Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 489 del 14/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/01/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 14/01/2021), n.489

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25043-2018 proposto da:

B.D., O.C., elettivamente domiciliati in ROMA,

SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO NASO, rappresentati e difesi dall’avvocato

CRISTIANO DALLA TORRE;

– ricorrenti –

contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO, in persona del Direttore

Regionale pro tempore, UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE DI TREVISO, in

persona del Dirigente pro tempore, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE,

DELL’UNIVERSITA’ E DELL RICERCA (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 897/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/11/2020 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza pubblicata in data 20/2/2018, la Corte d’appello di Venezia ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale tra l’appellante e B.D. e O.C., ha rigettato le loro domande, aventi ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato stipulati con il Ministero.

2.- A fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto che indipendentemente dalla individuazione dei singoli periodi in cui ciascuno degli appellati ha svolto supplenze su posti di organico di diritto e/o di organico di fatto – fosse assorbente il rilievo che i due dipendenti, assunto il primo in qualità di docente e il secondo in qualità di collaboratore scolastico per oltre un triennio su supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, ossia fino al 30 giugno (pag. 6 della sentenza), erano stati stabilizzati attraverso l’operare degli strumenti selettivi e concorsuali, ovvero ai sensi della L. n. 107 del 2015, art. 1; che, in forza dei principi espressi da questa Corte nella sentenza n. 27563/2016 (punti 121 e 122), e nelle numerose altre pure citate, l’intervenuta stabilizzazione era idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’unione, e, quindi, a riparare tutti i danni riferibili all’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato in difetto di specifiche allegazioni circa l’esistenza di danni ulteriori, diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo.

3. Contro la sentenza, le parti originarie ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di una pluralità di motivi; ha resistito il Ministero con controricorso, mentre gli uffici scolastici regionale e provinciale non hanno svolto attività difensiva.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte ricorrente deduce “Violazione, falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Un. 5072/2016 in favore dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratisi a far data dal 10 luglio 2001. – Violazione falsa ed erronea applicazione del “principio di equivalenza” e del principio di effettività della tutela”.

1.1.- Si contesta l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui

le stabilizzazioni intervenute in forza dello scorrimento delle

graduatorie (e non attraverso il cd. Piano straordinario di assunzioni di cui alla L. 13 luglio 2015, n. 107) costituiscono misura adeguata a sanzionare l’abusivo ricorso a una successione di contratti a termine del personale impiegato a vario titolo nella scuola; si sostiene che una siffatta conclusione contrasterebbe con i principi dettati dalla direttiva 1999/70/CE e dalla stessa Corte Europea di Giustizia nella nota sentenza Mascolo, la quale, nel rilevare l’aleatorietà della misura della stabilizzazione, ne aveva evidenziata l’assenza di forza dissuasiva e di effettività.

2.- Il secondo motivo è incentrato “Sulla questione pregiudiziale Europea circa la conformità alla Direttiva Europea 1999/70/CE dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie”.

2.1.- Si chiede a questa Corte, nel caso di conferma delle statuizioni impugnate, la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte di giustizia Europea perchè si pronunci sulla questione indicata in epigrafe, e in particolare sulla violazione della clausola 5, punto 1, come interpretata dalla Corte di giustizia Europea nella sentenza Mascolo.

3.- Con il terzo motivo, parte ricorrente deduce la “Illegittimità costituzionale dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie: ai sensi dell’art. 3 Cost. (principio di eguaglianza), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva Europea 1999/70/CE, (principio di equivalenza – principio di effettività), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Carta Europea dei diritti dell’Uomo”.

3.1.- Il motivo censura la normativa scolastica nazionale rispetto ai principi costituzionali richiamati in rubrica, in base al rilievo che la stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato nel settore scolastico avviene per il futuro, senza alcuna eventuale tutela risarcitoria del danno subito dal lavoratore prima della sua immissione nei ruoli amministrativi.

4.- Con il quarto motivo, a sua volta ripartito in cinque punti, si denuncia a) la violazione, la falsa ed erronea applicazione delle norme di legge a1) in tema di diritto all’integrale risarcimento dei danni, di accertamento e liquidazione del danno (art. 115 c.p.c., art. 2727 c.c.), a2) in tema di interpretazione della domanda e onere della prova (artt. 112 e 115 c.p.c.), b) la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per motivazione apparente con riferimento al diritto al riconoscimento delle differenze retributive e contributive, c) l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, d) l’illegittima esclusione del risarcimento dei danni ulteriori diversi rispetto a quelli risarciti con la stabilizzazione.

4.1. Con quest’ultimo motivo si censura l’affermazione della Corte territoriale secondo cui i lavoratori non avrebbero allegato nè chiesto di provare l’esistenza di danni ulteriori e diversi rispetto a quelli riparati dalla immissione in ruolo, a fronte di specifiche allegazioni contenute nel ricorso di primo grado, in cui si era esposto che il danno derivante dall’illegittimo ricorso ai contratti a termine non era limitato alla perdita delle retribuzioni e indennità varie, ma si sostanziava nel danno patrimoniale derivante dall’impoverimento della capacità professionale, nel pregiudizio subito per perdita di chance, per la lesione del diritto del lavoratore all’integrità psicofisica, ovvero alla sua immagine e alla vita di relazione, la cui quantificazione non poteva che essere equitativa o determinabile attraverso la prova presuntiva; la corte d’appello avrebbe dovuto interpretare correttamente la domanda nel suo contenuto sostanziale, e non avendolo fatto, egli era incorso nel vizio di omesso esame; aggiunge la parte ricorrente che, a fronte di tali allegazioni, il Ministero non aveva specificamente contestato la loro fondatezza.

5. Le questioni poste con i primi tre motivi di ricorso e gli argomenti difensivi affrontati sono stati oggetto di decisione di questa Corte con l’ordinanza pubblicata in data 4/9/2020, n. 18344, alla cui motivazione si rinvia anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. (v. pure Cass. 7/7/2020, n. 13970).

5.1. La decisione si pone nel solco già tracciato da questa Corte che, con sentenza pubblicata in data 12/2/2020, n. 3474, ha accolto il ricorso presentato dal Ministero richiamando i principi già enunciati nelle sentenze n. 22553/2016 e 22556/2016, nonchè nella sentenza n. 27563/2016.

5.2. La Corte ha riesaminato i riflessi sul quadro normativo e giurisprudenziale della sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio 2019, nella Causa C-494/17 – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR contro Fabio Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti (di seguito solo Rossato), ritenendo che essi non conducano ad una soluzione diversa rispetto ai precedenti citati.

5.3. Si è messo in rilievo che la Corte di Giustizia ha preso atto del diverso contesto normativo esistente all’epoca della sentenza Mascolo (Mascolo e a., C-22/2013, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, nonchè delle sentenze Santoro, C-494/16, Sciotto C-331/2017, Fiammingo e a, C-362/13, C-363/13 e C-407/13), precisando (p. 30), che, nel quadro anteriore alla L. 13 luglio 2015, n. 107, la normativa nazionale non conteneva alcuna sanzione di carattere sufficientemente energico e dissuasivo idoneo a garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro; in particolare, ha evidenziato che in quel contesto “l’unica possibilità per i docenti di cui trattavasi in quella causa di ottenere la trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dipendeva dalla loro immissione in ruolo, ottenuta in ragione del loro avanzamento nella graduatoria permanente e, pertanto, da circostanze che dovevano essere ritenute aleatorie ed imprevedibili, essendo determinate dalla durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonchè dai posti che erano nel frattempo divenuti vacanti”; in altri termini, il termine di immissione in ruolo dei docenti “era tanto variabile quanto incerto”” (p.31).

5.4. Per contro, nell’attuale assetto normativo: “il legislatore nazionale, al fine di garantire la transizione verso un nuovo sistema comportante misure destinate a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, ha adottato un piano straordinario di assunzioni che prevede la trasformazione, nel corso dell’anno scolastico 2015/2016, di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato con docenti “precari”, attraverso il progressivo e definitivo esaurimento delle graduatorie e degli elenchi dai quali l’amministrazione attingeva per l’assunzione di docenti a tempo determinato”; accanto a questo piano straordinario di assunzione ha previsto, “in parallelo, e fino al loro esaurimento, i procedimenti di immissione in ruolo in corso per i docenti che si trovavano già inseriti in cima alle graduatorie….La L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, prevede, a tal riguardo, che il piano straordinario di assunzioni è attuato per la copertura di tutti i posti (…) rimasti

vacanti e disponibili all’esito delle operazioni di immissione in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 399 vale a dire le immissioni in ruolo sulla base dell’avanzamento nella graduatoria permanente”.

5.5. La Corte di Giustizia, con riguardo all’assenza di risarcimento nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro, ha ribadito (punto 38) che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella scelta delle misure atte a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e che (p. 39) “come emerge dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro, gli Stati membri hanno la facoltà, nell’ambito delle misure volte a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, di trasformare i rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, dato che la stabilità dell’impiego derivante da questi ultimi costituisce l’elemento portante della tutela dei lavoratori”.

5.6. Inoltre, in linea di continuità con la sua giurisprudenza, ha ribadito (punto 41) che “La giurisprudenza non richiede, tuttavia, un cumulo di misure” e che (p. 42) “nè il principio del risarcimento integrale del danno subito nè il principio di proporzionalità impongono il versamento di danni punitivi”. Tanto sul rilievo (p. 43) che “tali principi impongono agli Stati membri di prevedere un’adeguata riparazione, che deve andare oltre il risarcimento puramente simbolico, senza tuttavia oltrepassare la compensazione integrale”.

5.7. Ha, quindi, concluso che (p.45) “l’accordo quadro non impone agli Stati membri di prevedere, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, un diritto al risarcimento del danno che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

5.8. Con riguardo alla doglianza relativa alla disparità di trattamento rispetto ai lavoratori che hanno ottenuto una condanna del loro datore di lavoro a causa del ricorso abusivo a contratti a tempo determinato prima dell’entrata in vigore della L. n. 107 del 2015 e che avrebbero potuto, in forza della normativa anteriore, cumulare un risarcimento e il beneficio di un’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la Corte di Giustizia ha osservato (punto 44) che “la disparità di trattamento tra due categorie di lavoratori a tempo determinato risultante da una riforma della normativa applicabile non rientra nell’ambito del principio di non discriminazione sancito alla clausola 4 dell’accordo quadro (v. sentenza del 21novembre 2018, Viejobueno Ib&iez e de la Vara Gonzalez, C-245/17, EU:C:2018:934, punti 50 e 51)”.

5.9. Ha, quindi, concluso che (p.45) “l’accordo quadro non impone agli Stati membri di prevedere, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, un diritto al risarcimento del danno che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

6. A fronte del pronunciamento della Corte di Giustizia nella sentenza Rossato, possono tenersi fermi i principi già espressi da questa Corte (punto 84 della sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016) secondo cui l’immissione in ruolo scelta dal legislatore italiano del 2015 rappresenta una delle misure alternative, individuate dalla Corte di Giustizia, idonee a sanzionare e a cancellare l’illecito comunitario, che si è compendiato nella indebita reiterazione da parte della P.A. datrice di lavoro di contratti a tempo determinato.

6.1. Quindi, l’equivalenza e l’effettività dell’immissione in ruolo ottenuta secondo il sistema di avanzamento previsto dalle previgenti regole di reclutamento ovvero in forza del piano straordinario di assunzioni sono stati riconosciuti anche dalla sentenza della Corte di Giustizia nella sentenza Rossato (pp. nn. 34-37).

7. In definitiva, i primi motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., avendo la Corte territoriale deciso le questioni in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e i motivi addotti non offrono elementi per mutare l’orientamento della stessa.

8. Il quarto motivo è inammissibile per più ragioni.

Deve ricordarsi che questa Corte ha già affermato il principio (Cass. n. 22522/2016, cit., pp. nn. da 86 a 87), secondo cui, nelle ipotesi di reiterazione di contratti a tempo determinato, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico e ausiliario, per la copertura di posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, l’avvenuta stabilizzazione non preclude affatto la proponibilità della domanda per il risarcimento dei danni diversi e ulteriori rispetto a quelli esclusi dalla immissione nei ruoli, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016 e dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 187 del 2016.

8.1. Si è altresì precisato che l’onere di allegazione e di prova dei danni ulteriori, che grava sul lavoratore, non beneficiato in caso di stabilizzazione dalla agevolazione probatoria di cui alla citata sentenza delle Sezioni Unite, non risulta insormontabile nè difficoltoso perchè il sistema delle graduatorie ad esaurimento offre dati oggettivi (posizione ricoperta nella graduatoria, vacanze di organico, termini previsti, anche se non rispettati, dal T.U. per l’indizione dei concorsi e per le operazioni di immissione in ruolo) dai quali agevolmente desumere, se allegati, la mortificazione della possibilità di accedere all’impiego stabile.

8.2. L’inammissibilità sta il primo luogo nella promiscuità e mescolanza dei motivi: come si è su evidenziato, con il quarto motivo la parte ricorrente ha prospettato i vizi catalogati nell’art. 360, nn. 3, 4 e 5, ma le modalità di deduzione non consentono di sceverare l’un vizio dall’altro, così finendo inammissibilmente per attribuire al giudice il potere di distinguere nella congerie delle ragioni illustrate quelle ascrivibili all’uno piuttosto che agli altri.

8.3. Con riguardo al vizio di violazione di legge, che peraltro investe una pluralità di norme, la parte non si perita di indicare quale affermazione della corte territoriale sarebbe in contrasto con le norme di legge indicate (art. 115 c.p.c. e art. 2727 c.c.); è inconferente il richiamo all’art. 112 c.p.c. ove con esso s’intenda censurare l’interpretazione che il giudice del merito ha dato della domanda, giacchè non vi è stata alcuna omessa pronuncia o extra o ultra petizione, peraltro denunciabile ai sensi dell’art. 360, n. 4 e non del n. 3, dal momento che la Corte non ha omesso di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria ma, per un verso, ha ritenuto insussistente il fatto genetico della domanda stessa, ovvero l’illegittimità dei contratti a termine intercorsi con il MIUR (pag. 6) – affermazione che non risulta affatto censurata; per altro verso, con riferimento ai danni non coperti dalla stabilizzazione (e che deriverebbero dalla lunga durata dei rapporti a termine, ovvero dal ricorso improprio o distorto alla tipologia delle supplenze), ha ritenuto le allegazioni generiche e la prova mancante, essendosi la parte ricorrente limitata a valorizzare la esclusivamente la lunga durata dei rapporti a termine.

8.4. Si è dunque in presenza di un’attività valutativa che rientra nei poteri del giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., nei limiti in cui tale vizio è ore deducibile secondo quanto declinato dalle Sezioni unite di questa Corte nelle famose sentenze n. 8053 e 8054 del 2014 (Cass. 11/10/2019, n. 25690).

Del resto, l’affermazione della Corte territoriale è in linea con i principi ripetutamente affermati da questa Corte secondo cui “Il danno non patrimoniale, con particolare riferimento a quello cd. esistenziale, non può essere considerato “in re ipsa” ma deve essere provato secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell’esistenza del soggetto. Ne consegue che la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico. (Cass. 29/01/2018, n. 2056; con riferimento alla perdita di chance 22/11/2019, n. 30502; Cass. 09/11/2018, n. 28742).

8.5. Non è neppure configurabile il vizio di omesso esame di fatti decisivi, non risultando indicato quale sia il fatto – principale o secondario – di cui si predica la decisività e la cui valutazione sarebbe stata del tutto omessa, non potendo rientrare nella nozione di fatto la valutazione compiuta dal giudice in ordine alla genericità delle allegazioni e all’assenza di prove circa la sussistenza e l’entità del danno.

8.6. In ordine a quest’ultimo aspetto, va ricordato che la liquidazione in via equitativa presuppone già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno, e non esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinchè l’apprezzamento equitativo sia per quanto possibile ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell’iter della determinazione dell’equivalente pecuniario del danno stesso (Cass. n. 16202 del 2002; Cass. n. 13288 del 2007; Cass. n. 28742/2018).

8.7. Infine, le considerazioni che precedono dimostrano che la motivazione della sentenza è fisicamente esistente, non presenta alcuna incongruenza o illogicità, peraltro neppure indicata dai ricorrenti, e ciò esclude in radice la stessa configurabilità del vizio di nullità della sentenza per mancanza della motivazione.

9. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. La complessità delle questioni giuridiche, risolte sulla base della pronuncia della Corte di Giustizia intervenuta in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese dell’intero processo.

10. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato versato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

 

 

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