Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4881 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. un., 27/02/2017, (ud. 20/12/2016, dep.27/02/2017),  n. 4881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Pres. f. f. –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente Sezione –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –

Dott. DIDONE Antonio – Presidente Sezione –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente Sezione –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente Sezione –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21575-2015 proposto da:

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio

dell’avvocato GIANLUIGI PELLEGRINO, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAVIA 30,

presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PROIETTI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FABIO RAPONI, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

S.M.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 508/2015 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il

03/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. MANNA ANTONIO;

uditi gli Avvocati GIANLUIGI PELLEGRINO, FABRIZIO PROIETTI e FABIO

RAPONI;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO RICCARDO,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 3.2.15 il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza n. 2194/14 del TAR Lazio, innanzi al quale ha rimesso la causa.

Il TAR aveva declinato la propria giurisdizione sul ricorso proposto da C.P. contro l’attribuzione a S.M.L. dell’incarico di dirigente dell’Area “Autorizzazioni paesaggistiche e Valutazione ambientale strategica” della Direzione “Territorio, Urbanistica, Mobilità e Rifiuti” della Regione Lazio e contro l’avviso informativo della Regione Lazio per la ricerca di professionalità per l’affidamento a soggetto esterno all’amministrazione regionale di tale incarico, nonchè contro il presupposto regolamento regionale n. 1/2002.

2. Il Consiglio di Stato ha ravvisato la giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di controversia in cui la contestazione investe direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti di macro organizzazione, tramite i quali le pubbliche amministrazioni definiscono le linee fondamentali degli uffici e dei provvedimenti che determinano i modi di conferimento della titolarità degli incarichi dirigenziali.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre ex art. 111 Cost., u.c., art. 362 c.p.c., comma 1 e D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 110, la Regione Lazio affidandosi ad un solo motivo con il quale sostiene la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di controversia in materia di conferimento di incarichi dirigenziali e non sussistendo in tal caso esercizio di poteri autoritativi incidenti su posizioni di interesse legittimo.

4. C.P. resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

5. S.M.L. – anche nei confronti della quale si sono svolti i giudizi innanzi al TAR e al Consiglio di Stato – non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico motivo la Regione Lazio sostiene la giurisdizione del giudice ordinario in base al rilievo che quella in esame è una controversia in materia di conferimento di incarichi dirigenziali e che non sussiste in tal caso esercizio di poteri autoritativi incidenti su posizioni di interesse legittimo.

2. Il ricorso è infondato, dovendosi confermare la giurisdizione del giudice amministrativo.

Si premetta che, conformemente all’art. 103 Cost., il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, eccettuate le ipotesi di giurisdizione esclusiva del secondo, si fonda sulla consistenza della situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, che è di interesse legittimo – e non di diritto soggettivo (tutelato dal giudice ordinario ai sensi dell’art. 2907 c.c.) – nei casi in cui sia correlata all’esercizio di poteri autoritativi di cui è titolare l’amministrazione.

Ai fini del riparto di giurisdizione non rilevano, invece, la titolarità dell’interesse fatto valere e il grado di protezione accordato dall’ordinamento in relazione ai poteri attribuiti al giudice adito (cfr. Cass. S.U. 8 novembre 2005, n. 21592).

Nella vicenda in esame C.P. ha chiesto al giudice amministrativo l’annullamento:

– dell’avviso informativo della Regione Lazio per la ricerca di professionalità per l’affidamento a soggetto esterno all’Amministrazione regionale dell’incarico di dirigente dell’Area “Autorizzazioni paesaggistiche e Valutazione ambientale strategica” della Direzione regionale “Territorio, Urbanistica, Mobilità e Rifiuti”; del presupposto atto di organizzazione n. (OMISSIS) del 29.8.2013, con cui il Direttore della Direzione regionale “Risorse umane e sistemi informativi” della Regione Lazio ha disposto la pubblicazione del predetto invito;

– di ogni atto della Regione Lazio, ivi incluso il Regolamento di organizzazione degli uffici e servizi della Regione Lazio n. 1/2002 e s.m.i., in tutte le parti in cui esclude nelle procedure di selezione pubblica di ricerca dei dirigenti di area la valutazione comparativa dei titoli dei partecipanti esterni al ruolo regionale, ivi compreso l’allegato H;

– dell’avviso di conferimento dell’incarico di dirigente dell’Area “Autorizzazioni paesaggistiche e Valutazione ambientale strategica” della Direzione regionale “Territorio, Urbanistica, Mobilità e Rifiuti”, pubblicata sul B.U.R. Lazio n. 87 del 22.10.2013.

Dunque, la ricorrente ha chiesto l’annullamento per asseriti vizi di legittimità d’un atto di macro organizzazione, tale essendo il summenzionato regolamento di organizzazione degli uffici e servizi della Regione Lazio n. 1/2002, nella parte in cui esclude nelle procedure di selezione pubblica di ricerca dei dirigenti di area la valutazione comparativa dei titoli dei partecipanti esterni al ruolo regionale.

Orbene, secondo la giurisprudenza di queste S.U. (v. sentenza n. 3052/09) rientrano nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie nelle quali, pur chiedendosi la rimozione del provvedimento di conferimento di un incarico dirigenziale (e del relativo contratto di lavoro), previa disapplicazione degli atti presupposti, la contestazione operata dal ricorrente investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo, che si assume non essere conforme a legge perchè non lo sono gli atti di macro organizzazione mediante i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi.

Infatti – prosegue la citata giurisprudenza di queste S.U. – in tal caso non può operare il potere di disapplicazione previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1, conformemente all’istituto generale di cui alla L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E, potere che, invece, era stato alla base della motivazione del TAR Lazio, secondo cui l’impugnazione dell’atto amministrativo presupposto (il summenzionato regolamento di organizzazione degli uffici e servizi della Regione Lazio n. 1/2002) non avrebbe spostato i termini della questione, potendo il giudice ordinario disapplicarlo se illegittimo.

Al contrario, deve osservarsi che il potere di disapplicazione presuppone che sia dedotto in causa un diritto soggettivo su cui incida un provvedimento amministrativo ritenuto illegittimo, mentre nel caso in esame si deduce una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo soltanto all’esito della rimozione del provvedimento di macro organizzazione (cfr, altresì, Cass. S.U. 27 maggio 1999, n. 308; 23 novembre 1995, n. 12104; 9 novembre 1992, n. 12073).

Del resto, un’interpretazione che, estendendo il potere di disapplicazione del giudice ordinario, nel contempo gli affidasse la giurisdizione pur in assenza di diritti soggettivi già sorti finirebbe inesorabilmente con il collidere con l’art. 103 Cost., comma 1, e con la stessa formulazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1, nella parte in cui, pur attribuendo al giudice ordinario la cognizione delle controversie “relative ai rapporti di lavoro”, nondimeno stabilisce che “l’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo”, così sottolineando la diversità tra il giudizio concernente l’impugnazione di atti autoritativi e quello sul rapporto di lavoro e i diritti soggettivi.

Parte ricorrente invoca a sostegno del proprio ricorso Cass. S.U. nn. 11387, 11711, 11712 e 11713 del 2016, ma si tratta di precedenti giurisprudenziali in cui questa Corte ha distinto la giurisdizione amministrativa sugli atti autoritativi organizzativi da quella ordinaria sulla residua parte della domanda (concernente il mantenimento d’un incarico dirigenziale revocato alla parte attrice).

E infatti la citata sentenza n. 11387 del 2016 ha statuito che la controversia nella quale un dirigente, a seguito del mancato conferimento di un incarico, prospetti un pregiudizio professionale derivante dall’adozione di atti di macro organizzazione correlati all’esercizio di poteri autoritativi (nella specie, rivolti a ridefinire le strutture amministrative e a stabilire i criteri e le modalità di attribuzione degli incarichi dirigenziali) al fine di ottenerne l’annullamento, la rimozione degli effetti ed un nuovo esercizio del potere amministrativo, spetta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo in quanto implica la deduzione di una posizione di interesse legittimo, rispetto alla quale il rapporto di lavoro non costituisce l’effettivo oggetto del giudizio e gli effetti pregiudizievoli derivano direttamente dall’atto presupposto di cui si contesta la legittimità.

Nella vicenda processuale in oggetto la situazione giuridica dedotta in lite da C.P. è correlata esclusivamente all’illegittimo esercizio d’un potere autoritativo organizzativo.

3. In conclusione, va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo e rigettato il ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e si distraggono ex art. 93 c.p.c., in favore dei difensori della controricorrente, dichiaratisi antistatari.

Non è dovuta pronuncia sulle spese riguardo a S.M.L., che non ha svolto attività difensiva.

PQM

dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali e agli accessori di legge, spese da distrarsi in favore degli avv.ti Fabio Raponi e Fabrizio Proietti, antistatari.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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