Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4906 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. III, 23/02/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 23/02/2021), n.4906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33881/2019 proposto da:

A.A.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MEDAGLIE D’ORO, 169, presso lo studio dell’avvocato ANNA NOVARA, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3114/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso affidato a due motivi, A.A.O., cittadino nigeriano, ha impugnato la sentenza della Corte di Appello di Roma, resa pubblica il 13 maggio 2019, che ne rigettava il gravame avverso la decisione di primo grado del Tribunale della medesima Città, che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava (dopo aver escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, per non essere la narrazione del richiedente credibile e non riscontrabile nell’Edo State una situazione riconducibile del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) che era “(i)nammissibile… la domanda subordinata di riconoscimento della protezione umanitaria stante la mancanza di specifici motivi di gravame ex art. 342 c.p.c.”.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 c.p.c., per aver la Corte territoriale errato a ritenere generico il motivo di gravame avverso il rigetto della domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, avendo esso richiedente, con l’atto di appello (p. 17), contestato specificamente detta decisione evidenziando la situazione di vulnerabilità in caso di rimpatrio e quella di integrazione in Italia.

1.1. – Il motivo è ammissibile e fondato.

Quando, con il ricorso per cassazione, venga dedotto un error in procedendo, il sindacato del giudice di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agli atti sui quali il ricorso è fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicità della eventuale motivazione esibita al riguardo, posto che, in tali casi, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto (Cass. n. 8069/2016). Con l’ulteriore precisazione che l’esercizio del predetto potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, in forza dei principi di specificità e localizzazione processuale di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 (Cass. n. 22880/2017).

Nella specie, il ricorrente ha assolto l’anzidetto onere di specificazione, avendo indicato anche il punto dove si rinvengono le censure mosse con l’atto di appello alla decisione di primo grado di rigetto della domanda di protezione umanitaria.

A tal riguardo, il gravame risulta sufficientemente specifico e tale, comunque, da palesarsi rispondente al paradigma legale di cui all’art. 342 c.p.c., avendo l’appellante (pp. 17/19 dell’atto di appello) riportato la motivazione del giudice di primo grado sul rigetto della richiesta protezione umanitaria (“acclarata l’inattendibilità del racconto del ricorrente, non appare neppure sussistente una situazione di vulnerabilità da proteggere”), rinviato, quanto all’aspetto relativo alla credibilità”, alle precedenti censure svolte sul punto (pp. 13/15 atto di appello), indicato i diritti fondamentali anzitutto suscettibili di essere vulnerati e il percorso di integrazione intrapreso in Italia.

Ha, dunque, errato la Corte territoriale nel non delibare nel merito il motivo di gravame sul mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo e discusso, per non aver considerato la Corte territoriale, in conseguenza della violazione dell’art. 342 c.p.c., il contratto di lavoro comprovante l’inserimento sociale e lavorativo di esso richiedente in Italia.

2.1. – L’esame della censura è assorbito dall’accoglimento del primo motivo.

3. – Va, dunque, accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo.

La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo motivo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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