Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4896 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 27/02/2017, (ud. 01/12/2016, dep.27/02/2017),  n. 4896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25266-2012 proposto da:

SERVIRAIL ITALIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE C.F. (OMISSIS), in persona

del Liquidatore e legale rappresentante T.J.S.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20,

presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ SCHITTONE, che la rappresenta

e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.N., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

S. LO BIANCO 30, presso lo studio dell’avvocato BARBARA RAUCCIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO BERARDI, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

e contro

COMPAGNIA INTERNAZIONALE CARROZZE & TURISMO S.A. C.I.C.L.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 317/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/05/2012 R.G.N. 888/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato VOLPETTI ENRICO per delega Avvocato SCHITTONE

NICOLO’;

udito l’Avvocato RAUCCIO BARBARA per delega Avvocato BERARDI ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo rigetto del resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza depositata il 3/5/2012, confermò la decisione del giudice di primo grado, che, in accoglimento del ricorso proposto da S.N. volto all’accertamento della nullità del termine apposto a plurimi contratti di lavoro a tempo determinato intercorsi con la convenuta, Compagnia Internazionale delle Carrozze e del Turismo S.A. – C.I.C.L.T., cui era succeduta Servirail Italia s.r.l. a seguito di cessione di ramo di azienda, aveva disposto il parziale annullamento del più risalente tra i predetti contratti, stipulato il 17/7/2007, condannando le società in solido alla corresponsione delle retribuzioni non percepite dal 15/6/2010 al 1/7/2010, nonchè la sola Servirail Italia s.r.l. alla corresponsione dell’ulteriore retribuzione fino al 13/1/2011.

2. La Corte territoriale rilevò il mancato rispetto dell’onere di specificazione previsto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 con riferimento all’assunzione a tempo determinato per ragioni di carattere sostitutivo, riscontrando che non risultavano indicati gli elementi (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire) richiesti al fine di giustificare l’apposizione del termine. La Corte d’appello ritenne, inoltre, che il pagamento dell’indennità onnicomprensiva di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 non poteva essere ritenuto sostitutivo della trasformazione del rapporto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato; escluse la ricorrenza dell’applicabilità dell’invocato art. 32, comma 6 L. citata; rigettò la proposta eccezione di risoluzione del contratto per mutuo consenso; disattese la prospettazione secondo la quale l’illegittima apposizione del termine comporterebbe la nullità dell’intero contratto ex art. 1419 c.c., comma 1.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre Servirail Italia s.r.l. sulla base di quattro motivi. Resiste il S. con controricorso. Compagnia Internazionale delle Carrozze e del Turismo S.A. – C.I.C.L.T. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deduce la ricorrente, con il primo motivo, erronea e carente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5). Violazione e falsa applicazione dei principi in materia di causali di natura sostitutiva D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1 (art. 360 c.p.c., n. 3). Rileva che la Corte d’appello, limitando il proprio esame al primo dei contratti a tempo determinato sottoscritti dalle parti, ha erroneamente ritenuto che il medesimo contenesse un generico richiamo all’esigenza di sostituzione dei lavoratori in ferie, senza tener conto dell’indirizzo esplicitato dalla Corte di legittimità con riferimento alla tutela delle situazioni aziendali complesse, nelle quali non risulta possibile una dettagliata specificazione delle ragioni di natura sostitutiva sottese all’assunzione temporanea.

1.2. La censura è infondata alla luce del costante orientamento di questa Corte in tema di requisiti per l’assunzione di lavoratori a termine in situazioni aziendali complesse, posto che i giudici di merito, con accertamento non oggetto dì contestazione in fatto, hanno osservato che il contratto in disamina fa generico riferimento all’esigenza di sostituzione di lavoratori in ferie, senza che risultino indicati quegli ulteriori elementi (ambito territoriale di riferimento, luogo della prestazione lavorativa, mansioni dei lavoratori da sostituire, diritto dei medesimi alla conservazione del posto di lavoro) richiesti dalla giurisprudenza di legittimità al fine di giustificare l’apposizione del termine per ragioni sostitutive in situazioni aziendali complesse (sulla questione Cass. Sez. L n. 1576 del 26/01/2010, Rv. 611548 “In tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità”). Conseguentemente nessun vizio di violazione di legge, nè di erroneità o carenza motivazionale è ravvisabile.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce erronea e carente motivazione su un punto decisivo della controversia con particolare riguardo alla determinazione dell’indennità risarcitoria di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 (art. 360, n. 5). Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione al valore probatorio dell’art. 19 CCNL applicabile, dei fatti e delle risultanze istruttorie (art. 360 c.p.c., n. 3). Osserva che, tenuto conto che il S. ha sempre percepito la retribuzione, seppur in forza di contratti a tempo determinato, restando inoccupato per pochi mesi, e che dopo la cessazione dell’ultimo contratto a tempo determinato egli non ha offerto la prestazione lavorativa sino al deposito del ricorso, l’indennità avrebbe dovuto essere corrisposta nella misura minima prevista dalla legge. Rileva che, in ogni caso, prevedendo l’art. 19 del CCNL del 16 aprile 2003 che “le aziende forniranno ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato informazioni in merito ai posti vacanti che si rendessero disponibili nell’impresa e considereranno in via prioritaria le eventuali richieste di assunzione a tempo indeterminato”, si sarebbe dovuto ritenere sussistente l’ipotesi prevista dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 6 con conseguente determinazione dell’indennità risarcitoria in un massimo di sei mensilità.

2.2. Il motivo è infondato. E’ da premettere che, quanto alla misura del risarcimento dei danni, la sentenza impugnata dà conto solo della rilevanza nel caso in esame del disposto di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 6 talchè ogni altra questione attinente alla misura del risarcimento assume il carattere della novità e deve ritenersi inammissibile (in tal senso, tra le altre, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4787 del 26/03/2012, Rv. 621718: “Nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti”). Sul punto attinente all’applicazione dell’ultima norma citata va rilevato che la Corte territoriale correttamente ha messo in evidenza come l’art. 19 CCNL non prevede la predisposizione di specifiche graduatorie per l’assunzione nei termini richiesti dal sesto comma del citato art. 32, talchè non può essere invocata la ridotta misura risarcitoria prevista dalla predetta norma.

3. Deduce, altresì, il ricorrente erronea e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia con particolare riferimento alla risoluzione del rapporto per mutuo consenso (art. 360 c.p.c., n. 5) Violazione falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Rileva che la Corte d’appello ha omesso di considerare la circostanza che, per ammissione della stessa controparte, il Saba ha lavorato alle dipendenze della società in forza di vari contratti a termine succedutisi negli anni e, pertanto, ben avrebbe potuto impugnare i contratti suddetti. Non facendolo egli ha dimostrato evidente disinteresse alla trasformazione del rapporto, circostanza significativa del mutuo consenso delle parti in funzione dello scioglimento del rapporto.

3.2. Il motivo è infondato. Il ragionamento dei giudici di merito, infatti, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte in tema di rilevanza della mera inerzia in funzione della ricorrenza dell’ipotesi di mutuo consenso, nonchè di ripartizione dell’onere della prova riguardo agli elementi idonei a configurarlo (in tal senso Cass. Sez. L, Sentenza n. 20704 del 14/10/2015, Rv. 637519 – 01: “Nel giudizio instaurato per la dichiarazione di nullità del termine apposto ad un contratto di lavoro a tempo determinato, affinchè possa configurarsi la risoluzione del rapporto per mutuo consenso, che costituisce pur sempre una manifestazione di volontà negoziale, anche se tacita, è necessaria una chiara e certa volontà consensuale di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, mentre non è sufficiente un atteggiamento meramente remissivo del lavoratore, che non può essere inteso come acquiescenza se finalizzato a favorire una nuova chiamata o addirittura una possibile stabilizzazione”; ancora, Cass., Sez. L, n. 22489 del 04/11/2016, Rv. 641521 – 01: “In tema di mutuo consenso alla risoluzione del rapporto di lavoro, non è sufficiente il mero decorso del tempo fra il licenziamento e la relativa impugnazione giudiziale, essendo necessario il concorso di ulteriori e significative circostanze, della cui allegazione e prova è gravato il datore di lavoro; non costituiscèelemento idoneo ad integrare la fattispecie di tacita risoluzione consensuale il fatto che il lavoratore abbia, nelle more, percepito il tfr, ovvero cercato o reperito un’altra occupazione”).

4. La ricorrente deduce, infine, violazione e falsa applicazione dell’art. 1419 c.c. in relazione alle conseguenze economiche dell’art. 1419 c.c. relative alla nullità delle clausole contrattuali oppositrici del termine (art. 360 c.p.c., n. 3). Erronea e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5). Rileva che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5 prevede la conversione del contratto nullo solo nell’ipotesi di prosecuzione di fatto del lavoro dopo la scadenza del termine oltre un determinato periodo o in caso di riassunzione a termine senza il rispetto del prescritto intervallo, con la conseguenza che, nel silenzio della legge, non essendo prevista alcuna disciplina speciale, non possono trovare applicazione le norme generali in materia di nullità e, in particolare, le disposizioni in materia di nullità parziale o delle singole clausole contrattuali (1419 c.c.).

4.2. La censura è infondata, giacchè la ricorrente fornisce un’interpretazione delle norme in materia di contratto a termine disancorata dal tenore delle stesse e dal complessivo quadro normativo. La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di chiarire che in caso di insussistenza delle ragioni giustificative, e pur in assenza di una norma che ne sanzioni espressamente la mancanza, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, all’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesso, consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (in tal senso, tra le altre, Sez. L, Sentenza n. 7244 del 27/03/2014, Rv. 630083 – 01; Cass. N. 12985 del 2008, Rv. 603541 – 01).

5. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va integralmente rigettato. Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza. In mancanza di svolgimento di attività difensiva nessun provvedimento sulle spese va adottato nei confronti della parte non costituita.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge. Nulla sulle spese nei confronti della parte non costituita.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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