Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4913 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. III, 28/02/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 28/02/2011), n.4913

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1592-2009 proposto da:

ARTIGIANMOBEL S.A.S. (OMISSIS), in persona del socio

accomandatario e legale rappresentante pro tempore Sig.ra C.

A., elettivamente domiciliata in ROMA, V. DEI GRACCHI 91, presso

lo studio dell’avvocato BRINDISI ROCCO, rappresentata e difesa

dall’avvocato SARRA MAURIZIO EUSTACHIO giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

P.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO 177, presso CASA MILILLO, rappresentato

e difeso dall’avvocato RUGGI CARMINE giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 307/2007 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

emessa il 14/11/2007, depositata il 23/11/2007 R.G.N. 423/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso con l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23 novembre 2007 la Corte di appello di Potenza, sul gravame proposto dalla società Artigianmobel s.a.s., nonchè da C.A. e C.G. nei confronti di P. C. avverso la omologa decisione del Tribunale di Matera del 17 maggio 2007, ha rigettatato l’appello della società; ha dichiarato inammissibile l’appello dei Carboni; ha compensato integralmente tra le parti le spese del grado.

Avverso siffatta decisione, che è intervenuta in un giudizio di sfratto per morosità, intimato per inadempimento nel versare i canoni pattuiti in virtù di un contratto di locazione di bene immobile ad uso commerciale e risalente a tre mensilità non versate, propone ricorso per cassazione la Artigianmobel s.a.s., affidandosi ad un unico motivo.

Resiste con controricorso la P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La questione centrale sottoposta alla Collegio è se in relazione al principio di libera determinazione del canone locativo in materia di locazione di immobili destinati ad uso non abitativo sia valida o meno la clausola convenzionale che preveda future maggiorazioni del canone diverse da quanto previsto dalla L. n. 392 del 1978, art. 32.

In punto di fatto, con contratto del 1 settembre 1999 le parti avevano convenuto la locazione dell’immobile della P. per anni sei.

L’art. 2 del contratto prevedeva che allo scadere dei sei anni il canone mensile sarebbe lievitato a L. 3.500.000, ovvero a L. 42 milioni annui, qualora la società avesse voluto proseguire il rapporto alla prima scadenza.

La società ricorrente censura la sentenza impugnata, in quanto ritiene di non condividerne la motivazione, fondata sulla evoluzione della giurisprudenza di legittimità secondo la quale, in estrema sintesi, stante il principio di autonomia contrattuale, le parti possono ben convenire una determinazione del canone differenziata e crescente per le frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, per cui solo qualora simile determinazione costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria la clausola è illegittima e, quindi, nulla.

Nella specie, le parti nel contratto del 1999 liberamente ed autonomamente convennero un aumento del canone di locazione per il periodo successivo alla sua scadenza dei sei anni e si pattuì che alla scadenza, qualora il locatario avesse voluto proseguire nel rapporto, il canone sarebbe stato diverso, ovviamente lievitato rispetto al precedente.

In altri termini, le parti disciplinarono il rapporto per i primi sei anni e per la scadenza degli stessi – evento oggettivo predeterminato ed indipendente, rispetto alle variazioni annue del potere di acquisto della moneta – si accordarono per un nuovo canone per altri sei anni e, così convenendo, agirono nel rispetto della legge, in quanto il legislatore ha limitato l’autonomia contrattuale solamente in relazione all’aggiornamento del canone (nella specie, regolamentato dall’art. 3 del contratto – così fa rilevare la ricorrente società a p. 10 ricorso) e all’entità del deposito cauzionale L. n. 392 del 1978, ex artt. 32, 11 e 41), sicchè soltanto la pretesa di somme ulteriori rispetto a quella originariamente pattuita per tali specifiche voci incorre nella sanzione di nullità. Nella specie, vi furono due contratti: nel primo la pattuizione era inferiore; nel secondo divenne di maggiore entità, per cui non si può parlare di aumento del canone, bensì di nuova determinazione dello stesso, alla scadenza del precedente contratto, nè il giudice dell’appello ha rinvenuto in quella clausola la pretesa della locatrice di somme ulteriori rispetto a quella originariamente pattuita, per cui la clausola sarebbe stata nulla in quanto volta ad attribuire surrettiziamente al locatore veri e propri aumenti del canone (v. Cass. n. 2901/07, richiamata nella impugnata sentenza e dalle parti, oltre che Cass. n. 4210/07).

Ne consegue, per quanto innanzi detto, che il ricorso non merita accoglimento.

Data la evoluzione giurisprudenziale in materia sussistono giusto motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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