Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4907 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 27/02/2017, (ud. 15/07/2016, dep.27/02/2017),  n. 4907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Italo

Carlo Falbo n. 22, presso lo studiò dell’Avv. Angelo Colucci, che

lo rappresenta e difende insieme con l’Avv. Giovanni Franchi, come

da mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena Spa, in persona del legale

rappresentante pro – tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla

via di San Valentino n. 21, presso lo studio dell’Avv. Prof.

Francesco Carbonetti che la rappresenta e la difende come da mandato

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 722/2011 della Corte d’appello di Bologna,

depositata il 1 giugno 2011;

sentita la relazione svolta dal Presidente Dott. Di Palma Salvatore;

udito il difensore, avv. Angelo Colucci, per il ricorrente; udite le

conclusioni del P.M., dr. SORRENTINO Federico, che ha chiesto

dichiararsi l’improcedibilità dell’impugnazione ed in subordine

rigettarsi il ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata, n. 722 del 15 maggio 2011 (dep. 1.6.2011), la Corte d’appello di Bologna ha riformato integralmente la decisione pronunciata in primo grado dal Tribunale di Parma con sentenza n. 1442 del 2.12.2006.

A.M. aveva domandato, con atto di citazione notificato in data 7.7.2003, dichiararsi la nullità, ovvero l’inefficacia, ovvero l’annullamento – a causa di dolo o errore essenziale o conflitto d’interessi – del contratto denominato: “MY WAY”, stipulato con la filiale di Parma di Banca 121 Spa (poi assorbita dal Monte dei Paschi di Siena) in data 15.12.2000. L’attore deduceva, tra l’altro, la nullità del contratto per violazione di norme imperative relative agli obblighi di informazione gravanti sulla banca, ed anche per la indeterminatezza dell’oggetto del contratto. La Banca, secondo l’attore, non gli aveva consentito di comprendere come effettivamente il rapporto contrattuale sarebbe rimasto strutturato, avendogli prospettato che avrebbe concluso un contratto di accumulo finanziario con la possibilità di recedere in qualsiasi momento. Il contratto era comunque da annullare, per errore essenziale e riconoscibile ed anche perchè stipulato dalla Banca in condizione di conflitto di interessi e senza averne adeguatamente informato il cliente.

Il Tribunale di Parma osservava che, effettivamente, il peculiare prodotto finanziario per cui è causa appariva inidoneo a soddisfare le esigenze di un comune risparmiatore, il quale intendeva soltanto aderire ad un piano di investimento basato sull’accantonamento della somma mensilmente versata. L’attore aveva aderito alla proposta della Banca senza neppure rendersi conto di avere contratto (anche) un mutuo oneroso e di assai lunga durata (trenta anni). Il Tribunale condannava quindi la Banca a restituire tutte le somme ad essa versate dall’attore a decorrere dal 15.12.2000, data dell’accettazione da parte della convenuta della proposta contrattuale, formalmente proveniente dall’investitore, fino alla data di effettiva cessazione di efficacia del contratto, oltre interessi legali maturati dai singoli versamenti al saldo.

Il gravame proposto dalla Monte dei Paschi di Siena Banca personale Spa, avverso la riassunta decisione del Tribunale, era poi accolto dalla Corte d’Appello di Bologna con la sentenza ora impugnata. Argomentava la Corte di merito, dopo aver ricostruito le principali caratteristiche dell’operazione finanziaria per cui è causa, che non poteva condividersi la decisione del Tribunale, il quale aveva dichiarato l’annullamento del contratto “MY WAY” ritenendo ricorrere un errore essenziale e riconoscibile. Diversamente, nella documentazione sottoposta dalla Banca all’investitore prima della conclusione del contratto l’operazione finanziaria era attentamente e comprensibilmente descritta, evidenziandosi tutti gli elementi essenziali. Inoltre, che il recesso comportasse oneri era chiarito all’art. 8 della sezione 2 del contratto, e l’errore in cui sarebbe caduto l’investitore non avrebbe pertanto potuto qualificarsi nè come essenziale, nè come riconoscibile. Neppure poteva rinvenirsi una violazione della disciplina del conflitto di interessi, avendo la Banca chiaramente comunicato di versare in questa condizione ancor prima della stipula del contratto mediante i moduli che erano anche a questo specificamente finalizzati ed erano stati regolarmente sottoposti all’investitore.

Neanche poteva trovare accoglimento la domanda, riproposta dall’investitore, di voler dichiarare la nullità del contratto o di singole clausole non potendo, in particolare, ravvisarsi un significativo squilibrio tra le prestazioni contrattualmente dovute dalle parti, con svantaggio del consumatore, per il sol fatto che l’operazione finanziaria prevedesse (anche) un finanziamento, essendo la concessione di un finanziamento una pratica lecita ed anzi necessaria per assicurare ai clienti di un Istituto di credito la disponibilità di mezzi finanziari da investire.

Avverso la decisione della Corte d’appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due articolati motivi, A.M.. Resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena Spa.

Ambedue le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per ragioni logiche e sistematiche occorre preliminarmente esaminare la questione introdotta dal Pubblico Ministero, che nelle sue conclusioni ha domandato in via principale dichiararsi improcedibile il ricorso per cassazione perchè proposto tardivamente. La sentenza della Corte d’Appello di Bologna qui impugnata è stata depositata il 10 giugno 2011, non risulta che la sentenza sia stata notificata. In conseguenza il termine c.d. lungo per la proposizione del ricorso non era certo scaduto quando A.M. ha introdotto la sua impugnativa con atto notificato alla Banca Monte dei Paschi di Siena il 10 settembre 2011. Si osservi che seppure la sentenza fosse stata notificata, e nel primo giorno utile, il 1 giugno 2011 in cui è stata depositata la decisione della Corte d’Appello, il proposto ricorso risulterebbe comunque tempestivo. Infatti, Il termine per l’impugnazione sarebbe scaduto il 31 luglio 2011, ma si trattava di un giorno festivo, ed ai fini della valutazione della tempestività del ricorso avrebbe dovuto pertanto tenersi conto anche del periodo di sospensione feriale all’epoca vigente (dal 1 agosto al 15 settembre). Il ricorso per cassazione è stato pertanto introdotto tempestivamente. Può quindi procedersi all’esame nel merito dell’impugnazione.

1. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1343 e 1346 c.c., e degli artt. 1469 – bis, 1469 – ter e 1469 – quater c.c. (oggi artt. 33 ss., codice del consumo), perchè la Banca aveva indotto il cliente a stipulare una articolata operazione finanziaria, in cui interagivano più modelli contrattuali, senza aver fornito all’investitore adeguati chiarimenti e perciò violando norme imperative. La Banca, del resto, non si era curata di tutelare (anche) l’interesse del cliente, come era invece suo dovere, e pure l’accertamento di questa condotta doveva comportare la dichiarazione di nullità dell’operazione finanziaria. Nullità che doveva affermarsi sussistente, inoltre, anche a causa dell’assoluta indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto del contratto. In ogni caso, la nullità doveva essere dichiarata, secondo la prospettazione del ricorrente, in conseguenza della illiceità della causa della complessiva operazione finanziaria, e comunque per contrarietà alle previsioni di cui agli artt. 1322 – 1343 c.c..

Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto un’ulteriore violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, a causa della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e degli artt. 24, 27, 28, 32, 37, 60, e 69 Reg. Consob n. 11522 del 1998, perchè la Corte d’Appello ha ingiustamente negato all’istante il riconoscimento del diritto a conseguire il risarcimento del danno sofferto. Sostiene il ricorrente che l’Istituto di credito “ha convinto il ricorrente a stipulare il contratto spacciandolo per un piano di accumulo finanziario con la possibilità di recedere in qualsiasi momento, senza informarlo del mutuo connesso al medesimo ed adeguatamente circa il significato delle numerose clausole abusive” che la Banca aveva inserito nel modulo riportante il contratto da essa predisposto. La mancanza di trasparenza della Banca, e il difetto della pur doverosa comprensibilità delle condizioni contrattuali da essa predisposte, emergevano poi dalla rassicurazione fornita al cliente circa la possibilità di recedere dall’operazione finanziaria in qualsiasi momento e senza problemi, accolta senza remore dall’investitore. In realtà, il recesso era previsto come possibile solo in relazione al piano finanziario e non anche al mutuo, cui il cliente rimaneva vincolato per decenni e, per di più, anche per recedere dal piano d’investimento occorreva sopportare rilevanti oneri economici che peraltro solo un esperto matematico sarebbe riuscito a calcolare, tenuto conto della complessità della formula indicata dalla Banca. L’Istituto di credito, del resto, ancora violando i propri obblighi, non aveva informato dettagliatamente il cliente del plurimo conflitto d’interessi in cui la Banca si trovava ad operare nell’attuazione del rapporto contrattuale.

2. Prima di esaminare i motivi di ricorso proposti da A.M. appare indispensabile anche in questa sede ricordare le caratteristiche principali del “piano finanziario MY WAY” cui l’odierno ricorrente, titolare di conto corrente, aveva aderito. Il piano si articola innanzitutto in un finanziamento, da rimborsarsi in rate mensili per un lungo periodo di tempo; nel caso in esame, il rimborso del mutuo sarebbe stato completato in trent’anni. Il finanziamento, però, non consente all’investitore di ottenere la disponibilità della somma concordata, perchè la stessa viene subito, per intero ed obbligatoriamente, vincolata. In parte la somma finanziata viene destinata all’acquisto di obbligazioni zero coupon, emesse dall’Istituto di credito o da soggetti ad esso collegati. Si tratta pertanto di obbligazioni che non staccano alcuna cedola ed assicurano la consegna del capitale, nonchè il conseguimento dell’interesse, solo al termine dell’operazione finanziaria, pertanto dopo trent’anni. Per la parte residua, poi, la somma mutuata viene, sempre obbligatoriamente, investita nell’acquisto di quote di un fondo comune di investimento azionario gestito da società collegate da comunanza di interessi con la Banca. Non solo, sia le quote di fondi sia le obbligazioni sono costituite in pegno a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni del cliente. Pertanto, questo non ottiene la disponibilità di alcuna somma per trent’anni, durante i quali continua però a rimborsare il finanziamento che gli è stato concesso e non può interferire in alcun modo nella gestione del proprio denaro. La Banca, invece, non solo conserva la disponibilità del denaro, ma riscuote anche le commissioni relative a ciascuna operazione finanziaria che pone in essere per conto del cliente. 2.1. Nell’esaminare le censure proposte dall’impugnante occorre valutare prioritariamente le contestazioni di nullità, ed in particolare la questione proposta dall’impugnante operando richiamo all’art. 1322 c.c., e pertanto opponendo che l’operazione finanziaria “MY WAY” si risolverebbe in un contratto atipico che non è diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, e deve perciò essere dichiarato radicalmente nullo.

Invero, la Suprema Corte ha avuto recentemente occasione di precisare, in riferimento ad un’operazione finanziaria del tutto analoga a quella ora in esame, il piano di investimento denominato “4 YOU”, che si tratta di un contratto atipico, il quale racchiude in sè le caratteristiche: del mutuo, in quanto la banca mette a disposizione dell’investitore una somma di denaro, anche se questi potrà liberamente disporne dopo un tempo assai lungo; del mandato, in quanto la banca opera nell’acquisto degli strumenti finanziari in nome e per conto del cliente; nonchè del pegno regolare dei medesimi titoli e dell’assicurazione, prevista anch’essa a garanzia della restituzione della somma mutuata. Come ha condivisibilmente osservato questa Corte (cfr. Ord. n. 19559 del 2015), questa complessa operazione si caratterizza per il fatto che il cliente non acquisisce (se non dopo decenni) la disponibilità della somma di denaro che gli viene concessa in finanziamento, la quale viene subito reinvestita dalla Banca, che “determina unilateralmente la natura ed entità degli investimenti, senza conferire al cliente la facoltà di interloquire e di cambiare forma di investimenti in modo unilaterale (…) balza però evidente agli occhi uno squilibrio abnorme tra le controprestazioni, a favore di un operatore specializzato e professionale” quale è la Banca, “ed in occasione della particolare vulnerabilità della controparte, resa manifesta dal suo intento previdenziale, con l’immobilizzazione di una delle operazioni collegate, quella di mutuo, in un periodo di ammortamento trentennale e senza (…) alcuna possibilità di intervenire nella gestione dei fondi o sulla composizione del pacchetto titoli acquistato con la somma data a mutuo, se non recedendo dalla sola operazione finanziaria a condizioni particolarmente onerose (…) ma un simile contratto atipico non supera il vaglio di meritevolezza imposto dall’art. 1322 cpv. c.c., soggetti dell’ordinamento sono tendenzialmente liberi di concludere anche patti per sè rovinosi, tuttavia, se lo squilibrio dipende dalla sproporzione delle posizioni di partenza e dalla minorata difesa di uno dei contraenti per la preoccupazione previdenziale e la non esperienza nel settore e dalla particolare aggressività dell’altro quale professionale intermediario nella raccolta del risparmio e delle operazioni finanziarie, l’ordinamento stesso non può prestare tutela (…) al soggetto che di questo manifesto squilibrio può godere i frutti”.

Tale condivisibile impostazione è stata quindi riproposta da questa Corte in tempi ancor più recenti, e proprio in riferimento al piano finanziario “MY WAY” in relazione al quale si controverte anche in questo giudizio. Si è al proposito osservato che il contratto in questione “costituisce invero un contratto atipico unitario (…) perchè le singole operazioni previste per raggiungere lo scopo finale dell’investimento non hanno alcuna autonomia concettuale, giuridica o pratica, ciascuna di esse richiedendo, per mantenere la struttura e la funzione dell’insieme, la contestuale stipula delle altre (…) attesa la stretta ed indissolubile connessione tra le varie operazioni nelle quali il contratto formalmente si scompone (…) unitaria ne è la causa: non, quindi, un mero collegamento negoziale” (cfr. Cass. sent. n. 22950 del 2015).

Definita la natura ed i caratteri essenziali del contratto, occorre poi evidenziare che esso “prevede un’alea solo in capo al risparmiatore, il quale paga un saggio di interesse non tenue, senza seria prospettiva di un corrispondente lucro a medio termine e con vantaggio certo, invece, per l’intermediario finanziario, che lucra gli interessi del mutuo, aumenta la sua operatività” (cfr., ancora, Cass. sent. n. 22950 del 15), e colloca prodotti finanziari di suo interesse, come obbligazioni emesse da società collegate. Si è quindi in presenza di un “rapporto sin dall’inizio interamente sbilanciato a favore della banca” che, avvalendosi delle proprie superiori competenze in materia di strumenti finanziari, ne profitta per indurre il cliente a stipulare un contratto prospettato come idoneo a soddisfare aspettative diverse, ad esempio di natura previdenziale, ma in realtà utile solo ad assicurare un vantaggioso finanziamento alle attività che la Banca intende svolgere.

Il difetto di meritevolezza di tutela, ai sensi del comma secondo dell’art. 1322 c.c., dell’operazione finanziaria denominata “MY WAY” importa che la stessa deve ritenersi radicalmente nulla. La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata e le ulteriori contestazioni devono ritenersi assorbite.

In conclusione devono essere accolti i ricordati motivi di ricorso, nei limiti esposti in motivazione. Il giudice del merito, nel giudizio di rinvio, dovrà attenersi ai principi innanzi indicati e dovrà anche provvedere in ordine al governo delle spese di lite, anche in relazione al presente grado del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna anche per la regolamentazione delle spese nel presente grado del giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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