Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4910 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2020, (ud. 31/10/2019, dep. 24/02/2020), n.4910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31795-2018 proposto da:

M.I., M.F., M.E., M.G.,

P.S., P.G., PI.GE.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato FRANCESCO M.;

– ricorrenti –

contro

M.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 589/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 20/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 31/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Nella causa per la divisione dei beni ereditari di Mo.Ge. e I.M., promossa da M.I., M.F., M.E., M.G., P.S., P.G. e Pi.Ge. (figli dei defunti e discendenti di una figlia premorta) nei confronti di M.C., a sua volta figlio dei due defunti, il convenuto, costituendosi in giudizio, assumeva che la divisione dovesse comprendere anche ulteriori beni oltre a quelli oggetto della domanda. Secondo gli attori, invece, i beni indicati dal convenuto dovevano rimanere estranei alla divisione, in conformità alla volontà espressa da Mo.Ge. nella scrittura di divisione del 7 settembre 1987, intervenuta riguardo a un terreno oggetto di comproprietà con S.L., coniuge della figlia del defunto M.G.. Con tale scrittura il de cuius, da un lato, aveva attribuito alla figlia M.G. la casa realizzata sulla porzione attribuita allo Strinati, dall’altro, aveva ripartito il restante terreno, oggetto di attribuzione a suo favore, fra gli altri figli.

Il tribunale disattendeva la tesi degli originari attori, riconoscendo l’efficacia della predetta scrittura solo per la parte che atteneva alla divisione del terreno fra i due comproprietari e negandola quanto al resto.

Contro la sentenza proponevano appello gli originari attori.

La corte d’appello dichiarava inammissibile il gravame per difetto di specificità.

Per la cassazione della sentenza M.I., M.F., M.E., M.G., P.S., P.G. e Pi.Ge. hanno proposto ricorso affidato a un unico motivo.

M.C. è rimasto intimato.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso dovesse essere accolto, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Con unico motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c..

Il motivo è fondato.

Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012 (applicabile ratione temporis), vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., S.U., n. 27199/2017).

Ciò posto si osserva che, con il gravame dichiarato inammissibile, gli appellanti avevano lamentato che la pretesa del convenuto, intesa a comprendere nella comunione altri beni oltre a quelli oggetto della domanda, costituiva domanda riconvenzionale, da cui il medesimo convenuto era decaduto avendola proposta tardivamente.

Gli appellanti, inoltre, avevano censurato la decisione perchè il tribunale avere accolto la stessa domanda nel merito, in presenza di una suddivisione del terreno fra i figli già operata dal de cuius in vita, cui tutti i figli si erano adeguati, compreso il convenuto.

In pratica, con l’impugnazione della sentenza di primo grado, i soccombenti avevano sostenuto che il primo giudice avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la richiesta volta a estendere l’oggetto della divisione e, in ogni caso, avrebbe dovuto rigettare quella stessa richiesta nel merito, avuto riguardo al contenuto della scrittura del de cuius e al consolidamento della situazione da costui prefigurata per comune volontà di tutti figli.

L’appello quindi consentiva di identificare sia le parti della sentenza impugnata investite dalla censura, sia le ragioni che, secondo gli appellanti, rendevano ingiusta la decisione.

Gli appellanti, inoltre, avevano censurato la sentenza di primo grado nella parte riguardante la valutazione degli immobili, operata dal tribunale sulla scorta della consulenza tecnica da essi giudicata inattendibile. La corte di merito ha ritenuto inammissibile anche tale censura, in base al rilievo che essa era stata proposta senza operare alcuna distinzione fra gli immobili e non era stata accompagnata dalla indicazione di parametri alternativi di stima. Anche in questo caso la corte è incorsa in un’erronea applicazione dell’art. 342 c.p.c., prefigurando requisiti dell’appello che la norma non impone. Di contro l’atto conteneva tanto l’indicazione del punto oggetto di censura (la valutazione degli immobili sulla base di valori stimati dal consulente), quanto l’individuazione delle ragioni per cui la decisione doveva essere diversa (eccessività della valutazione anche alla luce del crollo attuale dei valori immobiliari).

Insomma l’impugnazione, con riguardo a tutti i profili di censura, conteneva le indicazioni necessarie per ritenere sussistente il requisito della specificità dell’appello di cui all’art. 342 c.p.c., inteso secondo il principio sopra richiamato.

La sentenza va pertanto cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione, che deciderà l’impugnazione nel merito e liquiderà le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza; rinvia alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 31 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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