Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4906 del 27/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4906 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA
sul ricorso 19616-2008 proposto da:
NICOLI GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE MAZZINI 73 SC. B INT. 2, presso lo studio
dell’avvocato AUGUSTO GRAZIANA, rappresentato e difeso
dall’avvocato CASALI GISELLA giusta delega a margine;
– ricorrenti contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,
che lo rappresenta e difende ope legis;
– controri correnti –

Data pubblicazione: 27/02/2013

avverso la sentenza n. 49/2007 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata il 20/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/12/2012 dal Consigliere Dott. CHIARA
GRAZIOSI;

Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Svolgimento del processo

N.R.G. 19616 /2008

Con sentenza n. 49/6/07, depositata il 20 giugno 2007, la CTR di Milano ha respinto
l’appello proposto da Nicoli Giovanni avverso sentenza della CTP di Milano a seguito
di impugnazione di cartella di pagamento di imposte non corrisposte (Iva, Irpeg e

in ordine alla regolarità della cartella” e alla “definitività dell’avviso di accertamento”
perché non impugnato pur essendogli stato notificato.
Il contribuente ha proposto ricorso – cui resiste con controricorso l’Agenzia delle
Entrate – articolato in tre motivi. La causa è stata decisa in pubblica udienza il 20
dicembre 2012.

Motivi della decisione

1. Il ricorso risulta infondato.
Quale primo motivo, ex articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c., il contribuente lamenta
violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 d.l. 30 settembre 2003 n. 269,
convertito con modifiche in I. 24 novembre 2003 n. 326, adducendone l’applicabilità
anche, come nella fattispecie, laddove la persona fisica, che abbia partecipato come
autore della violazione, non abbia impugnato l’avviso di accertamento effettuato
nei confronti di una società avente personalità giuridica per l’omesso versamento di
imposte e notificato dopo l’entrata in vigore della norma suddetta, bensì abbia
impugnato solo la cartella di pagamento e formulando corrispondente quesito.
2. Il motivo prospetta una lettura della invocata normativa non coordinata con
l’articolo 19, comma 3, d.lgs.. 31 dicembre 1992 n. 546, in forza del quale, come da
consolidata giurisprudenza (p.es. Cass. 2011 n. 16641, Cass 2004 n. 21477, Cass
2004 n. 17937), se la cartella costituisce sequenza procedimentale rispetto ad un
atto di accertamento ritualmente notificato, non integra un nuovo e autonomo atto

Irap) per l’anno 2002, interessi e sanzioni, in quanto” il contribuente nulla eccepisce

impositivo, per cui i vizi propri che ne possono fondare l’impugnazione sono
circoscritti alla sua natura di intimazione di pagamento di quanto è già stato
accertato (se, appunto, l’atto di accertamento non è stato impugnato) come
definitivamente dovuto. Il motivo è dunque infondato.
3. Quale secondo motivo, ancora ex articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c., il

269, convertito con modifiche in I. 24 novembre 2003 n. 326, la violazione e falsa
applicazione dell’articolo 3, comma 2, d.lgs. 472/1997 (per cui ” salva diversa
previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzione per un fatto che,
secondo la legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già
stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue… “.)
assumendo che il giudice di merito ha errato nel non applicare il suddetto articolo 3,
comma 2, e che trattasi di eccezione rileva bile d’ufficio in ogni stato e grado del
processo.
Il quesito è pertanto nel senso che il suddetto articolo 3, comma 2, d.lgs. 472/1997 è
applica bile alla cartella notificata alla persona fisica come coobbligata in data
successiva all’entrata in vigore del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con
modifiche in I. 24 novembre 2003 n. 326, anche nell’ipotesi in cui l’avviso di
accertamento (notificato alla persona fisica partecipata come autore della
violazione) sul quale si fonda l’iscrizione a ruolo è divenuto definitivo.
La controparte eccepisce che il motivo è inammissibile perché introduce per la
prima volta in sede di legittimità una questione e un tema di indagine nuovi e
perché l’eventuale violazione del principio del favor rei di cui all’articolo 3, comma 2,
d.lgs. 472/1997, lungi dall’essere una eccezione rilevabile d’ufficio in ogni stato e
grado del procedimento, costituirebbe un vizio non della cartella ma dell’avviso di
accertamento, che contiene anche l’irrogazione delle sanzioni e che non è stato
impugnato.
4. Invero, trattasi – come si evince dal contenuto dell’atto di appello, trascritto dallo

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contribuente adduce, sempre in rapporto all’articolo 7 d.l. 30 settembre 2003 n.

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stesso ricorrente nel ricorso – di questione introdotta nel thema decidendum solo
nel presente grado, e non si può non ricordare che (da ultimo Cass. ord. 2012 n.
4491) non è consentita in sede di legittimità la proposizione di nuove questioni di
diritto, anche se rilevabili d ‘ ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quando
presuppongono o richiedono nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi

domanda va coordinato con il principio del rilievo d ‘ ufficio nel senso che il principio
della domanda non può essere fondato per la prima volta in ricorso per cassazione
su un fatto mai dedotto in precedenza che implica un diverso tema di indagine e
decisione). Prioritario però è il rilievo che, essendo stato l ‘ avviso di accertamento
notificato il 25 maggio 2005 al ricorrente, l ‘ eventuale vizio se sussistente
riguarderebbe l ‘ avviso, per cui non può essere fatto valere nell ‘ impugnazione della
cartella, in considerazione di quanto già esposto a proposito del primo motivo.
Anche il secondo motivo risulta pertanto infondato.
5. Il terzo motivo, rubricato come insufficiente e contraddittoria motivazione di un
fatto controverso e decisivo ex articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in realtà consiste
ancora nella doglianza della mancata applicazione delle norme invocate nei due
motivi precedenti, attenendo quindi a questione di diritto per cui è inammissibile
difettando del quesito, ed è comunque di contenuto corrispondente a quanto già
vagliato.
In conclusione il ricorso deve essere respinto, le spese seguendo la soccombenza,
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese a favore della controparte, che
liquida in C 12.000 oltre a s.p.a.d.
Così deciso in Roma il 20 dice ggs 2012
Il Con “gliere est.

2 . Z.

Il Pir idente

alla Corte di Cassazione, tranne nell ‘ ipotesi dell ‘ articolo 372 c.p.c. (il principio della

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