Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4884 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 24/02/2020), n.4884

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27262/2014 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASILINA

1665, presso lo studio dell’avvocato FULVIO ROMANELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati GIUSEPPE

MATANO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE

ROSE;

– controricorrente –

e contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli Avvocati RAFFAELLA FABBI, LORELLA FRASCONA’,

che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A. (già Equitalia Gerit S.p.A.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 2593/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/04/2014 R.G.N. 2919/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. In data 7 maggio 2010 perveniva a P.S., da parte di Equitalia Gerit s.p.a., comunicazione di iscrizione di ipoteca del 13 aprile 2010 presso l’Agenzia delle Entrate di “(OMISSIS)” con l’invito a provvedere al pagamento della somma di Euro 1.025.655,50 a titolo di mancato pagamento di premi INAIL e di contributi IVS, oltre sanzioni, il tutto relativo all’arco temporale dal 1990 al 2008 e con riferimento a numerose cartelle di pagamento (elencate da pag. 2 al 6 dell’odierno ricorso).

2. L’opposizione proposta avverso tale iscrizione ipotecaria veniva respinta dal Tribunale di Roma, con sentenza n. 15096/2010. Tale sentenza era impugnata dall’originario opponente.

3. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 2593/2014, rigettava l’appello. Risulta da tale sentenza che l’appellante, a fondamento dell’impugnazione, aveva dedotto che l’Agente di Riscossione non aveva assolto l’onere probatorio relativo alla prova della notifica delle cartelle di pagamento. In sostanza, l’appellante aveva sostenuto che la documentazione prodotta in primo grado da Equitalia Gerit s.p.a., ossia la copia delle relate di notifica delle cartelle di pagamento indicate nell’iscrizione di ipoteca oggetto del giudizio di opposizione e che avevano dato origine all’iscrizione stessa, non era idonea ad assumere efficacia probatoria, dovendo la documentazione essere prodotta nelle forme di cui al D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18, cioè in copia autentica.

3.1. La Corte osservava che le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia di quelle autentiche se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta (art. 2719 c.c.) e che nel giudizio di primo grado l’opponente non aveva espressamente disconosciuto la conformità delle copie delle relate agli originali, ma aveva genericamente contestato la loro efficacia probatoria. Evidenziava che la giurisprudenza di legittimità richiede che l’onere di disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 c.c., deve essere assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto (Cass. n. 16232 del 2004).

3.2. Quanto poi alla doglianza relativa all’omesso esame da parte del Tribunale delle ulteriori eccezioni rappresentate nel ricorso in opposizione, osservava come dette eccezioni, attenendo alla regolarità formale del titolo e configurandosi quali opposizioni agli atti esecutivi, erano tardive ex art. 617 c.p.c., in quanto non proposte nel termine di venti giorni dalla notifica dell’iscrizione ipotecaria, avvenuta il 7 maggio 2010, ma soltanto con ricorso depositato il 16 giugno 2010.

4. Per la cassazione di tale sentenza P.S. ha proposto ricorso affidato sette motivi. Equitalia Sud s.p.a. è rimasta intimata. Hanno resistito con controricorso l’Inps e l’Inail.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 2697 e 2699 c.c., art. 113 c.p.c., D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18 e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c., per avere la Corte di appello omesso di considerare che, ove si tratti di un atto proveniente da un pubblico ufficiale, l’autenticazione delle copie deve essere fatta ai sensi dell’art. 18 cit., mentre nel caso in esame le copie erano prive della certificazione di conformità all’originale prevista da tale norma.

2. Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 615 c.p.c., falsa applicazione dell’art. 617 c.p.c., per avere dichiarato inammissibile ogni profilo di opposizione senza distinguere le questioni riconducibili alla estinzione per prescrizione dei titoli esecutivi dalle questioni con cui erano stati denunciati i vizi del procedimento sanzionatorio.

3. Con il terzo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7,1617 e conseguente inammissibilità della pretesa creditoria per essere le cartelle di pagamento nulle ed improduttive di effetti giuridici poichè carenti di motivazione, stante l’insufficiente riferimento al fatto che esse avessero ad oggetto il mancato pagamento di premi INAIL e di contributi IVS dal 1999 al 2008.

4. Con il quarto motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, commi 1 e 5, eccezione di nullità della cartella di pagamento incorporata all’interno dell’iscrizione di ipoteca, per non essere stato rispettato l’iter formativo della cartella di pagamento, in quanto avrebbe dovuto essere notificato al contribuente un c.d. avviso bonario, come previsto dall’art. 6 citato, al fine di consentire al contribuente di presentare eventuale documentazione in suo favore.

5. Con il quinto motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, per intervenuta prescrizione del diritto azionato.

6. Il sesto motivo denuncia nullità della sentenza per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, per intervenuta decadenza dal termine di iscrizione a ruolo.

7. Il settimo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 148 c.p.c., inesistenza giuridica della notifica dell’iscrizione di ipoteca delle cartelle esattoriali in esse incorporate, in quanto la relata di notificazione era stata apposta sul frontespizio dell’atto anzichè in calce e per impossibilità di qualificare il soggetto che materialmente ha effettuato la notifica.

8. Il ricorso è infondato.

9. Il primo motivo si incentra sulla necessità che l’autenticazione della copia della relata di notifica della cartella esattoriale sia fatta esclusivamente dal pubblico ufficiale dal quale l’atto è stato emesso o presso il quale è depositato l’originale. Nessuna censura è svolta con riferimento alla applicabilità della disciplina di cui all’art. 2719 c.c., posta a base del decisum. A prescindere da tale preliminare profilo di inammissibilità per difetto di specificità del motivo ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, la sentenza ha comunque fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte in materia.

9.1. Secondo costante orientamento, nell’ipotesi in cui il destinatario della cartella di pagamento ne contesti la notifica, l’agente della riscossione può dimostrarla producendo copia della stessa, senza che abbia l’onere di depositarne nè l’originale (e ciò anche in caso di disconoscimento, in quanto lo stesso non produce gli effetti di cui all’art. 215 c.p.c., comma 2 e potendo quindi il giudice avvalersi di altri mezzi di prova, comprese le presunzioni), nè la copia integrale, non essendovi alcuna norma che lo imponga o che ne sanzioni l’omissione con la nullità della stessa o della sua notifica (cfr. Cass. n. 25292, n. 4053 e n. 1974 del 2018). Il disconoscimento della conformità all’originale delle copie fotografiche o fotostatiche che, se non contestate, acquistano, ai sensi dell’art. 2719 c.c., la stessa efficacia probatoria dell’originale, è soggetto alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c. e, pertanto, deve avvenire, in modo formale e specifico, nella prima udienza o risposta successiva alla produzione”). E tanto è necessario, ai fini dell’ammissibilità della contestazione in quanto solo una volta che sia stata positivamente accertata la ritualità e, quindi, l’efficacia della contestazione, il giudice di merito può provvedere, ai sensi del disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5, ad ordinare all’agente della riscossione il deposito degli originali (v. sent. cit., che richiamano, in motivazione, Cass. n. 8446 del 2015; v. anche Cass. n. 9773 del 2009, n. 22770 del 2006) giacchè, in caso contrario, dovrà rigettare la richiesta e ritenere le copie prodotte conformi agli originali (Cass. n. 8059 del 2017).

9.2. Anche in questa sede va ribadito che l’art. 2719 c.c., esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche. Ne consegue che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta nella sua conformità all’originale ove la parte comparsa non la disconosca in modo specifico e non equivoco alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione, mentre il disconoscimento onera la parte della produzione dell’originale, fatta salva la facoltà del giudice di accertare tale conformità anche aliunde (cfr. ex plurimis, Cass. n. 13425 del 2014).

9.3. Nel caso in esame, la Corte di appello ha dato atto che i documenti non erano stati espressamente disconosciuti, non essendo a tal fine sufficiente la generica contestazione della loro efficacia probatoria.

10. Tutti i restanti motivi sono inammissibili, non essendo stato riportato l’iter processuale (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3) per comprendere se e in quale sede tali censure fossero state proposte.

10.1. La giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. n. 18316 del 2018 e Cass. n. 4403 del 2006) è consolidata nel ritenere che il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa (prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dell’art. 366 c.p.c., n. 3) postula che il ricorso per cassazione – pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della controversia offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti.

10.2. In particolare, poi, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù delle regole processuali di cui all’art. 366 c.p.c., anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio (tra le più recenti, Cass. 20694 e 15430 del 2018, 23675 del 2013).

10.3. Risulta dalla sentenza impugnata che la doglianza dell’appellante di omesso esame delle “ulteriori eccezioni rappresentate nel ricorso in opposizione” erano tutte relative alla “regolarità formale del titolo” e che, pertanto, le stesse avrebbero potuto costituire oggetto soltanto di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., nel termine di venti giorni prescritto da tale norma, termine decorrente dalla notifica della iscrizione ipotecaria, mentre il ricorso era stato depositato ben oltre tale termine.

10.4. A fronte di tale motivazione, il ricorrente si è limitato ad argomentare, con il secondo motivo, che la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che tutte le censure fossero riconducibili a vizi dei titoli. Per sostenere tale censura ha enumerato, con i successivi motivi di ricorso, le questioni di cui lamenta l’omesso esame. Tale censura non soddisfa i requisiti formali che devono essere osservati dal ricorrente per cassazione ex art. 366 c.p.c.. Difatti non è sufficiente la mera affermazione di avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù delle regole processuali di cui all’art. 366 c.p.c., l’odierno ricorrente avrebbe dovuto indicare: a) se le questioni di cui si lamenta l’omesso esame fossero state introdotte con il ricorso introduttivo; b) in quali termini le stesse fossero state decise dal giudice di primo grado; c) se le stesse fossero state oggetto di un motivo di appello. Il ricorso è del tutto carente di indicazioni al riguardo e, per tale assorbente motivo, è inammissibile in parte qua.

11. Il ricorso, nel suo complesso, va rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte costituita, ossia dell’Inail e dell’Inps, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate – alla stregua del valore della causa – nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2. Nulla va disposto quanto alle spese nei confronti di Equitalia Sud s.p.a., rimasta intimata.

12. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (nella specie, il rigetto del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascun Istituto controricorrente, delle spese, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.500,00 per compensi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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