Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4903 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. III, 28/02/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 28/02/2011), n.4903

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 746-2009 proposto da:

P.S. (OMISSIS), considerato domiciliato

“ex lege” in ROMA presso la CANCELLERIA P DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARTINELLI ALBERTO e

dall’avvocato GIUSEPPE MICELI giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA SAI ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS), in persona del

Direttore e legale rappresentante dott. C.I.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso

lo studio dell’avvocato SPINELLI GIORDANO TOMMASO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato CARLO TAGARIELLO giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

L.C., D.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1505/2007 del TRIBUNALE di TARANTO TERZA

SEZIONE CIVILE, emessa il 17/9/2007, depositata il 08/11/2007, R.G.N.

3767/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato ENRICA FASOLA (per delega dell’Avv. TOMMASO SPINELLI

GIORDANO);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo con assorbimento altri motivi; inammissibilità dell’appello e

condanna di parte soccombente al rimborso delle spese di lite.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.S. proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Taranto del 17-9-07 che aveva accolto l’appello proposto dalla Fondiaria Sai s.p.a ed, in riforma della sentenza di primo grado aveva rigettato la domanda dei P. volta ad azionare la garanzia assicurativa in relazione a lesioni riportate dallo stesso in occasione di un incidente stradale. La sentenza accoglieva l’appello proposto dalla Fondiaria Sai s.p.a.

ritenendo preliminarmente valida la procura alle liti rilasciata al difensore della società Fondiaria Sai da un procuratore speciale in forza di atto pubblico esibito in copia fotostatica ,di cui era stata contestata dal P. la conformità all’originale, e nel merito la non operatività della garanzia assicurativa, in quanto l’incidente non era avvenuto durante la circolazione stradale nè su suolo pubblico.

Il ricorrente formulava sei motivi di ricorso.

La società Fondiaria Sai si difendeva con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il P. lamenta la violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3 in relazione all’art. 2719 c.c. e artt. 214 e 25 c.p.c. ed anche in relazione agli artt. 2727, 2728 e 2729 c.c., nonchc omessa ed insufficiente motivazione ex art. 360, n. 5 su un punto decisivo della controversia. Il ricorrente lamentagli che la Fondiaria Sai s.p.a aveva esibito una copia fotostatica della procura notarile alle liti e che a seguito della tempestiva eccezione di non conformità della copia fotostatica all’originale proposta dalla difesa del ricorrente, il Giudice di Appello aveva affermato “non rileva il fatto che il P. abbia contestato ex art. 2719 c.c. la conformità di tale copia all’originale perchè in ragione della generica ed apodittica contestazione – non riferita ad alcuno specifico profilo di difformità – reputa il giudice per presunzione di dovere affermare che la copia fotostatica riproduca puntualmente l’atto originale.

(Cass. 1623/04 – 935/04 – 866/00)”.

Al contrario il ricorrente aveva contestato in modo chiaro la conformità della fotocopia all’originale con riferimento sia al contenuto che alla provenienza e di conseguenza il giudice di appello avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del gravame per difetto di procura.

Il ricorrente denunzia, inoltre, la insufficiente e contraddittoria motivazione del giudice di appello che aveva ritenuto la conformità della fotocopia all’originale basandosi su una presunzione.

I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto attinenti complessivamente ad unica censura, devono essere accolti. In tenia di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale della scrittura e la copia fotostatica prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto: tale, cioè, che possano da essa desumersi in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia.

Ne consegue che la copia fotostatica non autentica di una scrittura si ha per riconosciuta conforme all’originale, ai sensi dell’art. 215 c.p.c., n. 2 se la parte comparsa, contro cui è stata prodotta, non la disconosce in modo formale e specifico nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla sua produzione.

Il principio è del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cass., n. 15856/2004; Cass., n. 10912/2003;

Cass., n. 8102/2000), che ha anche precisato (Cass. n. 935/2004) che il disconoscimento di un documento, oltre che specifico, nel senso che va riferito ad una copia di esso concretamente individuata, deve essere effettuato, di regola, dopo la produzione in giudizio della copia documentale.

Nel caso di specie il ricorrente ha tempestivamente contestato la conformità della copia fotostatica della procura alle liti, subito dopo la sua esibizione da parte della società Fondiaria Sai a seguito di un ordine specifico del giudice di appello, ed ha formulato una chiara contestazione sia in relazione al contenuto che alla provenienza della copia fotostatica, deducendo la sua inutitizzabilità processuale.

Di conseguenza il giudice di appello ha errato nel ritenere apodittica la contestazione, in quanto non riferita ad alcun profilo di difformità, tenendo anche conto che si riferiva ad un atto che era nell’esclusivo possesso della Società Fondiaria Sai.

Non essendo stato esibito l’originale, il giudice di appello poteva accertare con qualsiasi mezzo, anche con presunzioni, la corrispondenza dell’originale alla fotocopia.

Ma nel caso di specie, il giudice ha erroneamente affermato di ritenere per presunzione che la fotocopia della procura corrispondesse all’originale.

In realtà il Giudice di Appello non ha correttamente adottato il procedimento logico giuridico della presunzione come regolato dall’art. 2727 c.c. che definisce la presunzione come la conseguenza che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato.

Il giudice ai appello ha omesso l’indicazione di quale era il fatto noto da cui egli aveva tratto la conseguenza che la fotocopia della procura corrispondesse all’originale, utilizzando il termine presunzione non nel suo significato giuridico,ma nel significato del linguaggio corrente.

Il motivo pertanto deve essere accolto e di conseguenza l’appello doveva essere dichiarato inammissibile per difetto di procura dell’appellante.

Gli altri motivi di ricorso, relativi al merito della decisione della sentenza impugnata, sono assorbiti dall’accoglimento dei primi due motivi.

La sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio con compensazione delle spese del giudizio di appello e di quello di cassazione, ricorrendone giusti motivi.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e compensa le spese del giudizio di appello e di quello di cassazione.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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