Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4908 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. III, 28/02/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 28/02/2011), n.4908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15294-2006 proposto da:

F.F., G.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA MANFREDI 17, presso lo studio dell’avvocato ZEMA DEMETRIO,

rappresentati e difesi dall’avvocato DE PASQUALE FRANCESCO, giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.A. (OMISSIS), C.C.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA T. GULLI

11, presso lo studio dell’avvocato SCHIAVETTI MARIA CHIARA,

rappresentati e difesi dall’avvocato GERONI VALERIA, giusta delega in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

F.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1241/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Sezione Terza Civile, emessa il 29/06/2005, depositata il 16/08/2005,

r.g.n.2084/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato MARIA CHIARA SCHIAVETTI (per delega dell’avvocato

VALERIA GERONI);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16 agosto 2005 la Corte di appello di Torino riformava integralmente la sentenza del 16 marzo 2004, con la quale il tribunale di Asti aveva accolto nei confronti di F. A. la domanda di F.R. volta ad ottenere, oltre il risarcimento dei relativi danni, l’esecuzione di tutte le opere necessarie per eliminare le infiltrazioni di acque meteoriche, che assumeva provenire dall’altrui proprietà e che avevano danneggiato l’immobile di esso istante.

Nel corso del processo di primo grado erano deceduti sia l’attore che la convenuta ed il giudizio era stato riassunto da F.F., F.C. e G.A., eredi di F.R., nei confronti di C. ed C.A., eredi di F. A., che si costituivano e contrastavano la domanda.

Avverso la decisione di secondo grado – che condannava in solido F.F., G.A. e F.C. al pagamento in favore degli appellanti in solido della somma di Euro 2.872,20, oltre accessori di legge, a titolo di rifusione della metà delle spese processuali del giudizio di primo grado e del giudizio ‘ di secondo grado, nonchè delle spese per intero della CTU espletata in primo grado – hanno proposto ricorso per cassazione G. A. e F.F., che hanno affidato l’impugnazione a cinque motivi.

Resistono con controricorso C.C. e C.A..

Non ha svolto difese l’intimata F.C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Premesso che il Collegio ha raccomandato l’adozione di una motivazione contratta, ritiene questa Corte che il primo e, il quarto motivo del ricorso possano essere trattati congiuntamente per la loro stretta connessione.

Con essi si chiede, sia sotto il profilo del vizio di motivazione – art. 360 c.p.c., n. 5 (primo motivo e parte del quarto) sia sotto il profilo dell’errore di diritto (parte del quarto motivo) di valutare, difformemente da quanto deciso nelle due fasi merito, il punto centrale della controversia, consistente nello stabilire se la causa delle infiltrazioni nella proprietà degli attuali ricorrenti sia da ravvisare esclusivamente nella inadeguata tecnica costruttiva e nella infelice collocazione dell’immobile ovvero se ad essa abbiano potuto dare causa anche le opere eseguite a suo tempo da F. A., così come ritenuto dal giudice dell’appello.

Si assume, altresì, da parte dei ricorrenti, che i resistenti, contrariamente a quel che aveva ritenuto il tribunale sulla scorta dell’espletata prova orale, non avrebbero provato l’eventuale preesistenza di fenomeni di infiltrazioni rispetto all’intervento di ripavimentazione.

I due motivi debbono essere disattesi.

Nel caso in esame non è rinvenibile il dedotto vizio di motivazione, che è configurabile solo quando nell’insieme delle argomentazioni addotte si rileva un’obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto il giudice del merito alla formazione del proprio convincimento su basi sostanzialmente contrastanti in modo da elidersi a vicenda e da non consentire la individuazione della ratio decidendi, ovvero la identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione adottata.

L’impugnata sentenza, infatti, dopo avere trascritto i passi non condivisibili della pronuncia di primo grado, ne ha rilevato la contraddittorietà, anche sulla scorta dell’espletata CTU, allorchè ha posto in rilievo che lo stesso ausiliario aveva, in sostanza, riconosciuto la fondatezza delle contestazioni del consulente privato ed ha spiegato perchè il tribunale aveva frainteso la portata e il significato finale delle stesse conclusioni del perito.

Non solo, ma il giudice dell’appello si è fatto carico di esaminare le fotografie prodotte dagli appellanti – convenuti in primo grado – ed alla fine del suo argomentare, inquadrando anche giuridicamente la fattispecie sotto una duplice ratio interpretativa, ha concluso col ravvisare la causa determinante ed essenziale delle infiltrazioni nella particolare collocazione dello stabile dell’attore, addossato per due lati ad un terrapieno e, quindi, a contatto con l’umidità da esso necessariamente proveniente per la mancata l’adozione di adeguati accorgimenti costruttivi adeguati e specifici (p. 5-11 della sentenza impugnata).

E’ di tutta evidenza, pertanto, che si è in presenza di una ricostruzione della fattispecie compiuta in maniera appagante in base ad un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, considerato che sostanzialmente la complessiva censura deduce la inaffidabilità della CTU su cui si poggia l’argomentare del giudice dell’appello e prospetta semplice difformità tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato negativo e la valutazione delle parti (tra le tante: Cass. n. 4254/09).

Nè trova miglior sorte il profilo del quarto motivo circa l’onere probatorio, in quanto il giudice dell’appello – dopo avere esaminato gli atti processuali, le dichiarazioni degli stesi convenuti e lo stato dei luoghi – correttamente ha concluso che non era stata data la prova del concorso di colpa del creditore nella verificazione dell’evento di danno.

2. – Con il secondo e il terzo motivo, che vanno anch’essi esaminati congiuntamente, i ricorrenti, in estrema sintesi, lamentano la violazione delle disposizioni di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 5 e 3 quanto alla ritenuta condotta colposa da essi tenuta e ripartita nelle quote di responsabilità.

Al riguardo, il Collegio osserva che i motivi trascurano di evidenziare quella parte della motivazione della sentenza impugnata, che, a proposito della individuazione giuridica della fattispecie, sottolinea che, dato il fenomeno riscontrato dal CTU, non era applicabile la normativa sullo scolo delle acque, in quanto la parte pregiudicata, proprietaria del fondo inferiore, non ha alcun titolo per pretendere alcunchè dal proprietario del fondo superiore che non abbia alterato, come nella specie è avvenuto, il preesistente regime delle acque in modo pregiudizievole (p. 11 sentenza impugnata).

Non solo, ma il giudice a quo, passando all’esame del secondo e quinto motivo dell’appello, e valutando anche la memoria integrativa del 18 dicembre 2032 e la relazione del 13 luglio 2002 del CTU, ha ritenuto, con il conforto della richiamata giurisprudenza di questa Corte, pacificamente non applicabile alla fattispecie l’art. 2055 c.c., non espressamente richiamato dal giudice di prime cure, e ha preso atto che questi sulla ritenuta sussistenza di una corresponsabilità dei proprietari del fondo superiore ha poi statuito per la loro responsabilità per l’intero, sia per quel che riguardava la riparazione per reintegrazione in forma specifica, sia, soprattutto, per quel che riguardava la riparazione risarcitoria per equivalente pecuniario (p. 12-13 sentenza impugnata).

Peraltro, ha ritenuto del tutto apodittica la tesi degli appellati, ora ricorrenti, circa la possibilità di un ribaltamento parziale dell’onere dell’intervento, allorchè ha affermato che per negare la ammissibilità teorica del riparto dell’onere sarebbe stato necessario indagare presuntivamente quale fosse il titolo che ne legittimava l’imposizione coattiva, peraltro dichiarando il motivo assorbito da quanto argomentato in precedenza (p. 15 sentenza impugnata).

3. – Il quinto motivo per un verso è inammissibile, perchè, come rilevano i resistenti, risulta affetto da insanabile contrasto logico non potendo la denuncia di omessa motivazione, formulata congiuntamente con la denuncia di motivazione insufficiente o contraddittoria, coesistere con questi ultimi profili (Cass. n. 1317/04).

Per altro verso è infondato, in quanto il giudice del merito, nell’ambito di una pronuncia sulle spese, senza violare il principio di cui all’art. 91 c.p.c., che esclude la possibilità di condanna della parte totalmente vittoriosa al pagamento anche parziale delle spese di causa, può legittimamente porre le spese della CTU totalmente a carico della parte soccombente, pur quando, riformando in toto la sentenza di prime grado, abbia ritenuto di compensare in ragione della metà tutte le altre spese processuali, tenuto conto “delle difficoltà nella ricostruzione dei profili causali e del contraddittorio andamento delle indagini tecniche” (Cass. n. 6432/02).

Il ricorso, quindi, è rigettato e le spese che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200/00, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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