Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4894 del 01/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 01/03/2010), n.4894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.P., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ZAMPINI GIUSEPPE, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 33/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/01/2006 R.G.N. 31/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.P. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Torino l’INPS ed esponeva: di aver prestato attività lavorativa alle dipendente dell’ENEL s.p.a., dal marzo 1964 e per 35 anni, presso la centrale idroelettrica di (OMISSIS) con mansioni di manutentore dell’impianto; di aver lavorato in galleria rivestita con 3.500 mq di onduline Eternit, sostituite nel 1970 da una applicazione di 5 cm. di amosite (amianto bruno); che tale rivestimento era stato completamente rimosso nel periodo dal 1984 al 1989 con notevole dispersione di polvere; di essere stato quindi esposto all’inalazione di polveri di amianto per oltre dieci anni. Tanto premesso, chiedeva che venisse accertato il suo diritto ai benefici previdenziali previsti dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e successive modificazioni.

Nella resistenza dell’INPS il Tribunale, escussi i tesi ed acquisita la CTU resa dal Dott. P. in causa analoga, con sentenza del 1^ luglio 2004 condannava l’INPS al ricalcolo dei contributi pensionistici del ricorrente relativi al periodo dal 1^ gennaio 1971 al 30 giugno 1997 sulla base del coefficiente 1,5 previsto dalla legge in vigore al momento del ricorso.

Proponeva appello l’INPS e la Corte di Appello di Torino, acquisita agli atti altra CTU redatta dal Dott. L. in primo grado in altra causa promossa da altro manutentore dello stesso impianto, con sentenza depositata il 18 gennaio 2006, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda del C..

Rilevava la Corte che entrambe le consulenze tecniche acquisite agli atti affermavano concordemente che una concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno, come previsto dal D.Lgs. n. 277 del 1991, art. 24, si era verificato nella centrale di (OMISSIS) solo nel periodo 1984/1989, sicchè difettava il requisito della esposizione qualificata ultradecennale per il diritto al beneficio contributivo richiesto.

Avverso detta sentenza il C. ha proposto ricorso per Cassazione con due motivi. L’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando genericamente violazione di norme di legge e vizi di motivazione, il ricorrente sostiene che la L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, non subordina il beneficio contributivo al superamento della soglia fissata dalla L. n. 277 del 1991, art. 24, limite introdotto solo dalla L. 27 marzo 203, n. 326, art. 47, con norma non retroattiva e non applicabile ratione temporis al ricorrente.

Con il secondo motivo, denunciando ancora violazione di legge e vizi di motivazione, il ricorrente contesta le conclusione delle due CTU valutate dalla Corte territoriale alle quali addebita di non aver preso in considerazione la circostanza che l’esponente era stato esposto per oltre dieci anni (dal 1971 al 1984) ad una concentrazione di fibre di amianto certamente superiore a 100/fibre litro per otto ore giornaliere derivante dallo sfaldamento (da cinque a due centimetri) di una superficie di amianto di 3.500 mq. in un ambiente chiuso e non aerato quale era la galleria ove era collocata la turbina.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di legittimità il disposto della L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, (come modificato dalla L. n. 271 del 1993, art. 1 comma 1), relativo all’attribuzione di un beneficio contributivo pensionistico ai lavoratori esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, anche prima dell’espressa previsione della L. 24 novembre 2003, n. 326, art. 47, comma 3, va interpretato nel senso che l’esposizione all’amianto che da diritto al beneficio è identificabile con una esposizione ad una concentrazione media annua non inferiore a 0,1 fibre per centimetro cubo come valore medio su otto ore al giorno, di cui al D.Lgs. n. 277 del 1991, art. 24, comma 3 (abrogato senza effetto retroattivo D.Lgs. n. 257 del 2006, art. 5) (vedi Cass. n. 400/2007, n. 19692/2007, n. 7 10185/2002 e numerose altre conformi).

Parimenti infondato è il secondo motivo. La Corte di Appello, sulla scorta delle CTU acquisite agli atti, ha affermato che il ricorrente è stato esposto ad una concentrazione di fibre di amianto superiore al limite di 0,1/cmc solo nel periodo 1984/1989, durante i lavori di smantellamento della coibentazione della galleria.

Il ricorrente addebita al giudice di appello di non aver considerato alcune circostanze di fatto (quali la coibentazione della galleria nel 1970 con 5 cm di amosite, il cui progressivo sfaldamento a partire dal 1971 ha portato la riduzione del suddetto rivestimento da 5 a 2 cm. con dispersione delle polveri di amianto in ambiente non aerato) che avrebbero dovuto indurlo a ritenere raggiunta la soglia di rischio da tempo di gran lunga precedente il 1984. Il ricorrente non precisa però quando e attraverso quali mezzi istruttori queste circostanze di fatto sarebbero state acquisite al processo, visto che per sua stessa ammissione le due CTU non danno atto di uno sfaldamento tanto grave da imporre un intervento bonificatore prima del 1984; nè precisa il ricorrente in quale verbale o atto difensivo abbia chiesto al giudice di merito una perizia tecnica ambientale di cui oggi lamenta il mancato compimento. Le censure ora mosse alle due CTU, recepite dal giudice di appello, sono dunque del tutto generiche e non valgono ad inficiare il giudizio della Corte territoriale.

In definitiva il ricorso deve essere respinto. Nulla per le spese di questo giudizio, a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 326 del 2003, trattandosi di causa iniziata prima del 2 ottobre 2003.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2010

 

 

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