Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4898 del 03/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4898 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 3068-2012 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, STUMPO VINCENZO, TRIOLO VINCENZO,
DE ROSE EMANUELE, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
PETACCHI TINA, BENEDETTI MATTEO, BENEDETTI LISA
nella loro qualità di eredi di Benedetti Furio, BERTELLONI
FRANCESCO, CARDONE LETIZIO, VATTERONI FAUSTO,
tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso

Data pubblicazione: 03/03/2014

lo studio dell’avvocato VACIRCA SERGIO, rappresentati e difesi
dall’avvocato LALLI CLAUDIO, giusta delega a margine del
controricorso;

– controricorrenti –

GENOVA del 4.2.2011, depositata 1’8/02/2011; ,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Sergio Preden (per delega verbale art.
14 L. 247/12 dell’avv. Emanuele De Rose) che si riporta agli scritti.
Fatto e diritto
La Corte d’appello di Genova ha respinto il gravame proposto
dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Massa che aveva a sua
volta respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore di
Furio Benedetti per il pagamento del contributo a fondo perduto
previsto dall’art. 12 comma 5 lett. b dig. n. 468/1997 in favore dei
lavoratori socialmente utili.
Il giudice di appello ha evidenziato che per percepire il contributo a
fondo perduto in questione non era necessario, all’epoca dei fatti,
l’iscrizione nelle liste di mobilità essendo sufficiente, al contrario, la
dimostrazione di essere stati impegnati entro il 31.12.1997 per almeno
12 mesi in progetti di lavori socialmente utili, di avervi rinunciato e di
aver avviato forme di auto impiego o di microimprenditorialità ovvero,
ancora, di aver partecipato come socio a cooperative di lavoro
precisando che la domanda di contributo doveva essere presentata
proprio con la dimostrazione dell’avvio dell’ attività.
Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps sulla base di un unico
articolato motivo con il quale lamenta la violazione e falsa applicazione
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avverso la sentenza n. 99/2011 della CORTE D’APPELLO di

del combinato disposto del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 12, comma 5,
lett. b) e del D.M.Lavoro 21 maggio 1998, art. 3, commi
4 e 5, con riferimento alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 7, comma 5, e
art. 9, comma 6 lett. b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
In particolare il ricorrente deduce l’incompatibilità, o comunque la non

comma 5, lett. b) con quello di cui della L. 223 del 1991, art. 7, comma
5 in relazione al medesimo evento dell’intrapresa di
un lavoro autonomo da parte del beneficiario.
I contro ricorrenti si sono costituiti per resistere al ricorso.
L’Inps ha depositato anche memoria.
Tanto premesso si osserva che questa Corte già con la sentenza n.
21820 del 2011 ha affermato che agli effetti del beneficio della
corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità nelle misure
indicate dal primo e secondo comma della L. n. 223 del 1991, art. 7,
vanno detratte il numero di mensilità già godute. Inoltre si è precisato
che in tal modo il lavoratore fuoriesce dall’area protetta dal beneficio
previdenziale perché l’avvalersi della facoltà di percepire in un’unica
soluzione l’indennità di mobilità comporta la cancellazione
del lavoratore stesso dalle liste di mobilità (art. 9, comma 9, lett. b della
Legge citata).
Il beneficio, secondo la formulazione testuale della disposizione,
consiste nell’anticipo (facoltativo) di tutte le mensilità dell’indennità di
mobilità al fine di agevolare, ed incentivare, la creazione di opportunità
di lavoro idonee a rimuovere la situazione di mancata occupazione
del lavoratore in mobilità. La “corresponsione anticipata” prevista
come mera facoltà implica che, ove il lavoratore tale facoltà non
eserciti non avanzando la relativa richiesta, la “corresponsione” non sia

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cumulabilità del beneficio previsto dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 12,

,

più “anticipata” ed operi invece il criterio ordinario della periodicità
mensile per i mesi previsti dal primo e dal comma 2, art. 7.
È la modalità temporale di erogazione della prestazione previdenziale
ad essere modificata dalla richiesta del lavoratore e non già l’insorgenza
del diritto.

determinazione delle modalità e delle condizioni di tale corresponsione
anticipata della prestazione, prevede che l’INPS “dispone il pagamento
in favore dell’interessato della somma dovuta sulla base dell’importo
mensile dell’indennità spettante” (D.M. 17 febbraio 1993, n. 142, art. 2,
comma 3); non è quindi la “spettanza” dell’indennità ad essere in
gioco, ma lo è solo la modalità temporale della sua erogazione.
Questa regola particolare, posta dall’art. 7, comma 5 presuppone
quindi la regola generale del perdurante diritto all’indennità di mobilità
pur in costanza della svolgimento di lavoro autonomo; sicché
il lavoratore in

mobilità

che

intraprende

un’attività

di

lavoro autonomo può rinunciare al beneficio dell’anticipazione e
percepire l’indennità mensilmente, come di norma.
A contrario deve affermarsi che, nell’ipotesi in cui il lavoratore in
mobilità già svolgesse, in costanza di lavoro subordinato,
anche lavoro autonomo e continui a svolgerlo dopo il collocamento in
mobilità, non scatta il beneficio della facoltà di richiedere la
“corresponsione anticipata”: il lavoratore ha diritto all’indennità di
mobilità
erogata con l’ordinaria periodicità mensile e non può chiedere
l’erogazione anticipata di tutte le mensilità spettante gli (cfr già Cass.1
aprile 2004 n. 6463).
Da tale principio si deduce che il beneficio di cui al D.Lgs. n. 468 del
1997, art. 12, comma 5, lett. b), che a sua volta presuppone l’esistenza
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Anche la norma regolamentare, cui l’art. 7 cit., comma 5 rinvia per la

di un progetto di lavoro autonomo, implica pure la costanza del
trattamento di mobilità che invece è escluso, per quanto sopra detto,
dalla corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità. D’altra parte
la non cumulabilità dei due benefici è coerente con la ratio delle due
previsioni entrambe finalizzate a favorire l’intrapresa di attività

per lavoratori socialmente utili.
Sulla base delle esposte considerazioni è stato, pertanto, affermato il
principio di diritto in base al quale “il lavoratore che si avvale della
corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità ai sensi della L. n.
223 del 1991, art. 7, comma 5, e viene conseguentemente cancellato
dalle liste di mobilità ai sensi dell’art. 9, comma 9, lett. b della citata
Legge, non ha diritto all’incentivo una tantum di cui al D.Lgs. n. 468 del
1997, art. 12, comma 5, lett. b).” (cfr. Cass. 4.10.2012 n. 16930).
In conclusione , poiché si intende dare continuità a questo
orientamento il ricorso dell’Inps va accolto. La sentenza cassata e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel
merito e le domande proposte con i ricorsi per decreto ingiuntivo dagli
odierni controricorrenti devono essere rigettate.
Le spese dell’intero processo vanno compensate tra le parti poiché i
ricorsi sono stati proposti prima della pronuncia resa in sede di
legittimità.
PQM
LA CORTE
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel
merito rigetta le domande proposte dagli odierni contro ricorrenti.
Compensa tra el parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma il 30 gennaio 2014

Ric. 2012 n. 03068 sez. ML – ud. 30-01-2014

autonome da parte di lavoratori in mobilità o già inseriti in progetti

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