Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4897 del 01/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 01/03/2010), n.4897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.S. vedova G., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VALADIER 53, presso lo studio dell’avvocato DE BENEDICTIS

CATALDO MARIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ALLEGRA ROBERTO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, giusta mandato in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza definitiva n. 7244/2005 della CORTE D’APPELLO di

ROMA, depositata il 05/03/2006 r.g.n. 2510/03 e non definitiva n.

6868/04, dep. il 28/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato DE VIVO GIOVANNI per delega DE BENEDICTIS CATALDO

MARIA;

udito l’Avvocato RULLI CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, decidendo (dapprima con sentenza non definitiva e poi con sentenza definitiva) sulla domanda proposta da S. M. per ottenere dall’INPS il pagamento di interessi e rivalutazione monetaria sui ratei arretrati della pensione tardivamente erogati (rispetto alla istanza amministrativa del 5.2.1985) nel mese di marzo 1987, ha accolto la domanda stessa limitatamente agli accessori relativi ai ratei maturati nel decennio precedente il primo atto ritenuto validamente interruttivo della (eccepita) prescrizione, identificato dal giudice a quo nel ricorso amministrativo del 5.5.1994.

Per la cassazione di queste sentenze la parte privata ha proposto ricorso fondato su due motivi, illustrati con successiva memoria.

L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Nel primo motivo la ricorrente, formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2934 e 2943 c.c. con riferimento all’art. 1219 c.c., nonchè alle norme sul procedimento amministrativo di cui al D.L. n. 1427 del 1924, art. 78 e al D.P.R. n. 639 del 1970, artt. 44 e 46, come modificato dalla L. n. 88 del 1989, art. 46, commi 5 e 6, (art. 360 c.p.c., n. 3).

Assume che la prescrizione del credito per interessi e rivalutazione monetaria non si è minimamente verificata, essendo stato il ricorso amministrativo del 5.5.1994 presentato nei dieci anni dalla presentazione della domanda amministrativa di pensione, la quale, a sua volta, retroagirebbe i suoi effetti interruttivi al decennio antecedente, così comportando il diritto alla corresponsione degli accessori dal tempo della maturazione dei ratei compresi in tale antecedente decennio (ossia quelli maturati dal 1.3.1975, data, quest’ultima, di decorrenza della pensione).

Nel secondo motivo, con deduzione di vizio di omessa e insufficiente motivazione, si contesta alla sentenza impugnata di non aver giustificato l’omesso esame della domanda amministrativa di pensione sotto il profilo della efficacia interruttiva della prescrizione ad essa collegabile.

I due motivi, da trattare congiuntamente per l’evidente connessione, non sono fondati.

Come questa Corte ha avuto modo di ripetutamente affermare, la domanda amministrativa di pensione rileva, come atto interruttivo della prescrizione, nella vicenda estintiva (per decorso del tempo) del diritto avente ad oggetto i ratei della prestazione previdenziale, mentre vicenda estintiva in tutto distinta ed autonoma ha il credito per interessi e rivalutazione monetaria dovuti a seguito del suo ritardato pagamento. Il diritto all’attribuzione di tali ulteriori componenti, infatti, viene ad esistenza soltanto nel momento in cui si verificano le condizioni legali di responsabilità dell’Istituto debitore per il ritardo nell’adempimento, momento che va identificato – ove l’Istituto medesimo non si sia, nel frattempo, pronunciato – nella scadenza del termine di cento venti giorni dalla presentazione della domanda amministrativa della prestazione previdenziale (vedi Corte cost. sent. n. 156/91, nonchè, fra tante, Cass. Sez. un. sent. nn. 8587 del 1991, 1322 del 1997, 10955 del 2002; Cass. sent. nn. 2801 del 1994, 6992 del 1998, 3437 del 1999, 1804 del 2001); conseguendone che la prescrizione del relativo credito (identica, nella durata, a quella del credito capitale) decorre solamente dalla suddetta scadenza, giusta la previsione dell’art. 2935 c.c. (da ultimo Cass. sent. n. 11680 del 2008 e n. 1711 del 2009 in fattispecie analoghe) ed è soggetta a vicende interruttive non identificabili, in particolare, nel pagamento della sola sorte capitale (Sez. un., sent. n. 10955 del 2002 cit.), ovvero nella comunicazione, da parte dell’INPS, dell’accoglimento della domanda amministrativa di pensione (Mod. CI 28) che non contenga alcun riferimento agli accessori, non valendo un atto di simile contenuto ad esprimere, in modo inequivoco, la volontà dell’ente previdenziale di ammettere l’esistenza di un residuo credito del destinatario riferito alle componenti non espressamente indicate e di estendere ad esse il riconoscimento della pretesa (Cass. sent. n. 8662 del 2005; n. 17948 del 2006; n. 23158 del 2007 e successive numerose altre conformi, con cui si è superato il difforme principio di cui a Cass. n. 6047 del 2007).

Si aggiunga, quanto al dedotto vizio di motivazione, che nè dalla sentenza della Corte d’appello, nè dal ricorso per cassazione risulta che la questione concernente l’idoneità della domanda amministrativa di pensione ad interrompere la prescrizione del credito per rivalutazione ed interessi abbia formato oggetto di espresso e specifico motivo di impugnazione della sentenza resa dal giudice di primo grado. Nè si tratta di questione (implicitamente) connessa con quelle devolute all’esame del giudice di secondo grado, dovendo escludersi, come già detto, che la domanda di pensione possa sortire un qualsiasi effetto sulla vicenda estintiva di un credito non ancora sorto al tempo della sua presentazione; per cui nessuna ragione aveva la Corte d’appello di Roma di occuparsene, procedendo al suo esame di ufficio.

In conclusione la pretesa di riconoscimento del diritto a rivalutazione ed interessi sui ratei maturati dalla data di decorrenza della pensione (1.3.1975) è priva di giuridico fondamento, conseguendone il rigetto del ricorso.

Nulla per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003, nella specie inapplicabile ratione temporis).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso, in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2010

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