Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4886 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 23/02/2021), n.4886

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26739-2019 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO APREA;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 603/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 19/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 603 pubblicata il 19.3.2019, ha respinto l’appello di C.G., confermando la pronuncia di primo grado di rigetto, per intervenuta decadenza, della domanda volta al conseguimento dell’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992;

2. la Corte territoriale ha premesso che l’appellante era stato sottoposto a trasfusioni di sangue nel 1987; che nel maggio 1996 aveva scoperto la propria positività HCV a seguito di ricovero ospedaliero e diagnosi di dimissione di “epatite acuta da virus A in soggetto AB HCV positivo”; che aveva avuto ulteriore conferma della patologia nel luglio 2000 a seguito di ricovero e dimissione con diagnosi di “iperpiressia persistente in portatore di epatite HCV”;

3. ha ritenuto che, pur datando la conoscenza del danno epatico dal luglio 2000, la domanda amministrativa presentata il 18.2.2009 dovesse considerarsi intempestiva, come già statuito dal primo giudice;

4. i giudici d’appello hanno escluso che potesse applicarsi il termine decennale di prescrizione in conseguenza del riconoscimento del diritto da parte del Ministero della salute, dedotto dal C. in base ad una nota del novembre 2013, a firma del Direttore Generale Dott.ssa M. M., in cui si dà atto che “esiste il nesso di causalità fra la terapia trasfusionale e l’infermità diagnosticata”;

5. ciò in ragione della condotta del Ministero, che non ha riconosciuto la prestazione, costringendo il C. ad agire in giudizio, nonchè per l’esistenza di un altro documento di segno opposto, rappresentato dalla nota n. 12899 1676, a firma del Direttore dell’ufficio ministeriale centrale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico e della sicurezza delle cure, Dott. D.M.; nota emessa su ricorso del C., L. n. 210 del 1992 ex art. 5, avverso la valutazione negativa della CMO di Bari (verbale del 12.1.2012), che attesta sia la mancata tempestività della domanda, sia la non ascrivibilità della patologia alle categorie di cui al D.P.R. n. 834 del 1981, Tabella A; inoltre, sul rilievo che il riconoscimento del diritto non può che promanare dal soggetto titolare delle relative potestà e deve necessariamente abbracciare tutte le componenti della fattispecie e che trattasi di diritto di natura assistenziale, compiutamente disciplinato dalla legge e con spesa gravante sulla fiscalità pubblica;

6. avverso tale sentenza C.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da successiva memoria; il Ministero della salute ha depositato atto di costituzione senza svolgere difese;

7. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

8. col motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 2966 e 2967 c.c.;

9. si censura la statuizione d’appello nella parte in cui ha negato l’esistenza di una prova certa e univoca del riconoscimento del diritto, rappresentata dalla nota 19 novembre 2013 a firma del Direttore Generale del Ministero della salute (attestante l’esistenza del nesso causale tra le trasfusioni e la patologia), idonea a impedire la decadenza, ai sensi dell’art. 2966 c.c., con conseguente applicabilità alla fattispecie in esame del termine decennale di prescrizione non maturato all’epoca della domanda amministrativa, rispetto al dies a quo da collocare nelle date 23-25 luglio 2020;

10. il motivo è infondato;

11. la tesi di parte ricorrente, esposta anche nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si basa sull’assunto di applicabilità, nella fattispecie in esame, dell’art. 2966 c.c. in ragione del carattere disponibile del diritto all’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992 (di natura pacificamente assistenziale, v. Cass. n. 10214 del 2007; n. 15611 del 2005) e quindi della possibilità che la decadenza, prevista per legge o per contratto, sia impedita dal riconoscimento del diritto;

12. occorre invece considerare che, in tema di prestazioni assistenziali e previdenziali, la decadenza, in quanto istituto di ordine pubblico dettato a protezione dell’interesse alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubblici, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con il solo limite del giudicato, dovendosi escludere la possibilità, per l’ente previdenziale, di rinunciare alla decadenza stessa ovvero di impedirne l’efficacia riconoscendo il diritto ad essa soggetto;

13. tali principi hanno valenza generale e sono stati affermati da questa Corte in relazione a plurime fattispecie; con riferimento alla decadenza dall’esercizio dell’azione giudiziaria sia in materia di prestazioni previdenziali (v. Cass. 6331 del 2014; n. 3990 del 2016; n. 28639 del 2018; n. 17792 del 2020) e sia riguardo alle prestazioni di natura assistenziale e, tra queste ultime, anche per l’indennizzo del danno da emotrasfusione (v. Cass. n. 8959 del 2018); in ipotesi di decadenza per la mancata presentazione della domanda amministrativa nei termini stabiliti (v. Cass., n. 10472 del 2002; n. 8122 del 1997, secondo cui “La disposizione della L. n. 155 del 1981, art. 16, comma 1, che subordina il beneficio del prepensionamento alla presentazione della domanda entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge stessa o dal verificarsi degli eventi che ne costituiscono il presupposto, dà luogo ad una decadenza di carattere sostanziale che, concernendo la materia previdenziale, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in quanto dettata a protezione dell’interesse pubblico alla definitività e certezza delle determinazioni che concernono le erogazioni di spese gravanti su pubblici bilanci”);

14. la decadenza nella materia delle prestazioni previdenziali e assistenziali deve, infatti, ritenersi regolata, non dall’art. 2966 c.c. invocato dalla parte ricorrente, bensì dagli artt. 2968 e 2969 c.c., che sanciscono l’inderogabilità della relativa disciplina legale, l’irrinunciabilità e la rilevabilità d’ufficio della stessa;

15. al riguardo, si è opportunamente precisato che il diritto colpito da decadenza può anche essere disponibile (come sostiene parte ricorrente nel caso di specie) ma ciò non vale ad escludere che la decadenza possa essere prevista dalla legge a tutela di un interesse superiore rispetto a quello delle parti, ossia per regolare una materia sottratta alla loro disponibilità (v. Cass. S.U. n. 3197 del 1989 in materia di prestazione previdenziale; Cass. n. 8014 del 1997, in materia di appalto di opere pubbliche); e si è rilevato come, difatti, pur sussistendo una tendenziale corrispondenza tra i “diritti indisponibili”, cui fa riferimento la rubrica dell’art. 2968 c.c., e la “materia sottratta alla disponibilità delle parti”, menzionata nel testo della citata disposizione, non v’è tra le due espressioni una coincidenza assoluta;

16. le considerazioni svolte portano ad escludere la denunciata violazione di legge, è ciò senza considerare che la tesi di parte ricorrente non avrebbe alcuna fondatezza ove anche si ritenesse rinunciabile la decadenza in oggetto, in quanto il preteso riconoscimento del diritto, oltre a difettare di una serie di requisiti puntualmente descritti e valutati nella sentenza impugnata (e non suscettibili di riesame in questa sede), sarebbe comunque avvenuto in epoca successiva alla scadenza del termine di decadenza, sicchè non potrebbe avere alcuna efficacia impeditiva della stessa;

17. il ricorso va quindi respinto;

18. non si fa luogo alla regolazione delle spese poichè il Ministero non ha svolto difese;

19. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

 

 

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