consulente e si era fondata sulle valutazione di un coadiutore che non aveva prestato giuramento. 3.1. Anche questo motivo è inammissibile: esso, infatti, non deduce quale disposizione sulla prova sarebbe stata violata e perchè, ma, mediante la riproposizione degli elementi acquisiti in giudizio e già valutati in senso negativo alla tesi della ricorrente, tende a conseguirne un diverso apprezzamento, operazione che è propria del giudizio di merito ed inammissibile in questa sede di legittimità; dovendo appena aggiungersi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la mera illegittimità dell’atto non è sufficiente a determinare automaticamente la responsabilità della pA, ex art. 2043 c.c., essendo necessario, tra l’altro, che l’evento dannoso sia etiologicamente connesso ad un comportamento dell’amministrazione, profilo nella specie escluso (cfr. Cass. S.U. n. 500 del 1999 e n. 21850 del 2007; n. 12282 del 2009; n. 22508 del 2011; n. 4172 del 2012; n. 23170 del 2014).
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017