Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4883 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4883 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 10142-2007 proposto da:
PICA

MASSIMO

C.F.PCIMSM47B05E230Y,

PICA

SAURO

C.F.PCISRA50T07E230D, IN PROPRIO E QUALI EREDI DI
SPIGARELLI LINA, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA OPPIDO MAMERTINA 4, presso lo studio
dell’avvocato NEGRETTI GIANDOMENICO, rappresentati e
2014

difesi dall’avvocato MARINO GIORGIO;
– ricorrenti –

286
contro

COND VIA CENEDA 17 ROMA, PIERMATTEI BENEDETTO, ROCCI
MARIA;

Data pubblicazione: 28/02/2014

- intimati –

sul ricorso 13466-2007 proposto da:
COND VIA CENEDA 17 ROMA, IN PERSONA DELL’AMM.RE
P.I.80346830583, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA MONTE ACERO 2-A, presso lo studio dell’avvocato

– controricorrente e ricorrente incidentale contro

PICA MASSIMO, PICA SAURO, PIERMATTEI BENEDETTO, ROCCI
MARIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 3132/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/01/2014 dal Consigliere Dott. GAETANO
ANTONIO BURSESE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, l’inammissibilità del
ricorso incidentale.

BAZZANI GINO, che lo rappresenta e difende;

PICA — Condominio via Ceneda 17 in Roma
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 — Massimo e Sauro PICA proponevano appello avverso la sentenza n.
25761/2002, con la quale il tribunale di Roma, in parziale accoglimento della

dichiarava quest’ultimo responsabile dei danni subiti dai loro locali siti al piano
seminterrato in conseguenza di infiltrazioni provenienti dall’impianto fognate
condominale, e lo condannava a titolo risarcitorio, con valutazione equitativa, al
pagamento di L. 85.000.000 per mancata utilizzazione dei locali dall’aprile
1990 fino alla data della pronuncia, oltre al pagamento delle spese di lite.
Gli appellanti lamentavano l’esiguità del risarcimento, che in base alla ctu
espletata, avrebbe dovuto aggirarsi a circa lire 12.000.000 all’anno, per 11 anni.
Si costituiva il Condominio di via Ceneda, opponendosi al gravame e
formulando appello incidentale, con cui denunciava il difetto di prova in ordine
ai danni da lucro cessante.
L’adita Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 3132/06 depositata in data
28.6.2006, in parziale modifica della decisione impugnata, stabiliva l’importo
risarcitorio pari ad € 39.940.92, oltre agli interessi con l’integrale
compensazione delle spese del grado. Secondo la corte capitolina il protrarsi
del disagio impediva l’uso dei locali che non erano in condizioni ottimali per
essere utilizzati, e ciò costituiva un danno il quale, attesa la carenza della prova
della perdita d’introiti da locazione fino al 1998, poteva essere risarcito in via

Corte Suprema di Cassazione

s

– est. d

A. Bursese-

3

loro domanda proposta contro il Condominio di via Ceneda n, 17 in Roma,

equitativa nell’importo di € 1000,00 all’anno, per nove anni ( 6 9.000,00). Invece
andava riconosciuto il danno derivante dall’assoluta inutilizzabilità dei locali per
il periodo in cui essi erano stati consegnati all’impresa per i necessari lavori (
dal 1998-2001), atteso che pochi mesi dopo la fine dei lavori, erano stati dati in

risarcimento per mancata locazione, che veniva quantificata in € 30.940,92, per
cui la somma complessiva ammontava in € 39.940,92.
Per la cassazione della suddetta decisione ricorrono

i Pica in proprio

e quali successori di Lina Spigarelli, loro madre, sulla base di 4 mezzi, illustrati
da memoria ex art. 378 c.p.c.; il Condominio resiste con controricorso,
formulando ricorso incidentale.
MOTIVI DELLE DECISIONE
2 – Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi ai sensi dell’art.
335 c.p.c. Si dà atto che il Condomino di via Ceneda 17 non ha prodotto la
delibera dell’assemblea condominiale autorizzante l’amministratore a stare in
giudizio con riferimento alla sentenza n. 18331/10 delle S .U. Civ. A tale fine
all’udienza dell’8.4.2013 la Corte concedeva il termine di gg. 90 per la
produzione della predetta delibera; il termine è perentorio e non può essere
prorogato, non ravvisandosi peraltro validi motivi per la concessione di alcuna
proroga come da istanza del procuratore del Condominio in data 22.07.2013
che dunque dev’essere disattesa. Tutto ciò comporta l’inammissibilità del
ricorso incidentale formulato dal condominio.

Corte Suprema di CassaLiolI sez. eiv est. dr. G. A. Bursese-

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locazione ; relativamente a tale periodo andava accolta la domanda di

3- Passando all’esame del ricorso principale proposto dai Pica, con il primo
motivo , gli esponenti denunciando ” la violazione del principio di contrattualità
del rapporto condominiale” ( artt. 1100 s.s. correlati con art. 1117 c.c. e con art.

causa associativa”, per cui anche l’eventuale responsabilità per fatti dannosi
avrebbe natura contrattuale. Ne consegue che nel caso di specie sarebbe
applicabile all’omessa attività del condominio di conservazione dei beni comuni
( come l’impianto di fognatura condominiale) la normativa riguardante la
responsabilità contrattuale, con ogni conseguenza in ordine all’onere della
prova ed alla valutazione del danno.
A chiusura del 1° motivo è posto il seguente quesito:
” Dica l’adita Corte se il lucro cessante, dipende da impossibile conclusione di
rapporti locatizi commerciali aventi ad oggetto il locale in questione, rappresenti
quanto il proprietario/creditore avrebbe ricavato se il Condominio avesse
conservato l’impianto comune ( art. 1177 c.c.) consentendo l’ordinaria
locazione del bene. Dica se sia a tal fine sufficiente dimostrare, sulla base di
precedenti attendibili situazioni locatizie preesistenti, provate da contratti
analoghi , che il danno da lucro cessante verosimilmente sia pari a quanto
indicato nei pregressi canoni locatizi.”
Con il 2° motivo gli esponenti denunciano la violazione di legge in specie
dell’art. 1218 c.c. Posto che

Corte Suprema di C’

nel caso in esame, relativamente alla

I sez. eiv est. dr. (i. A. Bursese-

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1223 c.c.) , deducono che il rapporto condominiale ha natura contrattuale “con

responsabilità “in omettendo” del Condominio, non sussistono dubbi e chiarito
che la responsabilità in questione è di natura contrattuale , secondo i
ricorrenti l’obbligo di risarcimento del danni etiologicamente dipende da tale
“disfunzione” contrattuale. I Pica hanno fornito la prova dell’inadempimento del
e quindi da ciò

I:09

deriverebbe la

responsabilità per danno dello stesso Condominio , anche con riferimento al
mancato guadagno.
In conseguenza di ciò si attenuerebbe inoltre l’onere probatorio a carico dei
danneggiati, una volta che essi avessero dato la prova dell’inadempimento
dell’obbligazione di facere posta a carico dell’indicato Condominio. Essi dunque
non dovevano provare ” di non aver potuto ottenere utili introiti da rapporti
locatizi, dato che avevano adeguatamente provato che il bene era inidoneo a
tali rapporti per fatto condominiale”
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:

” Dica la Corte se attraverso il rapporto fra la consulenza tecnica Serafini che
ricava il danno da elementi circostanziati inoppugnabili e non opposti, né vinti,
sia legittimo l’uso della discrezionalità equitativa ex ad. 1226 c.c. fondando la
disapplicazione della valutazione tecnica su una labile prova “di due feste da
ballo” svolte nel locale improduttivo, nell’arco di 4/5 anni di tempo. Dica se così
facendo si violi o meno la regola di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c. e si violi il
presupposto logico sotteso all’ammissione di CTU”.

Corte Suprema di Cassazione Il se

est. dr. G. A. Bursese-

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condominio circa l’obbligazione di facere

3 – I due motivi che precedono – congiuntamente esaminati in quanti connessi sono entrambi inammissibili in quanto si riferiscono a questioni nuove – che
non uisultano in p-recedenza p-roposte – q uale La prospettata responsabilità
contrattuale del Condominio nei confronti dei comproprietari-condomini per i

sono dunque inammissibili in quanto in precedenza la responsabilità del
condominio era stata pacificamente fondata su fatto illecito e di natura quindi
extracontrattuale.
4 – Passando all’esame del 3° motivo gli esponenti denunciano: ”

Responsabilità extracontrattuale eventuale e residuale. Congruità della prova
sul danno in concreto. Illegittimità della valutazione ablativa dello stesso, per
contrasto con le risultanze processuali. ”
Deducono che anche, se

si trattasse di responsabilità extracontrattuale (

eventuale e residuale) deve ritenersi comunque congrua la prova da essi
fornita in relazione al caso concreto ( lucro cessante). Viene criticata inoltre
l’illegittima riduzione del danno operata dalla Corte d’Appello che non si era
attenuta alle valutazioni del ctu.
A conclusione del motivo sono posti i seguenti quesiti:

” Dica la Corte se ex art. 2056 c.c. il lucro cessante – nonostante l’equo
apprezzamento prescritto dalla lettera della norma – debba tener conto delle
“circostanze del caso” che sono date dal tempo di anni otto per dare corso alle
opere di bonifica e ristrutturazione; dalla inoccupazione a fini reddituali del

Corte Suprema di Cassa/ione Il sei

. dr.

A. Bursese-

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danneggiamenti dei loro locali a causa delle ricordate infiltrazioni. Tali motivi

locale; dall’attività di verifica de/locale da parte dei tecnici per almeno 4 anni (
ad intervalli) con sondaggi, verifiche ecc; da necessità di provvedimento
d’urgenza per attivare le opere”.
” Dica se alla stregua di quanto risulti sopra, risulti legittima ( o meno) la

primo giudice, attenutosi alla valutazione del ctu: Dica Infine se la diversa
opinione e valutazione della Corte su quantum da lucro cessante imponesse
una congrua motivazione nell’ambito di quanto risulta ex art. 115 e 116 c.p.,c.
acquisito in processo”.
Rileva il Collegio che la superiore censura

si riferisce alla concreta

liquidazione del danno così come stabilita dal giudice distrettuale, liquidazione
ritenuta ugualmente illegittima e non correttamente motivata ” ove la domanda
fosse da interpretarsi di risarcimento dei danni da responsabilità
extracontrattuale.” Non sono ravvisabili né le violazioni di legge ( peraltro
neanche precisate) e neppure il difetto di motivazione di cui si fa generico
cenno nel quesito di diritto sopra riportato. Invero la censura è assai generica,
né alcuna specifica critica viene mossa circa l’asserita mancata, totale
adesione alle conclusioni del ctu da parte del giudice d’appello, pure richiamata
nel solo quesito. In ogni caso le predette doglianze riguardano le modalità
ed i criteri seguiti dalla Corte distrettuale per la liquidazione del danno , ma si
risolvono in mere ( e peraltro con corrette) valutazioni dei dati probatori
acquisiti, inammissibili in un giudizio di legittimità, attesa la congrua

Corte Suprema di Cassai

Il sei. eiv. – est. dr. G. A. Bursese-

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riduzione di quantificazione operata dalla Corte in riforma di quanto stabilito dal

motivazione della sentenza, priva di vizi logici e giuridici. La corte distrettuale
ha infatti esaminato in modo corretto , ancorché succinto, tutte le prospettate
questioni in tema di liquidazione del danno, facendo corretto riferimento al
reddito dell’immobile nei vari periodi e nelle diverse circostanze ( prima e dopo

periodi in cui gli stessi locali era stati effettivamente locati e quando invece
erano o meno utilizzabili

(

v. sentenza pagg. 3-4) ( v. anche in tema di vizio di

motivazione, pure prospettato: Cass. n. 17477 del 09/08/2007; Cass. n. 11789
del 7.6.2005).
5 – Passando 4° ed ultimo motivo del ricorso, con esso i ricorrenti denunciano
la violazione degli artt. 91/92 c.p.c. ( Spese di soccombenza in grado
d’appello). A loro avviso non sarebbe giustificata la disposta compensazione
delle spese processuali perché il danno in fondo era stato pur sempre
riconosciuto anche se in misura ridotta per equità nel giudizio d’appello.
Il quesito di diritto è il seguente:
“Dica la Corte adita se a fronte dell’accoglimento integrale di due doglianze di
appello; e dell’accoglimento confermativo, se pur ridotto per pretesa equità, del
danno accertato in prime cure, sia o meno legittimo negare le spese di
soccombenza a favore della parte vittoriosa, disattendendo gli art. 91 e 92
c.p.c., alla stregua di una soltanto parziale riforma sul punto”.

Corte Suprema di Cassazione –

si. dr. G. A. Bursese-

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l’eliminazione delle infiltrazioni ed il risanamento dei locali) ; nonché ai

La doglianza non è fondata, avendo il giudice distrettuale motivato la disposta
compensazione delle spese ( che rientra tra i suoi poteri discrezionali) facendo
corretto riferimento al parziale accoglimento delle impugnazioni.
In conclusioni dev’essere rigetto il ricorso incidentale e dichiarato inammissibile

dell’assemblea condominiale al suo amministratore. In conseguenza della
reciproca soccombenza si ritiene di compensare le spese processuali.
P.Q.M.
la Corte riunisce i ricorsi; rigetta

il ricorso principale e dichiara inammissibile

il ricorso incidentale, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese
di questo giudizio di legittimità.
In Roma li 28.1.2014

il ricorso incidentale, stante la mancata autorizzazione a stare in giudizio

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