Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4900 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. III, 28/02/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 28/02/2011), n.4900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30849/2006 proposto da:

MESSINA IGNAZIO E C. S.P.A. (OMISSIS), in persona del Presidente

e legale rappresentante pro tempore M.P., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio

dell’avvocato MENGHINI Mario, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati MORDIGLIA MASSIMO, PALANDRI PIETRO, UVA CARLO giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

IMPRESA UNO S.R.L., INTERCOSPED S.R.L. (OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 1043/2007 proposto da:

INTERCOSPED S.R.L., in persona del Presidente e legale rappresentante

Rag. P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 14/7 SC. B, presso lo studio dell’avvocato BARBANTINI

Maria Teresa, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

SIBOLDI ENRICO, SUTICH GIAN CARLO giusta delega a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

IGNAZIO MESSINA E C. S.P.A., IMPRESA UNO S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 687/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA

Sezione Prima Civile, emessa il 14/6/2006, depositata il 22/06/2006,

R.G.N. 241/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato MARIO MENGHINI;

udito l’Avvocato MARIA TERESA BARBANTINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Genova con sentenza 24 agosto 2004 rigettava la domanda proposta dalla Ignazio Messina s.pa., vettore, su richiesta dello spedizioniere Intercosped s.r.l., volta ad ottenere da parte di questa società il pagamento di euro 19.285, 18 a titolo di controstallie, maturate dai suoi containers, con cui era stato trasportato grano ad (OMISSIS), perchè la merce non era stata ritirata dalla S.TEN.SOGESCOUD SARL di (OMISSIS).

Su gravame della Messina la Corte di appello di Genova con sentenza del 22 giugno 2006 ha confermato, con diversa motivazione, la decisione di primo grado.

Ricorre contro di essa la Messina, affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso la Intercosped, che, a sua volta, propone ricorso incidentale condizionato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi vanno riuniti ex art. 335 c.p.c..

1.-La questione principale del presente ricorso concerne sia il difetto di legittimazione passiva della Intercosped, sia se il rapporto di messa a disposizione dei containers intercorso tra spedizioniere e vettore debba qualificarsi come autonomo contratto di locazione mobiliare, come l’ha qualificato il giudice dell’appello con la possibilità di ritenere provato, a questo solo fine, il conferimento di un mandato con rappresentanza da parte del mittente e su di essa, in sintesi, sono centrati i primi tre motivi, che vanno esaminati congiuntamente per la loro interconnessione.

Si chiede, infatti, la ricorrente, una volta ritenuto distinto il contratto di trasporto da quello di locazione dei containers, se questa locazione vada considerata “come operazione accessoria al contratto di trasporto”, che lo spedizioniere conclude in nome proprio e per conto del mandante, per cui (terzo motivo) lo spedizioniere in tale veste si obbligherebbe anche nei confronti del terzo e, quindi, sarebbe obbligato in proprio al pagamento del corrispettivo relativo all’utilizzo dei containers, ivi inclusi i compensi per ritardata restituzione.

In ordine a questa problematica il Collegio ritiene opportuno segnalare il percorso argomentativo della sentenza di primo grado, come riportato nella decisione oggi soggetta a scrutinio e che è stata confermata con una v’ratio decidendi correttiva e, per quanto occorra, sostitutiva” (p. 14 sentenza impugnata).

2.-Il giudice di primo grado ritenne fondata ed accolse la eccezione di difetto di legittimazione passiva della Intercosped, avendo presente l’art. 446 c.n., in virtù del quale il compenso delle controstallie: è dovuto dal caricatore o dal destinatario a seconda del fatto che, spirato il termine di stallia, non sia stata ultimata la consegna o la discaricazione della merce.

Trattandosi, per ciò che concerne il trasporto di cose, di un contratto a favore di terzo e mancando la richiesta di riconsegna della merce da parte del destinatario, i diritti nei confronti del vettore rimangono in capo al mittente.

La Messina non ha proposto domanda nei confronti del mittente-la Impresa Uno – e la Intercosped non era l’originario contraente del contratto di trasporto, perchè solo spedizioniere, come puntualmente documentato dalla natura della polizza di carico che nello spazio indicato al nominativo del caricatore (shipper) menziona la Impresa Uno e non la Intercosped.

Nè la Messina aveva provato che fosse proprio la Intercosped, quale spedizioniere, il soggetto incaricato di prelevare la merce, ma, anzi, aveva sostenuto che i destinatari non lo fecero mai al punto di individuare in essi i soggetti legittimati a farlo, nonchè coloro che ai sensi dell’art. 446 c.n., in caso di forzata giacenza, sono tenuti al pagamento.

Questo argomentare del giudice di primo grado, che concludeva nell’escludere la legittimazione passiva della Intercosped per difetto di prova nè documentale nè testimoniale (p. 8-9 sentenza impugnata), a fronte dei motivi di gravame proposti, è stato ritenuto fondatamente censurabile e rilevante nei confronti del percorso motivazione seguito nella sentenza appellata.

Tuttavia, quest’ultima è stata confermata dal giudice dell’appello in base ad una diversa ratio decidendi, corroborata dai seguenti rilievi.

3.-Il giudice dell’appello, dopo aver preso atto di un suo orientamento già espresso in precedenza circa una controversia in cui la Messina era parte, e che avrebbe deposto per l’accoglimento del gravame, ha ribadito i principi espressi in quella sede, come pertinenti in modo destruens nei confronti del percorso motivazionale seguito dal primo giudice, ma ha qualificato il contratto e il contenuto della domanda in modo completamente diverso da quanto richiesto dalla parte, per così dire disconoscendo la applicabilità al caso di specie delle norme del codice della navigazione e riportando la vicenda nell’ambito del codice civile in tema di locazione.

Al riguardo, e fatta la precisazione di cui sopra, ha individuato la causa petendi della controversia nel dato fattuale della mancata rimessione dei containers nella disponibilità del vettore (la Messina), che li aveva forniti e nel presupposto giuridico della responsabilità a tale titolo dello spedizioniere (la Intercosped), contraente il trasporto marittimo.

Preso atto di ciò, il giudice a quo ha ritenuto che la Messina- vettore- abbia posto in essere un contratto di locazione mobiliare autonomo, giuridicamente, rispetto al dedotto contratto di trasporto ancorchè ad esso collegato.

Una volta ciò ritenuto, ha verificato, sottolineando la carenza di prova documentale, se poteva ritenersi sussistere o meno un mandato con rappresentanza, ovvero accompagnato da un conferimento di potere rappresentativo della preponente (la società venditrice della merce- la Impresa Uno) allo spedizioniere – la Intercosped – e ha deciso, nel senso della sussistenza di tale mandato in mancanza di qualsiasi dato significativo di segno contrario e in base ai seguenti elementi – così si legge in sentenza:

a) la scelta della containerizzazione attiene all’ambito di discrezionalità del mittente secondo la sua valutazione sia in ordine ai costi che alla conservazione della merce (nella specie, pasta di semola di grano duro);

b) tale scelta è estranea alle c.d. obbligazioni accessorie di cui all’art. 1737 c.c.;

c) la rilevanza della indicazione di Impresa UNO come caricatore della polizza;

d) lo sviluppo della vicenda in cui lo spedizioniere si spogliò della detenzione degli originali della polizza, per cui perse ogni possibilità giuridica di gestire la sorte del carico nel luogo di destinazione.

A fronte di questi elementi motivazionali della impugnata sentenza ritiene il Collegio che la risposta al quesito di cui al primo motivo debba essere data avendo presente la nozione di spedizioniere quale indicata nell’art. 1737 c.c., che, come è noto, prevede tra l’altro l’obbligo di eseguire le “operazioni accessorie” relative al contratto di trasporto che deve concludere in nome e per conto del mittente.

Sulla formula “operazioni accessorie” la dottrina si mostra divisa, ma ritiene il Collegio che la norma codicistica vada collegata e letta anche alla luce della L. n. 1442 del 1942, art. 1 (istituzione di elenchi autorizzati degli spedizionieri), nel quale vengono indicate come attività di spedizione “la stipulazione del contratto di trasporto con il vettore, il compimento della spedizione e delle operazioni accessorie”.

Stando, quindi, al piano normativo il compimento di operazioni accessorie è previsto come unico oggetto di un contratto di spedizione, con la logica deduzione, però, che di “accessorietà” in tutte e due le definizioni (codicistica e legislativa) non si parla in senso tecnico-giuridico, presente in altri rapporti giuridici, che comportano un collegamento, oltre che pratico e funzionale, anche giuridico fra elementi posti in relazione di principale e subordinato.

Pur ribadendosi che la stipulazione del contratto di trasporto è la operazione principale dello spedizioniere, la nozione di accessorietà nell’ambito del rapporto di spedizione non è quella di accessorietà ad una operazione principale ravvisata nel contratto di trasporto.

Infatti, l’elemento giuridico accessorio (cosa o rapporto obbligatorio, come nella specie la “locazione mobiliare”), in riferimento al contratto di trasporto è per definizione eventuale, mentre le operazioni dette nella legge accessorie, sempre per la legge stessa vengono ritenute essenziali e, quindi, irrinunciabili in un rapporto di spedizione tanto se taluna di esse costituisce il solo oggetto di un contratto (art. 1374 c.c.) quanto se il contratto ha per oggetto in primo luogo il compimento di un contratto di trasporto.

In altri termini, il lemma “accessorietà” se può indicare la subordinazione di elementi ad uno o ad altri, principali (accessorietà giuridica) può anche indicare la mera accessione al trasporto di una molteplicità di operazioni tutte collegate, che possono essere poste in essere da una pluralità di soggetti, di cui principali sono, se del caso, vettore e spedizioniere e che possono tradursi in più contratti autonomi fra loro e relativi a prestazioni diverse, anche se tutti aventi ad oggetto prestazioni funzionali alla spedizione della stessa merce.

Il che non significa affatto, come opina qualche autorevole autore, che in mancanza di una dichiarazione di volontà contrattuale, dalla legge possa presumersi la volontà dei contraenti il contratto di spedizione di sottoporre al regime dello stesso tutte le operazioni accessorie, ma, a parere del Collegio, che debba ritenersi che è lo stesso legislatore, in relazione alla particolare natura del contratto, a lasciare alla autonomia delle parti di determinare ciò che è giuridicamente accessorio e ciò che è praticamente accessorio, ma non giuridicamente tale.

Infatti, deve riconoscersi che la ratio della disciplina è quella di connettere certe operazioni a un trasporto di cose, operazioni che, in virtù della scelta autonoma delle parti, possono essere praticamente collegate senza dare luogo ad un negozio unico, là dove la causa negotii è solo quella di concludere un contratto di trasporto, ovvero la consegna della merce da un luogo ad un altro, da un soggetto ad un altro.

Ciò detto, è evidente che le modalità di trasporto, rientrando nella autonomia contrattuale, possono essere variamente definite e ridefinite dallo spedizioniere e trovare l’accordo del vettore o proposte dal vettore e trovare l’accordo dello spedizioniere (ovviamente, a meno che lo spedizioniere non sia anche vettore, il che non è risultato nel caso in esame, contrariamente a quanto deduce la ricorrente nel terzo motivo), con l’effetto se per il trasporto viene concordata, perchè risultante operazione accessoria, una locazione di beni mobili ove allocare e tenere in consegna e in custodia gli stessi, in quanto ritenuta fruttuosa per il buon esito della consegna, questa locazione è una operazione accessoria in senso lato e non già in senso stretto, come esattamente ha rilevato la sentenza impugnata.

I giudici dell’appello sono giunti a questa conclusione attraverso una indagine in fatto che, come si è visto, non è sostanzialmente smentita nella sua logicità e coerenza dalla censura, nella quale si ribadisce che si trattava di accessorietà giuridica e che si tratterebbe, comunque, di contratti collegati in luogo di un unico contratto.

Di vero, una volta ritenuto che, nella specie, non si rinviene una accessorietà giuridica, in quanto la locazione dei containers non era funzionalmente necessaria ed imprescindibile, e preso atto che la documentazione all’uopo prodotta non suffragava, in assenza di qualsiasi dato significativo, la tesi dell’appellante, ora ricorrente, documentazione che consentiva il contrario, come rilevato puntualmente dal giudice di appello (p. 13-14 sentenza impugnata),, viene a cadere anche il discorso sul c.d. contratto collegato, in quanto il collegamento, che pure si rinviene, è un collegamento pratico, fattuale, non imprescindibile per l’attuazione del contratto di trasporto che lo spedizioniere ebbe a concludere.

Peraltro, e sotto il profilo del vizio di motivazione la sentenza impugnata sfugge ad ogni censura, dovendosi sottolineare che, come da giurisprudenza costante di questa Corte, tra le prestazioni accessorie dello spedizioniere sono comprese sì la custodia della merce, oltre altri adempimenti, ma di certo non le modalità dei rischi dell’esecuzione, perchè egli si obbliga solo a concludere con altri, in nome proprio e per conto del mittente – nella specie ciò è incontroverso, il contratto di trasporto.

In altri termini, per quanto concerne la vicenda in esame, la messa a disposizione dei containers non rientrando nelle operazioni accessorie in senso tecnico giuridico di cui alla normativa, anche in mancanza, come sottolinea il giudice dell’appello di dati significativi contrari circa il conferimento di un mandato dal mittente-venditore allo spedizioniere in tal senso, non trova tutela nell’art. 420 c.n., circa la necessità della prova scritta in merito alla procura (secondo motivo).

Del resto, il vizio di motivazione, variamente profilato, non è rinvenibile per la semplice ragione che le considerazioni svolte in appello sono state disattese oltre che alla luce, così trascrive la sentenza impugnata (p. 12), della concettualizzazione presente in dottrina e giurisprudenza, per mancanza di prova documentale in merito al mandato e per difetto di qualsiasi dato significativo con l’effetto che non poteva essere chiamato a rispondere per il compenso di controstallie lo spedizioniere (v. per quanto può desumersi ex adverso, circa l’unico soggetto chiamato a rispondere in tale situazione Cass. n. 4025/85).

In conclusione, su queste censure (primo, secondo e terzo motivo) il ricorso non merita accoglimento.

4.-Circa il quarto motivo, ovvero in merito alla prova del mandato con rappresentanza in ordine al contratto di locazione, la ricorrente ritiene, con il conforto di giurisprudenza che richiama, che tale prova non potesse essere ritenuta legittima perchè fatta su elementi presuntivi, essendo per il contratto di cui all’art. 420 c.c., richiesta la forma scritta ad probationem (p. 19-21 ricorso).

Osserva il Collegio che per il giudice dell’appello il mandato con rappresentanza non riguardava il trasporto, bensì la locazione dei containers ed ha desunto la esistenza del mandato, una volta qualificato il contratto sui containers come locazione mobiliare, sulla base della documentazione in atti, di cui indica i vari elementi significativi (v. p. 13-14 sentenza impugnata), che non sono stati smentiti da dati di segno contrario, ha ritenuto essere sussistente per il rapporto in esame la esistenza di una procura.

In altri termini, e sempre sugli elementi acquisiti al processo, una volta esclusa la operatività dell’art. 420 c.n., logicamente è correttamente è stata data risposta alla censura dell’appellante nei termini e nei limiti della qualificazione giuridica ritenuta configuratasi.

Gli altri profili, sulla violazione dell’art. 1739 e 2697 c.c., risultano assorbiti perchè, alla luce di quanto sopra, sono irrilevanti.

In conclusione, il ricorso va respinto, per cui resta assorbito il ricorso incidentale condizionato, ma sussistono giusti motivi, data la peculiarità della vicenda, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, ma compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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