Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4894 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 23/02/2021, (ud. 10/11/2020, dep. 23/02/2021), n.4894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26863/2018 proposto da:

KHUNKEN TECNOLOGY S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato FULVIO BRIANO;

– ricorrente –

contro

A.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 439/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 11/07/2018 R.G.N. 123/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARCO POLANDRI, per delega verbale Avvocato FULVIO

BRIANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 11.7.2018, respingeva il reclamo proposto dalla s.r.l. Khunken Tecnology avverso l’ordinanza del Tribunale di Cuneo, che, in accoglimento del ricorso di A.E., aveva applicato, in favore del predetto, la tutela reale attenuata di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, ritenendo che le ragioni indicate nella lettera di recesso del 13.2.2017 (riassetto organizzativo, soppressione del posto di lavoro presso il cantiere (OMISSIS), impossibilità di avvalersi delle prestazioni lavorative dell’ A. presso altre unità) non erano dimostrate, emergendo peraltro prove contrarie.

2. La Corte osservava che, benchè il provvedimento di recesso fosse oggettivamente connesso ad una dedotta improrogabile riorganizzazione aziendale attuata mediante l’elaborazione di un nuovo modello produttivo più sostenibile economicamente, l’onere probatorio non poteva ritenersi assolto da parte del datore di lavoro quanto alla necessità di sopprimere il posto di lavoro dell’ A., operaio qualificato di terzo livello, con mansioni di saldatore e carpentiere.

3. Rilevava che le altre deduzioni relative alla chiusura del cantiere (OMISSIS) ed alla richiesta di c.i.g.s. erano relative a circostanze intervenute nel settembre 2017, ossia in un momento successivo di molti mesi rispetto al recesso per cui era causa.

4. La carenza probatoria suddetta rendeva assorbite le ulteriori questioni, ivi comprese quelle relative alle proposte di eventuali ricollocazioni.

5. Di tale decisione domanda la cassazione la società, affidando l’impugnazione a due motivi, variamente articolati.

6. L’ A. è rimasto intimato.

7. E’ stata depositata dalla società comparsa di costituzione di nuovo difensore, nella persona dell’avv. Fulvio Briano, in seguito al decesso all’avv. Maria Cristina Guglielmoni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la società denunzia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18,L. n. 604 del 1966, artt. 2 e 3, art. 2118 c.c., art. 12 preleggi, per avere la sentenza impugnata ritenuto manifestamente insussistente il giustificato motivo di licenziamento, per genericità della lettera di recesso, del capitolato e dei documenti allegati dalla società. In particolare, assume che la Corte distrettuale ha ritenuto la motivazione del licenziamento priva di ogni riferimento alla situazione aziendale che avrebbe portato alla riorganizzazione dell’azienda e del modello produttivo che sarebbe risultato a seguito di detta riorganizzazione, laddove essa società aveva dimostrato che la riorganizzazione era originata da una riduzione delle commesse e dalla sussistenza di numerose posizioni creditorie insolute che avevano determinato la necessità di riduzione dei costi e di una ottimizzazione dei rendimenti, in ottemperanza alle strategie concordate durante le assemblee societarie.

1.1. Osserva che la relazione del 13.6.2016, recepita il 3.2.2017 durante un’assemblea straordinaria, indicava come migliore soluzione quella di diminuire il numero dei dipendenti, accorpando alcune mansioni, sopprimendo alcune figure professionali ed esternalizzando altri servizi; aggiunge che l’azienda, prima di rinunziare ad un dipendente tecnico, aveva proceduto ad intimare il licenziamento a due figure amministrative, mantenendo in ferie l’ A., e che aveva regolarmente esperito la procedura conciliativa di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 7.

1.2. Adduce che sia stata provata per tabulas la necessità di ridurre il personale avente professionalità meccaniche che apparivano in disuso perchè le commesse richiedevano esclusivamente personale specializzato nel settore elettrico e che al settore meccanico era assegnato altro lavoratore dotato di professionalità infungibile perchè non operaio qualificato, ma specializzato, e che le circostanze suddette non erano state contestate.

1.3. Peraltro, il licenziamento era conseguenza di valutazioni prognostiche collegate alla modifica delle richieste del mercato delle attività produttive e, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte del merito, erano state dimostrate l’effettività del processo di riorganizzazione, la necessità non contingente di procedere con il licenziamento, (verbale assemblea straordinaria 3.2.2017 e relazione allegata), la riconducibilità della scelta di riduzione del personale alla posizione del lavoratore licenziato, da ciò dovendo discendere al più l’applicazione del regime sanzionatorio previsto dall’art. 18, comma 6 e comma 5, dello Statuto dei lavoratori.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, L. n. 604 del 1966, art. 3 e della L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 4 e 7, osservando che la sentenza ha equiparato la ritenuta carenza di prova in ordine alle ragioni oggettive poste a base del licenziamento alla manifesta insussistenza delle stesse.

2.1. Aggiunge che, peraltro, posto che l’impossibilità del repechage costituisce uno degli elementi costituitivi del medesimo fatto estintivo, doveva essere effettuata adeguata indagine al riguardo, prima di ritenere che il licenziamento fosse illegittimo ed assume che il fatto posto alla base del licenziamento avrebbe dovuto considerarsi manifestamente sussistente, con conseguente applicazione della tutela risarcitoria richiesta in via gradata da entrambe le parti.

3. Il ricorso è infondato.

4. Va premesso che, in tema di licenziamento individuale, la novellazione della della L. n. 604 del 1966, art. 2, comma 2, per opera della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 37, si è limitata a rimuovere l’anomalia della possibilità di intimare un licenziamento scritto immotivato, introducendo la contestualità dei motivi, ma non ha mutato la funzione della motivazione, che resta quella di consentire al lavoratore di comprendere, nei termini essenziali, le ragioni del recesso; ne consegue che nella comunicazione del licenziamento il datore di lavoro ha l’onere di specificarne i motivi, ma non è tenuto, neppure dopo la suddetta modifica legislativa, ad esporre in modo analitico tutti gli elementi di fatto e di diritto alla base del provvedimento (cfr., in tali termini, Cass. 16795 del 06/08/2020).

4.1. Ciò detto, va comunque ritenuto, contrariamente a quanto assume la ricorrente, che la manifesta insussistenza del fatto va valutata anche in termini di carenza probatoria delle ragioni giustificative del recesso con riguardo all’individuazione della specifica posizione del lavoratore estromesso e la società, sulla quale incombeva l’onere probatorio, pur richiamando al riguardo un’asserita prova per tabulas, non solo ha omesso di indicare come e quando sia stato depositato il richiamato verbale di assemblea straordinaria con annessa relazione, al fine di renderne possibile un agevole reperimento negli atti processuali di parte dei precedenti gradi del giudizio, ma ha pure omesso di richiamare il contenuto degli atti suddetti per la parte rilevante ai fini dell’assolvimento dell’onere di specificità del motivo, che si riflette in termini di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 6 (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 195 del 2016, 21554 del 2017, 28893 del 2019; 31396 del 2019).

4.2. Le censure articolate nel primo motivo contengono una prospettazione meramente contrappositiva rispetto alla valutazione operata dalla Corte del merito sul piano della ritenuta mancanza di dimostrazione non delle ragioni economiche sottostanti alla scelte imprenditoriali, quanto del nesso causale tra queste ultime e la decisione di sopprimere la specifica posizione lavorativa dell’ A..

4.3. Ed invero, ai fini della legittimità del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare, essendo sufficiente che la scelta imprenditoriale abbia comportato la soppressione del posto di lavoro e che le ragioni addotte dal datore di lavoro a sostegno della modifica organizzativa da lui attuata abbiano inciso, in termini di causa efficiente, sulla posizione lavorativa ricoperta dal lavoratore licenziato; il licenziamento risulterà ingiustificato, per la mancanza di veridicità o per la pretestuosità della causale addotta, in presenza dell’accertamento in concreto dell’inesistenza di dette ragioni, cui il giudice sia pervenuto, senza però attribuire rilievo all’assenza di effettive motivazioni economiche, perchè ciò integrerebbe una insindacabile valutazione di scelte imprenditoriali, che si pone in violazione dell’art. 41 Cost. (cfr. Cass. 20.7.2020 n. 15400, Cass. 18.7.2019 n. 19302, Cass. 3.12.2018 n. 31158, Cass. 3.5.2017 n. 10699, Cass., 7.12.2016 n. 25201), essendo sempre necessario che dette ragioni incidano, in termini di causa efficiente, sulla posizione lavorativa ricoperta dal lavoratore licenziato, solo così potendosi verificare la non pretestuosità del recesso (Cass. 28 marzo 2019, n. 8661).

4.4. A ciò deve aggiungersi che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la verifica del requisito della “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” concerne entrambi i presupposti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e, quindi, sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa, sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore (cfr., ex aliis, Cass. 14.2.2020 n. 3819).

4.5. Tuttavia, nella fattispecie esaminata la valutazione della Corte di Torino si è fermata al primo aspetto, ritenuto insussistente, e tanto è sufficiente per ritenere che le conclusioni cui è giunta la sentenza impugnata non sono scalfite dai rilievi che si pongono sul piano della rilevanza del secondo presupposto, come detto ultronei.

5. Quanto al secondo motivo, deve dunque richiamarsi quanto appena affermato per ritenerne l’assorbimento. Ed invero, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, vero è che la verifica del requisito della “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” concerne entrambi i presupposti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e, quindi, sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa, sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore (cfr. Cass. 11.11.2019 n. 29102), tuttavia, come già sopra rilevato, la ritenuta mancanza di prova del nesso causale tra situazione economica dell’azienda e soppressione della posizione lavorativa dell’ A. è stata ritenuta correttamente valutata in termini di insussistenza manifesta del fatto, ciò che rende assorbita la valutazione dell’altro presupposto, cui deve procedersi quando, invece, il fatto posto a fondamento del recesso venga ritenuto sussistente.

6. Sulla base delle svolte considerazioni, il ricorso va complessivamente respinto.

7. Nulla va statuito in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo la società rimasta intimata.

8. Sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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