Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4896 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. III, 28/02/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 28/02/2011), n.4896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 34089/2006 proposto da:

G.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA NIZZA 45, presso lo studio dell’avvocato FIORENTINI

Stefano, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

COND. (OMISSIS), (OMISSIS), in persona

del suo amministratore pro tempore ing. M.L., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BANCO SANTO SPIRITO 48, presso lo studio

dell’avvocato BARDANZELLU Giovanni, che lo rappresenta e difende,

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2365/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

Sezione Prima Civile, emessa il 27/09/2006, depositata il 30/09/2006;

R.G.N. 1474/2004.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/12/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato Giovanni BARDAELLU;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI

Massimo, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.L. propose impugnazione dinanzi alla Corte d’Appello di Milano avverso la sentenza del Tribunale di Milano, sezione distaccata di Cassano d’Adda, con la quale era stata rigettata l’opposizione all’esecuzione proposta dallo stesso G. nei confronti del Condominio (OMISSIS). Dedusse l’appellante che a fondamento del precetto oggetto dell’opposizione, notificato il 15 febbraio 2003, era stata posta la sentenza n. 9747/2002 del Tribunale di Milano, con la quale era stato rigettato l’appello proposto dal G. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Cassano d’Adda; che la sentenza d’appello, così come quella di primo grado, erano pronunce dichiarative di diniego dell’accertamento del diritto affermato dall’attore all’allacciamento alla canna fumaria condominiale del condotto di esalazione degli scarichi del proprio appartamento e quindi non esecutive nemmeno quanto al capo di condanna alle spese, il cui pagamento era stato richiesto con l’atto di precetto; che, in aggiunta a tale motivo, l’atto di precetto mancava delle indicazioni atte ad identificare il soggetto procedente, in quanto vi era soltanto il generico riferimento all’amministratore di condominio;

infine, che l’atto di precetto era stato notificato unitamente alla sentenza d’appello non anche alla sentenza di primo grado, che, congiuntamente all’altra, integrava il titolo esecutivo posto a base del precetto medesimo.

La Corte d’Appello di Milano, nel confermare la sentenza impugnata, ha ribadito la natura di condanna della sentenza di appello posta a fondamento del precetto, in quanto confermativa di una pronuncia di primo grado contenente un’inibitoria; ha confermato la qualificazione degli altri due motivi di opposizione in termini di opposizione agli atti esecutivi e quindi la tardività della relativa proposizione, poichè l’opposizione era stata proposta con atto di citazione notificato il 27 febbraio 2003, mentre l’atto di precetto che ne era oggetto era stato notificato il 15 febbraio 2003.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano propone ricorso per cassazione G.L., a mezzo di tre motivi. Si difende con controricorso e con memoria ex art. 378 c.p.c., il Condominio (OMISSIS).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso è dedotto il vizio di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 282 c.p.c., con riguardo all’inidoneità della sentenza d’appello non recante statuizioni di condanna al pagamento di somme a costituire titolo esecutivo per le sole spese giudiziali.

Il motivo è infondato.

La sentenza d’appello del Tribunale di Milano, azionata con atto di precetto notificato contestualmente, conferma una sentenza di primo grado il cui dispositivo, per quel che rileva, è del seguente letterale tenore: “omissis. ..2) inibisce al medesimo, siccome pericoloso, l’uso dell’attuale condotto di scarico dei fumi provenienti dalla cappa di cucina e dalla caldaia del suo scaldabagno a gas nella canna fumaria condominiale destinata all’esclusiva espulsione dei fumi provenienti dalla caldaia dell’impianto condominiale di riscaldamento…omissis”. Orbene, l’inibitoria altro non è che una condanna ad un non facere rivolta al futuro, sicchè la relativa statuizione ha la natura e gli effetti di ogni sentenza di condanna, costituendo titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., n. 1, ed essendo suscettibile di esecuzione forzata ai sensi dell’art. 612 c.p.c.. Poichè l’esecutività ex art. 282 c.p.c. (per la sentenza di primo grado) e art. 373 c.p.c. (per le sentenze di secondo grado) consiste nella idoneità a fondare un procedimento di esecuzione forzata, necessario ad adeguare la realtà al decisum, è corretto quanto affermato nella sentenza oggetto della presente impugnazione in merito alla natura della sentenza posta a base dell’atto di precetto. Nè rileva che il detto adeguamento della realtà al decisum non consegua alla statuizione in quanto tale bensì alla sua violazione, poichè, in tale ultima eventualità, è proprio il comando di non fare contenuto nella sentenza che consente al creditore della prestazione di agire in via esecutiva ai sensi dell’art. 612 c.p.c., quindi di avvalersi della sentenza proprio come titolo esecutivo per l’esecuzione forzata dell’obbligo di non fare.

1.1 Data la natura di condanna del capo principale della sentenza posta a base del precetto – intimato per il pagamento delle spese processuali liquidate con la sentenza di secondo grado, vale a dire minacciando l’esecuzione per il capo accessorio della sentenza – non è immediatamente rilevante ai fini della decisione la nota questione relativa alla immediata efficacia esecutiva della condanna alle spese contenuta in una sentenza meramente dichiarativa. Peraltro, il motivo dell’opposizione all’esecuzione e quindi dell’appello del G. appare infondato anche sulla scorta della considerazione che l’orientamento giurisprudenziale che negava l’esecutorietà del capo della sentenza relativo alla condanna alle spese (cfr. Cass., 2^ sez., 12 luglio 2000, n. 9236) è stato superato a far data dalla sentenza di questa Corte n. 21367 del 10 novembre 2004, (seguita da numerose altre, tra cui le sentenze n. 16262/05, n. 26415/08, n. 1283/10, nonchè anche, in motivazione, Sezioni Unite del 22 febbraio 2010 n. 4059). Giova aggiungere che la questione si era posta con riferimento alle sentenze di primo grado in ragione dell’intervenuta modifica dell’art. 282 c.p.c., ma aveva finito per coinvolgere anche interpretazioni pure condivise prima della riforma del 1990 per la sentenza di secondo grado (nel vigore del testo originario del codice: di rito, e dell’art. 373 c.p.c., essendo scontata la provvisoria esecutività delle sentenze di secondo grado, si era infatti affermato che questa valeva per la condanna alle spese, anche quando la sentenza fosse di rigetto dell’appello: cfr. Cass. 26 ottobre 1960 n. 2903, Cass. 12 giugno 1962 n. 1457, Cass. 5 luglio 1980 n. 4290); comunque il richiamato orientamento di questa Corte consente di affermare che i provvedimenti di condanna a natura “accessoria”, quali quelli concernenti le spese di giudizio, quando contenuti in una sentenza di accertamento o costitutiva, sono esecutivi anche prima del passaggio in giudicato della sentenza che li contenga, senza alcuna distinzione tra la norma dell’art. 282 c.p.c. e quella, ormai omologa, dell’art. 373 c.p.c., comma 1.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 125 e 480 c.p.c. con riguardo all’art. 615 c.p.c. per l’omessa indicazione nell’atto di precetto dell’identità del legale rappresentante del condominio.

Il richiamo alla norma dell’art. 615 c.p.c., è infondato poichè il vizio lamentato dall’opponente, contrariamente quanto da questi sostenuto in ricorso, non attiene affatto ad uno dei presupposti dell’azione esecutiva, vale a dire alla legittimazione ad agire in executivis della parte che minaccia l’esecuzione, poichè è indiscusso ed indiscutibile che tale parte sia il Condominio resistente. Piuttosto, attiene ad un’irregolarità formale dell’atto di precetto, deducibile con l’opposizione agli atti esecutivi (si veda, in termini, Cass. 23 giugno 1999 n. 6396, per la quale “le questioni relative all’atto di precetto, del quale sia stata denunciata la nullità per mancanza dell’indicazione del nominativo del legale rappresentante del soggetto che aveva rilasciato la procura, si configurano come opposizione agli atti esecutivi e devono essere proposte nel termine di cinque giorni dalla notificazione del precetto”), che avrebbe dovuto essere fatta valere nel termine di cinque giorni all’epoca fissato dall’art. 617 c.p.c., con decorrenza dalla notificazione dell’atto di precetto, poichè è questo che si assume viziato. Non avendo l’opponente rispettato tale termine nel proporre l’opposizione, come già rilevato dalla Corte d’Appello, la riqualificazione di essa in termini di opposizione agli atti esecutivi ne comporta l’inammissibilità.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 474, 282 e 615 c.p.c., con contestuale insufficienza e/o contraddittorietà di motivazione in ordine alla mancata notifica della sentenza n. 69/1988 del Giudice di Pace quale parte essenziale del preteso titolo esecutivo.

Valgono con riguardo al terzo motivo del ricorso le considerazioni appena svolte in merito al secondo, poichè è infondato il richiamo della norma dell’art. 615 c.p.c., essendo il vizio lamentato dal ricorrente riconducibile a quelli di cui al già richiamato art. 617 c.p.c.. La notificazione del titolo esecutivo è richiesta dall’art. 479 c.p.c., per la regolarità della procedura esecutiva, sicchè la violazione della norma in discorso costituisce un vizio procedurale da far valere con opposizione agli atti esecutivi (cfr., tra le tante, Cass. 30 maggio 1995 n. 6072, Cass. 28 luglio 1997 n. 7047, Cass. 24 novembre 2005 n. 24812); anche in tale ipotesi il termine per la proposizione dell’opposizione, malgrado la denuncia attenga alla notificazione del titolo esecutivo, decorre dalla notificazione dell’atto di precetto (cfr. Cass. 15 luglio 1997 n. 6451, Cass. 24 maggio 2003 n. 8239).

3.1 Resta così assorbita la questione di merito sottesa al motivo di ricorso in parola, peraltro correttamente affrontata nella sentenza oggetto della presente impugnazione sia sotto il profilo di diritto della sufficienza della notificazione del titolo esecutivo costituito dalla sentenza di secondo grado, anche quando questa abbia integralmente confermato la sentenza di primo grado, che sotto il profilo di fatto dell’avvenuta pregressa notificazione della sentenza di primo grado.

4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorario, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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