Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4891 del 15/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 15/02/2022, (ud. 01/02/2022, dep. 15/02/2022), n.4891
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
Dott. FEDELE Ileana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2451-2021 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIELLA
CORETTI, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE
DE ROSE;
– ricorrente –
Contro
G.C., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato CARMELO CASUCCIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 517/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
depositata il 13/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non
partecipata dell’11/01/2022 dal Presidente Relatore Dott. DORONZO
ADRIANA.
Fatto
RILEVATO
che:
la Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata in data 13/7/2020, decidendo sull’appello proposto dall’Inps contro la sentenza resa dal Tribunale di Agrigento tra l’Istituto appellante e G.C., ha dichiarato prescritto il credito contributivo vantato dall’Inps nei confronti dell’appellata, quale professionista iscritta alla gestione separata per le prestazioni libero professionali svolte negli anni indicati in ricorso;
a fondamento del decisum, la Corte d’appello ha ritenuto sussistente l’obbligo di iscrizione alla gestione separata del professionista iscritto ad altre forme di previdenza obbligatoria ma non iscritto alla cassa di appartenenza; ha ritenuto tuttavia che il credito previdenziale fosse prescritto perché, rispetto al termine fissato per il pagamento dei contributi (al 16 giugno 2010, per i redditi prodotti nel 2009, e al 6 luglio 2011, per i redditi prodotti nel 2010, ai sensi del D.P.C.M. 12 maggio 2011, art. 1, senza che potesse aver rilievo per i redditi relativi all’anno 2009 l’ulteriore differimento previsto fino al 16 luglio 2010, in ragione della previsione di una maggiorazione dell’importo dei contributi a titolo di interessi), gli atti interruttivi della prescrizione si ponevano in data successiva, e, in particolare, rispettivamente, in data 14/7/2015 e 18/7/2016; ha inoltre escluso che la mancata compilazione della dichiarazione dei redditi nella parte relativa ai proventi della attività (quadro RR del modello) potesse dar luogo ad un’ipotesi di sospensione della prescrizione per occultamento doloso del debito (art. 2941 c.c., n. 8).
Contro la sentenza l’INPS propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo; resiste con controricorso G..
La proposta del relatore è stata depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. ed è stata ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si censura la sentenza per “Violazione dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 2941 c.c., n. 8, in relazione alla L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26-31, al D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, convertito con modificazioni nella L. n. 111 del 2011, al D.lgs. n. 462 del 1997, art. 1, e al D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 10, comma 1”.
L’Inps assume che la Corte di appello sarebbe incorsa in errore di diritto, per non aver ritenuto sussistente una ipotesi di sospensione del termine di prescrizione a causa della mancata esposizione, all’interno della dichiarazione dei redditi, degli obblighi contributivi relativi alla gestione separata e connessi al lavoro autonomo, richiamando alcuni precedenti di questa Corte (Cass., n. 6677 del 2019; Cass., n. 16986 del 2019).
Deve in primo luogo ritenersi definitivamente acclarato che gli atti interruttivi della prescrizione compiuti dall’Inps risalgono per i redditi prodotti dalla professionista nel 2009 e nel 2010, rispettivamente, al 14/7/2015 e al 18/7/2016 (pagg. 3 e 7 della sentenza impugnata) sicché, in dissenso rispetto alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., diviene irrilevante il differimento del termine per il pagamento dei contributi relativi al 2009 e al 2010, ponendosi in ogni caso l’atto interruttivo dell’Inps oltre il quinquennio dalla data fissata per il pagamento.
Il motivo di ricorso dell’Inps è infondato.
Con riferimento doloso occultamento, la Corte territoriale non è incorsa in alcuna violazione di legge ma, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 10828/2015), e, quindi, esattamente interpretando applicando le norme di legge, ha ritenuto che l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l’ipotesi di dolo prevista dal citato art., n. 8, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento.
La Corte territoriale ha poi proceduto ad un accertamento tipicamente fattuale, escludendo che la mancata compilazione del riquadro RR del modello della dichiarazione dei redditi costituisca, nella specie, una condotta intenzionalmente orientata ad occultare il preteso debito contributivo: al riguardo ha rilevato che i redditi da lavoro autonomo erano integralmente riportati nella diversa sezione del modello unico (quadro CM-reddito da lavoro autonomo, allegato dall’Inps) e che tale scelta era evidentemente incompatibile con una preordinata volontà evasiva o elusiva degli obblighi di legge.
Si è dunque di fronte ad un apprezzamento fattuale non adeguatamente censurato sotto il profilo del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nei ristretti limiti in cui esso può oggi essere dedotto (v. Cass., S.U. n. 5083 del 2014).
In realtà, l’Inps pretende di stabilire un automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo, espressamente escluso invece dalla giurisprudenza dallo stesso istituto richiamata (Cass. n. 6677 del 2019; Cass. n. 7254 del 2021; Cass. 35468/2021).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato e l’Inps è condannato al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in ragione del valore della controversia come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo, pari a quanto dovuto a titolo di contributo unificato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Inps al pagamento, in favore della controricorrente di Euro 1500,00 per compensi professionali e Euro 200,00 a titolo di spese, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% per spese generali e altri accessori di legge.
Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 1 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022