Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4886 del 01/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 01/03/2010), n.4886

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.J.C., nella qualità di erede di F.M.

erede di F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato TRALICCI GINA, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, NICOLA VALENTE, PULLI CLEMENTINA, giusta mandato in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7522/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/01/2006 R.G.N. 9459/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

03/12/2009 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe indicata del 4 gennaio 2006 la Corte d’appello di Roma confermava il rigetto della domanda proposta da F.M. nei confronti dell’Inps per ottenere interessi legali e rivalutazione a causa del ritardo nella erogazione della pensione spettante al dante causa F.A..

La Corte territoriale, al pari del primo Giudice, affermava che la ricorrente non aveva fornito prova della sua qualità di erede, in quanto aveva prodotto una dichiarazione rilasciata da un notaio argentino e che la Costituzione dell’Aia, a cui l’Argentina aveva aderito, escludeva l’obbligo di legalizzazione da parte dell’autorità consolare italiana, sostituendola però con la formalità dell’apostille; poichè l’atto prodotto dalla ricorrente ne era privo, non vi era la prova della qualità di erede.

Avverso detta sentenza F.J.C., nella qualità di erede della F., propone ricorso con un motivo.

Resiste l’Inps con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, denunziandosi violazione di norme di diritto con riguardo all’art. 2697 cod. civ. e artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonchè error in procedendo ex art. 112 del citato codice, perchè, non avendo l’Inps contestato l’atto notarile prodotto, la sua idoneità a dimostrare la qualità di erede non poteva considerarsi più controverso e quindi la sentenza impugnata che ha ritenuto il medesimo documento inidoneo per carenza di apostille, sarebbe andata ultra o extra perita.

Il ricorso è infondato.

Controversia analoga è stata decisa da questa Corte con la sentenza n. 14921/2009, con cui si è affermato che il giudice, sia in primo grado, sia in appello, deve accertare d’ufficio la qualità di erede in quanto attinente alla titolarità del diritto processuale di adire il giudice, a prescindere dalle contestazioni della controparte (Cass. 1365/2006) quindi non rileva che l’Istituto non abbia contestato la regolarità dell’atto notarile.

Questo infatti era inidoneo, essendosi affermato sia dalla sentenza citata, sia da Cass. n. 27282 del 14 novembre 2008, che “Ai sensi della Convenzione sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata a l’Aja il 5 ottobre 1961 e ratificata dall’Italia con L. 20 dicembre 1966, n. 1253, la dispensa dalla legalizzazione è condizionata al rilascio, da parte dell’autorità designata dallo Stato di formazione dell’atto, di apposita “apostille”, da apporre sull’atto stesso, o su un suo foglio di allungamento, secondo il modello allegato alla Convenzione, con la conseguenza che, in assenza di tale forma legale di autenticità del documento, il giudice italiano non può attribuire efficacia validante a mere certificazioni provenienti da un pubblico ufficiale di uno Stato estero”.

Il ricorso va quindi rigettato. Nulla per le spese ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2010

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