Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4910 del 02/03/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 4910 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: POSITANO GABRIELE

ORDINANZA

sul ricorso 2258-2015 proposto da:
DELLA MULTISERVICE COMPANY SRL , in persona del
legale rappresentante pro tempore Sig.ra GIUSEPPA
BARRALE, URSO VINCENZO, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA GIACOMO BONI 15, presso lo studio
dell’avvocato ELENA SAMBATARO, rappresentati e difesi
dall’avvocato SALVATORE MILITELLO giusta procura in
calce al ricorso;

2017

ricorrenti

contro

1565

LO DICO GAETANO, ZAMBITO FRANCESCO, ASSICURAZIONI
ARCA SPA ;
– intimati –

1

Data pubblicazione: 02/03/2018

avverso la sentenza n. 3109/2014 del TRIBUNALE di
PALERMO, depositata il 05/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 07/07/2017 dal Consigliere Dott.

GABRIELE POSITANO;

2

Rilevato che:

con atto di citazione del 20 luglio 2011 Multiservice Company Srl e
Vincenzo Urso evocavano in giudizio, davanti al Giudice di Pace di Palermo,
Gaetano Lo Dico e Francesco Zambito, oltre alla compagnia di assicurazioni
Arca S.p.A. per sentir condannare quest’ultima al risarcimento dei danni subiti
in occasione del sinistro del 3 maggio 2011, in occasione del quale Antonella
Cefalù, alla guida dell’autovettura di proprietà di Urso, era stata investita

nell’effettuare una manovra di retromarcia per uscire da un parcheggio, non si
avvedeva del veicolo che sopraggiungeva. Vincenzo Urso aveva poi ceduto il
credito alla società Multiservice Company che inutilmente aveva chiesto il
risarcimento dei danni all’assicuratore. Si costituiva la compagnia e, nella
contumacia di Gaetana Anna Lo Dico e Francesco Zambito, il Giudice di Pace di
Palermo, con sentenza n. 2870 del 2012 dichiarava improponibile la domanda
con compensazione delle spese;
il Tribunale palermitano, investito dell’impugnazione proposta dagli attori in
prime cure, rigettava la domanda, ritenendo che, indipendentemente dalle
questioni poste in ordine alla validità della cessione, il tipo di intervento
spiegato dal cedente, già in primo grado, imponesse l’esame nel merito della
richiesta risarcitoria, e che questa fosse, nel merito, infondata;
avverso la sentenza del giudice siciliano Vincenzo Urso e Multiservice
Company propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Considerato che

con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 143
D.Lgs. 209/2005;
con il secondo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.
232 c.p.c. e 12 DPR 254/2006;
i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, in quanto
strettamente connessi, sono destituiti di fondamento, poiché superati
dall’impianto motivazionale della sentenza impugnata con la quale il Tribunale,
con apprezzamento di fatto scevro da vizi logico-giuridici, afferma che le ‘prove
3

dall’autovettura Mercedes di Gaetana Lo Dico e condotta da Zambito che,

offerte dalla parte appellante non hanno dimostrato l’accadimento del fatto
storico sotteso alla pretesa azionata, cioè l’effettivo verificarsi dell’incidente,
specificando che il materiale probatorio incoerente e incompleto non consente
di ritenere provata la verificazione del sinistro come descritto in citazione;
si rivelano, pertanto, inconferenti i richiami a tutte le norme evocate nei
motivi di ricorso – avendo, nella specie, il Tribunale fatto corretto uso e

escludendo in radice, sul piano della causalità materiale,

4* il nesso causale tra

i danni e il (presunto) evento che li avrebbe asseritamente generati, e
conseguentemente valutando in termini di non attendibilità la denuncia a firma
congiunta in atti. Il giudice territoriale, nel pieno rispetto del generale principio
di diritto processuale che impone, nella motivazione, il rispetto di criteri logici
di giustificazione razionale del raggiunto convincimento e dell’adottata
decisione, offre chiara e puntuale valutazione, condivisibilmente argomentata,
della valenza e dell’efficacia probatoria attribuita agli elementi acquisiti al
processo, ritenendo la ricostruzione del fatto, così come operata in sede di
motivazione, dotata di un più elevato grado di conferma logica e di credibilità
razionale rispetto ad altre, possibili e pur prospettate ipotesi fattuali
alternative;
i motivi di censura, pertanto, pur formalmente riferiti al una reiterata
violazione di legge, si risolvono, nella sostanza, in una (ormai del tutto
inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come
definitivamente accertati in sede di merito. Parte ricorrente, difatti, lungi dal
prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di
cui all’art. 360 n. 3 c.p.c. mediante una specifica indicazione delle affermazioni
in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le
norme regolatrici della fattispecie astratta applicabile alla vicenda processuale,
si volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze
procedimentali così come accertare e ricostruite dalla Corte territoriale,
muovendo all’impugnata sentenza censure del tutto irricevibili, volta che la
valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse 4

condivisibile governo delle acquisizioni probatorie in atti, in particolare

ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di
fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a
fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di
prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a
scapito di altre (pur astrattamente sostenibili), non incontra altro limite che
quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere in alcun

ovvero vincolato a confutare qualsiasi deduzione difensiva;
costituisce poi principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360
c.p.c. non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito
della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il profilo
logico-formale e della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal
giudice d’appello, al quale soltanto spetta l’individuazione delle fonti del proprio
convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone
la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle
funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove cd.
legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile);
parte ricorrente, nella specie, pur denunciando, formalmente, ipotetiche
violazioni di legge che vizierebbero la sentenza di secondo grado, (perché in
contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità)
sollecita a questa Corte una nuova inammissibile valutazione di risultanze di
fatto (ormai definitivamente cristallizzate sul piano processuale) sì come
emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così strutturando il
giudizio di cassazione in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel
quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai consolidatosi, di fatti
storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa
o di quella ricostruzione probatoria, quanto ancora le opzioni espresse dal
giudice di appello non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la
sostituzione con altre più consone ai propri desiderata – quasi che nuove
istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora
legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità;
5

modo tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale,

nulla per le spese non avendo parte resistete svolto attività difensiva in
questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1 comma 17 della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei

titolo di contributo unificato pari alla somma già dovuta, a norma del comma 1
bis del predetto art. 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte
Suprema di Cassazione in data 7 luglio 2017
Il Pre-leente

Il Funzionario ‘udiziano
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