Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4886 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4886 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: TRIOLA ROBERTO MICHELE

SENTENZA

sul ricorso 2754-2011 proposto da:
MANTI

ANTONINO

MNTNNN30E15D746E,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BARGA 23, presso lo studio
dell’avvocato FORTINO GIUSEPPINA, rappresentato e
difeso dall’avvocato VIZZARI GAETANO;
– ricorrente contro

2014
304

FOTI

ALFREDO

ZMECSL42DO7D746N,

FTORLD37P11D746S,
FOTI

NATALINO

ZEMA

CONSOLATO

FTONLN43L27D746R,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SISTINA 121,
presso lo studio dell’avvocato PANUCCIO ALBERTO, che

Data pubblicazione: 28/02/2014

li rappresenta e difende;
– controri correnti contro

AMMINISTRAZIONE

PROVINCIALE

REGGIO

CALABRIA

80000100802 IN PERSONA DEL SUO PRESIDENTE P.T.,

111, presso lo studio dell’avvocato CATIZONE MARIO,
rappresentata e difesa dall’avvocato BARRESI DOMENICO
per proc. speciale del 28/1/2013 rep.n. 8290;
– resistente –

avverso la sentenza n. 509/2010 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 15/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/01/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTO
MICHELE TRIOLA;
udito l’Avvocato Barresi Domenico difensore della
resistente che si riporta agli atti;
udito

l’Avv.

Panuccio

Alberto

difensore

dei

controricorrenti cdhe si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. FRIGGERI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27 e il 28 novembre 1984 Alfredo Foti,
Natalino Foti, Consolato Zema e Alfredo Zema, proprietari di quattro
appezzamenti di terreno contigui in agro di Montebello Jonico, esponevano che
su autorizzazione dell’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria, avevano
strada provinciale, ma Antonino Manti si era opposto alla realizzazione,
dichiarandosi, per quello che interessa ancora in questa sede, proprietario del
tronco della vecchia strada provinciale al quale si sarebbe dovuto collegare il
ponticello. Pertanto, gli istanti convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di
Reggio Calabria Antonio Manti e l’Amministrazione Provinciale di Reggio
Calabria per sentire dichiarare la natura demaniale del tronco della vecchia
strada provinciale o in subordine la costituzione di una servitù coattiva di
passaggio a favore dei loro fondi; chiedevano altresì di essere tenuti indenni
dalla Provincia in ordine alle pretese di Antonino Manti.
Si costituivano in giudizio i convenuti, che chiedevano il rigetto della domanda:
la Provincia, deducendo di avere rilasciato l’autorizzazione con salvezza dei
diritti dei terzi e il Manti sostenendo di essere proprietario dei fondi in questione
e contestando la asserita interclusione.
Con sentenza del 10 febbraio 1989 il tribunale riconosceva agli attori il diritto di
transito sull’ ex strada provinciale e opere murarie connesse, perché di natura
demaniale; affermava la proprietà del Manti sulla porzione di terreno situata tra
il muro di sostegno della vecchia strada provinciale e la spalla del ponticello,
disponendo l’ asservimento a favore dei fondi di Alfredo Foti, Natalino Foti e
Consolato Zema dietro pagamento dell’indennità di L. 900.000; rigettava la
domanda proposta da Alfredo Zema. Con sentenza del 2 giugno 1994 la Corte di
appello territoriale, pronunciando sull’appello principale del Manti e su quello
incidentale proposto da Alfredo Foti, Natalino Foti e Consolato Zema, riteneva
la natura demaniale della vecchia strada provinciale per accessione invertita,
escludendone la sdemanializzazione e che comunque il Manti avesse fornito
prova dell’usucapione; conseguentemente riduceva la indennità di asservimento.

iniziato la costruzione di un ponticello di collegamento dei loro terreni alla

Tale decisione veniva cassata da questa Suprema Corte con la sentenza del 26
giugno 1998 per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della
Provincia, che non aveva partecipato al giudizio di appello.
Con atto notificato il 29 giugno 1999 Alfredo Foti, Natalino Foti e Consolato
Si costituivano in giudizio la Provincia e il Manti, il quale ribadiva le doglianze
formulate con l’appello principale.
Con sentenza del 14 febbraio 2002 la Corte di appello di Reggio Calabria, in
accoglimento dell’impugnazione incidentale, dichiarava demaniale la striscia di
terreno sita tra il muraglione di contenimento del tronco dismesso della strada
provinciale e la spalletta del ponticello, che dal tribunale era stata riconosciuta di
proprietà del Manti, tenuto conto dell’ubicazione e delle caratteristiche; rigettava
l’impugnazione proposta dal Manti (il quale aveva dedotto di essere altresì
proprietario anche del tratto dell’ex strada provinciale ed opere murarie connesse
nonché del ponticello sovrastante il letto del torrente di sua proprietà).
Per quanto concerneva la demanialità dell’ex strada provinciale, la Corte di
appello riteneva che l’acquisto a titolo originario in favore della P.A. a seguito
della realizzazione dell’opera pubblica irreversibile, è possibile anche senza la
dichiarazione di pubblica utilità, mentre d’altra parte non era emersa la prova
della avvenuta sdemanializzazione ne’ di un possesso ad usucapionem da parte
del Manti, da escludersi in considerazione delle ripetute azioni possessorie e
della concessione accordata dalla Provincia.
Pertanto, veniva esclusa la costituzione della servitù, mentre la documentazione
prodotta dall’ appellante nel giudizio di rinvio era ritenuta inammissibile ed in
ogni caso inidonea a fornire elementi utili.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione Antonino Manti sulla
base di quattro motivi. Resistevano con controricorso Alfredo Foti, Natalino
Foti, Consolato Zema.
Con sentenza in data 16 gennaio 2007 n. 869 questa S.C. accoglieva, tra l’altro,
il secondo motivo, con il quale Antonio Manti aveva censurato la sentenza
impugnata, che, facendo applicazione dell’istituto dell’occupazione
appropriativa, aveva ritenuto la natura demaniale della ex strada provinciale in

Zema riassumevano il giudizio di appello, riproponendo l’appello incidentale.

virtù di acquisto operato dalla P.A. per accessione invertita. In proposito veniva
formulato il seguente principio di diritto: In tema di cosiddetta occupazione
appropriativa, l’acquisizione della proprietà alla mano pubblica — che opera
per effetto della trasformazione irreversibile del fondo con destinazione ad
formale o connessa ad un atto amministrativo che, per legge, produca tale
effetto, con conseguente esclusione dall’ambito applicativo dell’istituto di
comportamenti della p. a. non collegati ad alcuna utilità pubblica formalmente
dichiarata (cosiddetta occupazione usurpativa), o per mancanza ab initio della
dichiarazione di pubblica utilità o perché questa è venuta meno in seguito ad
annullamento dell’atto in cui essa era contenuta o per scadenza dei relativi
termini.
Il quarto motivo, con il quale in via subordinata era stata censurata la sentenza
della Corte di appello per avere escluso l’usucapione del tronco dimesso della ex
strada provinciale a favore del ricorrente veniva dichiarato assorbito.
Con sentenza in data 15 giugno 2010 la Corte di appello di Catanzaro rigettava
l’appello proposto da Antonino Manti.
I giudici di rinvio ritenevano in primo luogo inammissibili i documenti prodotti
unitamente all’atto di riassunzione, quanto meno di tutti quelli formatisi in epoca
anteriore al giudizio di cassazione, aggiungendo che comunque la rilevanza di
tali documenti sarebbe stata valutata per dirimere anche l’eventuale loro
indispensabilità ai fini della decisione.
Nel merito la Corte di appello rilevava che la stessa narrazione degli eventi
esposta dal ricorrente faceva risalire a circa ottanta anni addietro (ossia al 1927)
la realizzazione della strada di collegamento fra Saline e Montebello Jonico;
dalla documentazione allegata al fascicolo dell’Amministrazione provinciale
emergeva che tale strada era stata rilevata di ufficio, e non a seguito di
espropriazione, nell’anno 1929 ad opera del Comune e che, a seguito di cessione
deliberata dalla Giunta municipale il 25 luglio 1958. la strada era stata trasferita
alla Provincia di Reggio Calabria che l’aveva classificata tra le strade provinciali
con atto del 6 dicembre 1958.

opera pubblica o ad uso pubblico – postula una dichiarazione di pubblica utilità

Se pure la classificazione non aveva effetto costitutivo, ma solo dichiarativo,
non era in contestazione che tale strada fosse stata utilizzata da una collettività di
persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale per un tempo
sufficiente ad affermarne la demanialità.
la realizzazione di un nuovo percorso.
Per quanto riguardava il Manti, questi non aveva dimostrato di essere
proprietario del terreno sul quale era stata realizzata la strada, per cui non poteva
pretendere che, cessato l’utilizzo pubblico, tale terreno era tornato in sua
proprietà.
Il Manti avrebbe potuto soltanto invocare l’acquisto della proprietà a seguito di
possesso iniziato dopo il 1966, ma tale possesso non era desumibile dalla
documentazione esibita e comunque non era stato esercitato per un tempo
sufficiente ai fini della usucapione.
Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi,
Antonino Manti.
Resistono con controricorso Alfredo Foti, Natalino Foti e Consolato Zema.
L’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria ha depositato in data 1
febbraio 2012 una”memoria di costituzione”, seguita, in data 29 gennaio 2013,
da un non meglio specificato atto di intervento.
Antonino Manti in prossimità dell’udienza del 29 gennaio 2013 ha depositato
memoria contro l’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente si duole della ritenuta inammissibilità
dell’ultima produzione documentale effettuata in cassazione, ed invoca il fatto
che, essendo stato incardinato il giudizio di primo grado in epoca anteriore al
1990, tale produzione doveva considerarsi consentita nel giudizio di appello.
Il motivo è infondato, per la sua genericità, in quanto il ricorrente non riporta
quanto meno il contenuto di tali documenti, al fine di giustificare la loro
potenziale rilevanza ai fini della decisione, ma si limita ad affermare che la Corte
di appello ove avesse esaminato efficacemente detta documentazione, le ragioni

Una eventuale sdemanializzazione era ipotizzabile solo a partire dal 1966, con

dell’attuale ricorrente in Cassazione sarebbero state vieppiù dimostrate ed
acclarate inconfutabilmente.
Con il secondo motivo si deduce testualmente:
Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c., 167/347 c.p.c. e
1158/833 c.c. in riferimento all’art. n° 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.
già la domanda riconvenzionale) di usucapione sollevata dall’Amministrazione
Provinciale di Reggio Calabria nel 1999, innanzi alla Corte d’Appello di Reggio
Calabria — quale secondo giudice d’appello, primo giudice di rinvio —
quantunque senza far derivare alcuna conseguenza giuridica da siffatta
ammissione.
Sennonché il principio giuridico posto dalla Corte d’appello di Catanzaro a
fondamento delle proprie elucubrazioni giuridiche non è condivisibile e va, oggi,
censurato.
La predetta Corte, infatti, ha ritenuto sostenibile l’eccezione sulla scorta del
principio giuridico, noto anche a chi scrive, secondo cui sarebbe ammissibile
l’eccezione di usucapione sollevata per la prima volta in appello, ogni qual
volta essa miri semplicemente a negare raccoglimento di una avversa domanda
avente ad oggetto la stessa proprietà, piuttosto che ad affermare la proprietà di
colui che proponga l’eccezione.
Nel caso che ci occupa, però, l’eccezione in questione, sebbene articolata in
grado d’appello al solo fine di paralizzare raccoglimento di un ‘altrui domanda,
non è stata esaminata dalla Corte adita e tale mancata pronuncia non ha
formato motivo di ricorso incidentale in Cassazione da parte
dell’Amministrazione Provinciale eccepente.
Peraltro, la medesima eccezione non è stata neanche in alcun modo
argomentata in sede di secondo ricorso in Cassazione. Tant ‘è vero che codesta
Suprema Corte, nella sentenza n° 869/07, a pag. 7, righi 14 e 15, ha
categoricamente enunciato che: “Non ha svolto attività difénsiva
l’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria”.
Ciò vale a dire che il disinteresse dell’Amministrazione Provinciale di Reggio
Calabria verso la propria (evidentemente non convincente neanche per essa

La sentenza in questa sede avversata ha ritenuto ammissibile l’eccezione (non

autrice) eccezione, l’acquiescenza manifestata in sede di giudizio di Cassazione
(in quanto non costituente motivo di ricorso incidentale) rispetto al tema in
questione e comunque la mancata riproposizione della censura innanzi al
Giudice di Legittimità hanno fatto sì che su essa si formasse un formale
Di takhè, l’eccezione di cui trattasi non poteva più essere riproposta in sede di
ultima riassunzione innanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro.
Ed ha errato quest’ultima, violando l’art. 324 c.p.c, laddove ha restituito vigore
all’eccezione in parola e ne ha fatto ancora citazione nella parte motiva della
propria sentenza, avendo con ciò violato il principio che regola la formazione
del giudicato, con riguardo a censure e doglianze che non sono più suscettibili
di ulteriore gravame.
Peraltro, anche nella denegata ipotesi che si volesse ritenere ammissibile
l’eccezione in questione, essa è stata formulata in modo improprio, perché non è
stata formalmente rassegnata nelle conclusioni, in spreto a quanto previsto
dalla parte conclusiva del primo comma dell’art. 167/347 c.p.c., laddove si
impone al convenuto l’obbligo di “formulare le conclusioni” sulle quali chieda
una pronuncia giudiziale.
Ed ancora, l’eccezione in questione doveva essere rigettata dalla Corte anche
in considerazione del fatto che essa era del tutto contraddittoria, nella misura in
cui l’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria aveva sostenuto per un
verso l ‘usucapibilità del relitto della ex strada provinciale (a suo favore) e la
non usucapibilità della stessa strada a favore del terzo (Manti), oggi odierno
ricorrente.
Nel non esser stata resa idonea pronuncia avverso tale contraddittorietà s’è
registrata, anche in via eventuale, la violazione degli art. 833 e 1158 del c. c.
Il motivo è infondato.
In relazione alla prima censura (mancata proposizione di ricorso incidentale)
essendo stata affermata la demanialità della ex strada, con assorbimento della
eccezione subordinata di acquisto per usucapione della stessa,
l’Amministrazione Provinciale non era tenuta a proporre ricorso incidentale.

giudicato.

Per quanto riguarda la seconda censura (mancata formulazione della eccezione
in sede di conclusioni) è sufficiente riportare tali conclusioni, che sono del
seguente tenore: accertare e dichiarare che la strada trasferita dal Comune di
Montebello Jonico denominata “strada comunale S. Elia-Montebello” è di
proprietà della Provincia di Reggio Calabria….
violazione anche in via eventuale degli art 833 e 1158 del c.c.) denuncia una
contraddizione inesistente, in quanto è perfettamente logico che tra due
contendenti si escluda l’usucapione a favore di uno e la si affermi a favore
dell’altro.
L’incipit del terzo motivo, con il quale il ricorrente denuncia violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 324, 383, e 384 c.p.c. in riferimento all’art. n° 360
n. 3 e 5 c.p.c., è il seguente:
La sentenza qui gravata, infine, ha errato clamorosamente, laddove ha
ravvisato la demanialità dell’area dismessa e delle opere a corredo, ritenendo
che tale connotazione non fosse stata perduta per “non uso” e che
conseguentemente, andasse negata la qualità di proprietario delle
corrispondenti aree in favore del Manti.
Il motivo prosegue con la affermazione che la Corte di appello di Catanzaro non
avrebbe tenuto conto che questa S.C., con la sentenza n. 869/07, aveva escluso la
demanialità di ogni tratto reliquato dell’ex strada provinciale e delle opere ad
essa accessorie.
Tale sentenza, quindi avrebbe dovuto ripercuotersi gravemente sulle posizioni
dei Foti/Zema, perché ha reso indimostrata la loro tesi circa la demanialità delle
aree sulle quali volevano realizzare passaggio e ponticello e perché ha
implicitamente dichiarato infondato l’intiero procedimento dagli stessi
Foti/Zema incardinato.
A nulla varrebbero le considerazioni svolte dalla sentenza impugnata in ordine
alla mancata intestazione delle stesse aree al Manti, in primo luogo perché
l’onere della prova di quanto sostenuto spettava dal ai Foti/Zema a prescindere
dalla posizione di esso odierno ricorrente, originario convenuto, ed in secondo
luogo perché la prova della proprietà e dell’ininterrotto possesso del Manti

La terza censura (a prescindere dalla incomprensibilità deduzione, della

sulle aree controverse era — ed è — in atti, in forza di innumerevoli sentenze,
provvedimenti e documenti copiosamente e minuziosamente versati in giudizio;
non ultima la dinanzi citata sentenza pretorile n° 13/79, passata in giudicato,
con la quale ai Foti/Zema venne inibito, da allora e sino ai giorni nostri, il
passaggio verso i loro terreni dal tronco dismesso della strada provinciale e

dalle aree contigue, mediante la legittima chiusura con pali di fero, filo spinato
ed altri interventi agricoli, ivi compresa la piantumazione di alberi.
Anche tale motivo è infondato.
In primo luogo, sulla base della sentenza di questa S.C. n. 869/07 non andava
senz’altro esclusa la demanialità delle aree per cui è causa, ma soltanto che tale
demanialità potesse essere l’effetto della realizzazione di un opera pubblica pur
in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, non essendo configurabile in tal
caso l’istituto della occupazione appropriativa.
Nella specie la Corte di appello ha ritenuto che l’uso pubblico della strada
risalente quanto meno al 1929 e durato fino al 1966 doveva considerarsi
sufficiente ai fini dell’acquisto alla mano pubblica, con conseguente inserzione
nel demanio stradale.
Ma a prescindere da tale considerazione la Corte di appello ha escluso, sulla
base di un analitico esame di tutti gli elementi acquisiti al giudizio (censurato in
modo del tutto generico dal ricorrente) che a partire dalla dismissione di tale
strada il Manti avesse mai goduto di un possesso idoneo all’usucapione, il che
sarebbe stato comunque sufficiente ai fini del rigetto delle pretese dell’attuale
ricorrente.
In definitiva il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 2.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, a favore di entrambe le parti costituite.
Roma, 28 gennaio 2014
IL PRES

o/)

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

28 FEB, 2014

Roma,

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