Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4901 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. III, 28/02/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 28/02/2011), n.4901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 34181-2006 proposto da:

F.LLI D’AMATO S.P.A. (già F.LLI D’AMATO S.R.L.) (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante Sig. D.L., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio

dell’avvocato MENGHINI MARIO, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati MAZZOCCHI MAURIZIO, BRUNO FILIPPO ALESSANDRO, RAVELLINI

PATRIZIA giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BASE S..P.A. (già S.R.L.) (OMISSIS), in persona del Presidente e

legale rappresentante Sig.ra M.B., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 267, presso lo studio

dell’avvocato CARNEVALI RICCARDO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SACCA’ ANTONINO giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1235/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 15/7/2005, depositata il

07/11/2005, R.G.N. 1197/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato MARIO MENGHINI;

udito l’Avvocato RICCARDO CARNEVALI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Ravenna con sentenza del 16 febbraio 2001 rigettava la domanda proposta dalla BASE srl, cessionaria dei diritti da parte della ERIDANIA spa, nei confronti della Corvetta Agenzia Marittima e Spedizioni srl (ora CORSHIP), quale raccomandataria della m/n NEW SPIRIT e rappresentante processuale della F.lli D’Amato, noleggiatore della nave, al fine di ottenere il risarcimento dei danni per asserito ammanco di merce dal carico complessivo di tonn. 42453 (si trattava di una partita di semi di soia proveniente dal (OMISSIS) caricata alla rinfusa).

Lo sbarco della merce era avvenuto in parte ad (OMISSIS) e in parte a (OMISSIS).

Il giudice di prime cure rigettava la domanda perchè riteneva la BASE decaduta dall’azione dalla per essere spirato il termine di un anno, così come previsto dall’art. 3, n. 6 della Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924, in quanto la citazione era del 11 dicembre 1997.

Su gravame della BASE la Corte di appello di Bologna il 7 novembre 2005 riformava integralmente la sentenza del Tribunale.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la F.lli D’Amato spa, noleggiatore della nave, affidandosi a sei motivi.

Resiste con controricorso la Base spa, già srl.

La società ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Osserva il Collegio che la questione centrale posta al suo esame è la seguente:

un noleggiatore a tempo può andare assolto da ogni responsabilità per avere di fatto deliberatamente dissimulato la propria qualità di vettore nei confronti del terzo, in questo caso il ricevitore della mercè? l.-E’ pacifico, in punto di fatto, che la Agenzia marittima Corvetta, costituendosi in giudizio, si dichiarò raccomandataria della D’Amato, il noleggiatore della nave.

Le polizze di carico (25), in virtù delle quali fu attivato il giudizio, furono sottoscritte dall’Agente, per conto del Comandante della nave, che, come è noto, rappresenta, in difetto di altre indicazioni, l’armatore e, quindi, lasciavano individuare nell’armatore della nave il vettore della merce rappresentata dal titolo oggetto del trasporto e che nelle stesse non era richiamato il contratto di noleggio tra la F.lli D’Amato e gli armatori della m/n New Spirit.

Ciò posto, poichè la sottoscrizione delle polizze fatta dall’agente per conto del Comandante equivale ad emissione del titolo in rappresentanza dell’armatore, la BASE aveva agito, evocando in giudizio il vettore, che prima della costituzione della Agenzia, si presentava come tale, (v. Cass. n. 1914/97, puntualmente richiamata in sentenza), ma che, a seguito di quella dichiarazione, si rivelò vettore-apparente.

Nelle polizze, così sottoscritte, non è mai richiamato il contratto di noleggio, per cui l’armatore era il soggetto-vettore, che appariva alla BASE, ricevitrice della merce, per cessione dei suoi diritti da parte dell’ERIDANIA s.p.a..

La BASE, giunta la merce, si rivolse, quindi, in virtù delle polizze che costituiscono idoneo documento probatorio del negozio concluso tra mittente e vettore (Cass. n. 11319/03), alla Kane Radonicich Holme s.r.l., perchè ottenesse dagli armatori della nave (apparenti vettori), la proroga dei termini di decadenza, che gli armatori della nave concessero fino ed incluso il 12 dicembre 1997.

La Base, in virtù anche della proroga concessagli, non poteva non agire contro il soggetto che in base alle indicazioni contenute nelle polizze risultava vettore.

2.-A fronte di questa ricostruzione della vicenda, assume la ricorrente (primo motivo), in estrema sintesi, che erroneamente il giudice dell’appello avrebbe ritenuto sussistere in capo alla Kane Radonicich Home srl il potere di rappresentarla, con l’effetto che l’accordo di proroga sarebbe stato concluso per conto degli armatori della nave e di nessun altro, come invece avrebbe dovuto essere, per cui esso non sarebbe vincolante nei suoi confronti, terzo estraneo e che, quindi, avrebbe dovuto quel giudice confermare l’eccezione di decadenza accolta dal giudice di primo grado.

Il motivo va disatteso per la semplice ragione che la Corte territoriale non ha affatto riconosciuto in capo alla Kane il potere di rappresentare l’attuale ricorrente, ma ha solamente riconosciuta la validità della proroga concessa dalla stessa per conto degli armatori, che, per quanto si evinceva dai titolo, erano i soli soggetti legittimati a concederla.

Non solo, ma la sentenza impugnata pone in rilievo che, non essendo nelle polizze alcun richiamo al contratto di noleggio tra gli armatori e la D’Amato, che ha tenuto celato nel giudizio di primo grado la sua qualità di noleggiatore e che nemmeno la Agenzia, quale raccomandataria della F.lli D’Amato, ebbe ad indicare il suo nome nel sottoscrivere le polizze, la richiesta di proroga non poteva non essere effettuata se non nei confronti degli armatori.

La statuizione appare ineccepibile e corretta sotto il profilo logico- giuridico, poichè è coerente con l’indiscutibile rilevanza del principio di buona fede, il quale, come uno dei principi già ritenuti e considerati immanenti nel sistema, a seguito della novella dell’art. 111 Cost., comma 1, ha assunto rilievo costituzionale, in quanto posto a tutela dell’affidamento del terzo incolpevole, che, nel caso di specie, si individua nella BASE, alla quale non constava dai titoli in suo possesso la esistenza del contratto di noleggio, anzi il contrario perchè le polizze furono sottoscritte dall’Agenzia per conto del Comandante, che notoriamente rappresenta l’armatore, e lasciavano individuare nell’armatore della nave il vettore della merce, stante, per l’appunto, il silenzio dell’Agenzia sottoscrittrice.

In effetti, la BASE ha agito contro il soggetto che in base alla letteralità delle polizze risultava vettore.

Allorchè la D’Amato ha svelato di essere essa il noleggiatore della nave, non poteva restare immune il suo comportamento da ogni contrattuale responsabilità nei confronti della ricevitrice della merce.

2.-In quanto strettamente collegato al primo motivo, che come visto, si incentra sulla non validità della proroga, ritiene il Collegio che vada esaminato il terzo.

Con esso la ricorrente si duole del fatto che nell’atto introduttivo della BASE non sia stato precisata la identità di nessuno dei soggetti “armatori e/o noleggiatori e/o vettore”, con l’evidente impossibilità in base alla predetta vocativo in jus di capire chi fosse effettivamente il soggetto passivo sostanziale, asseritamene rappresentato dall’agenzia in qualità di raccomandatario nei cui confronti l’attrice, ovvero la BASE, intendeva indirizzare la domanda di risarcimento.

Avendo, a suo avviso, la sentenza impugnata omesso di rilevare la suddetta nullità, ammesso anche essa fosse stata sanata ex post con la costituzione di essa ricorrente, avvenuta in giudizio il 7 maggio 1998, la proroga non avrebbe effetto, perchè, comunque, sarebbe spirato il concesso termine.

Al riguardo, osserva il Collegio, che , per come anche argomentato dal giudice dell’appello, la nullità della citazione, quando è chiamato in giudizio il raccomandatario, che non ha indicato nella polizza il nome del rappresentato, senza l’indicazione dell’armatore o del vettore, si verifica solo quando sia impossibile identificare il soggetto di cui al raccomandatario si attribuisce la rappresentanza, ma non quando, attraverso la citazione o altri atti, la identificazione possa avere luogo, purchè avvenga prima del momento della decisione (Cass. n. 131/98).

Nella specie, già nella comparsa di costituzione l’Agenzia ebbe a rendere noto di essere raccomandataria della F.lli D’Amato, noleggiatore a tempo della nave, e, quindi, andava esclusa la predetta nullità, anche perchè si è realizzato pienamente il contraddittorio ed il fatto che nelle conclusioni la BASE avesse chiesto la condanna della F.lli D’Amato era solo un atto di precisazione del soggetto, effettivo soggetto passivo dell’azione , rivelatosi in sede di primo grado dalla comparsa di costituzione dell’Agenzia e non conoscibile in precedenza dalla BASE al momento della citazione, come già posto in rilievo.

Ne consegue che il terzo motivo va respinto.

3.- Ma, anche il secondo motivo va disatteso.

Con esso la ricorrente lamenta che si rinverrebbe una contraddizione nella statuizione del giudice dell’appello, laddove ha riconosciuto che bene la BASE avesse ritenuto l’armatore il vettore apparente, ma, poi, ha condannato l’attuale ricorrente come vettore effettivo e non già il vettore apparente.

La censura è suggestiva, ma infondata.

Di vero, una volta che è risultato che l’armatore era un vettore apparente sulla base delle polizze di carico e che, pertanto, bene aveva fatto la BASE a richiedere a lui la proroga del termine, solo a lui la società attrice avrebbe potuto rivolgersi.

E ciò senza trascurare di sottolineare che, a causa della condotta dell’attuale ricorrente, l’apparenza è durata, per come riporta la sentenza impugnata,, che sul punto non riceve contestazioni dalla ricorrente, fino a tutto il giudizio di primo grado.

Ne consegue che il giudice dell’appello, ritenuta opponibile al vero vettore la proroga concessa dall’apparente vettore, ha condannato il vettore effettivo della merce, ovvero la F.lli D’Amato, noleggiatore della nave, in quanto solo il vettore effettivo è responsabile nei confronti della perdita della merce oggetto del trasporto (v. Cass. n. 7556/97, in motivazione).

4.- Con il quarto motivo la ricorrente si duole del fatto che il giudice dell’appello abbia respinto la sua eccezione, che qualifica di difetto della legittimazione attiva, attinente alla mancata titolarità in capo alla BASE del diritto azionato.

In sintesi, la ricorrente afferma che dall’atto di cessione dei diritti da parte dell’ERIDANIA non risulterebbe che la BASE avrebbe potuto agire contro il noleggiatore e non sarebbe quindi, stata provata l’avvenuta cessione di tale azione a favore della BASE. In merito, osserva il Collegio che è la stessa frase del documento, trascritta nel ricorso, che esclude la interpretazione che ne da la ricorrente, laddove l’atto di cessione ha per contenuto “ogni e qualsiasi diritto nei confronti dell’armatore/vettore marittimo”.

5.-Con il quinto motivo la ricorrente si lamenta che il giudice dell’appello avrebbe erroneamente ritenuto provato sia l’ammanco della merce che la sua responsabilità in quanto vettore marittimo e tale censura è proposta sia sotto il profilo dell’errore di diritto che di quello del vizio di motivazione.

Al riguardo, osserva il Collegio che è sufficiente leggere le argomentazioni della sentenza impugnata per verificare che il giudice dell’appello ha esaminato le certificazioni doganali prodotte relative allo sbarco nel porto di (OMISSIS) e allo sbarco nel porto di (OMISSIS).

Dalle stesse ha dedotto che si evince con chiarezza l’entità del danno ed, in difetto di prova liberatoria, ha ritenuto evidente la responsabilità del vettore.

Peraltro, nell’affrontare la eccezione da essa proposta, ovvero che la responsabilità sarebbe limitata dalla apposizione di clausole quali “said to be” e “quality and quantity unknow”, che a suo dire avrebbero privato di efficacia probatoria le indicazioni relative al peso della merce, inserite nelle polizze di carico, ha avuto cura di statuire che non è valida una riserva a stampa, allorchè essa riguarda il peso della merce caricata alla rinfusa, come nella specie, atteso che sussiste la possibilità per il Comandante di effettuare una verifica tra peso dichiarato e peso effettivo mediante la lettura della scala di immersione della nave.

Ed, inoltre, circa la sussistenza del cd. calo naturale il giudice a quo ha respinto la eccezione, atteso che la F.lli D’Amato ha completamente omesso di indicare elementi oggettivi a riprova di tale asserito accadimento (p. 11 sentenza impugnata).

Del resto, le argomentazioni svolte nella censura riguardano solo una diversa valutazione della valenza probatoria dei documenti acquisiti al processo e non inficiamo la motivazione della decisione, che appare appagante sotto il profilo logico-giuridico.

6.- Il sesto motivo appare generico, perchè non coerente con il criterio dell’autosufficienza.

Infatti, la ricorrente non adduce alcun elemento che possa inficiare la valutazione dei documenti doganali effettuata dal giudice del merito, ma si limita a riportare il dettato normativo di cui soprattutto all’art. 442 c.c..

Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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