Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4880 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/02/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2421/2019 proposto da:

D.G.M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANARO

25, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VISCO, rappresentata e

difesa dagli avvocati LUCIA MARTINO, VINCENZO DE MICHELE;

– ricorrente principale –

contro

BANCA POPOLARE DI BARI SOCIETA’ COOPERATIVA per Azioni, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI GRACCHI 283, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

CALA’, rappresentata e difesa dall’avvocato ROMUALDO PECORELLA;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e contro

D.G.M.P.;

– ricorrente principale controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2069/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 12/11/2018 R.G.N. 1437/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per estinzione per rinuncia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2069 del 12.11.2018 la Corte di appello di Bari, confermando la pronuncia del Tribunale di Foggia in sede di opposizione della L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 57, ha respinto la domanda di nullità e di annullamento del licenziamento intimato il 24-25.1.2014 dalla Banca popolare di Bari soc.c.oop.p.a. a D.G.M.P., impiegata inquadrata nella III Area professionale, III livello retributivo, per reiterati episodi di allontanamento dalla residenza durante le fasce orarie di reperibilità per le visite mediche di controllo nell’arco di un mese (in specie, nei giorni 25, 27, 28, 29 novembre, 2 e 6 dicembre 2013).

2. La Corte, esclusi profili di discriminazione e ritorsività del licenziamento, respingeva i reclami proposti sia dalla lavoratrice che dalla società rilevando che la disamina del materiale probatorio non aveva consentito di accertare la indifferibilità ed ineluttabilità della scelta del Centro fisioterapico presso il quale la lavoratrice si era recata durante le fasce orarie di reperibilità e che, peraltro, la preventiva comunicazione (tramite mai) al datore di lavoro delle assenze attenuava il profilo psicologico della condotta, determinando la carenza di proporzionalità della sanzione espulsiva adottata dalla Banca, con conseguente applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, declaratoria di risoluzione del rapporto di lavoro e condanna della Banca stessa al pagamento di un’indennità comprensiva pari a 17 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

3. Per la cassazione di tale sentenza la D.G. ha proposto ricorso affidato a otto motivi. La Banca resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a un motivo. Parte ricorrente ha replicato, al ricorso incidentale, con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale la lavoratrice denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1324,1362,1363,1364,1366,1370 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 2,L. n. 300 del 1970, artt. 7 e 8 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, confermato l’interpretazione erronea del Tribunale in ordine al contenuto della lettera di contestazione disciplinare inviata alla lavoratrice che doveva ritenersi incentrata sull’assenza di uno stato di effettiva malattia, senza che rilevasse la mera condotta dell’allontanamento dal domicilio durante le fasce di reperibilità.

2. Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso principale si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 32 Cost., D.L. n. 463 del 1983, art. 5 (convertito in L. n. 638 del 1983), L. n. 833 del 1978, art. 25,D.M. 14 settembre 1994, n. 741, L. n. 300 del 1970, art. 7,artt. 1175,1362,1263,1366,1375,2697 c.c., nonchè degli artt. 112,115 e 434 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) avendo, la Corte distrettuale, effettuato al caso di specie una meccanica trasposizione dei principi giurisprudenziali affermati dalla Suprema Corte, senza valutare le circostanze concrete del caso e in particolare che il datore di lavoro non aveva mai chiesto alla lavoratrice di provare l’impossibilità di rispettare le fasce di reperibilità con riferimento ad altre strutture fisioterapiche, profilo evidenziato nell’atto di reclamo e trascurato dalla Corte stessa.

3. Con il quarto motivo del ricorso principale si denunzia violazione dell’art. 111 Cost., artt. 115,116,132 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) avendo, la Corte distrettuale, fornito argomentazioni perplesse e contraddittorie a proposito della idoneità delle prove offerte dalla lavoratrice a giustificazione degli allontanamenti durante le fasce di reperibilità, avendo, da un lato, affermato che con certezza determinate circostanze risultano essere state provate dalla lavoratrice con documenti e testimoni e, nello stesso tempo, insinuando dubbi sulla idoneità di determinate prove che si configuravano decisive ai fini della causa.

4. Con il quinto motivo del ricorso principale si denunzia violazione della L. n. 300 del 1970, artt. 4 e 5, T.U. n. 151 del 2001, art. 47, comma 5, D.Lgs. n. 196 del 2003, D.P.C.M. 26 marzo 2008, n. 32088, artt. 1175 e 1375 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, ritenuto irrilevante la preventiva, spontanea, comunicazione della lavoratrice dell’allontanamento dall’abitazione durante le fasce di reperibilità, da ritenere quale esimente ai fini disciplinari e indice di buona fede e correttezza. La Banca, inoltre, aveva proceduto, incaricando un’agenzia investigatrice per accertare gli spostamenti della lavoratrice, un controllo occulto non consentito dalla normativa a tutela della privacy.

5. Con il sesto e il settimo motivo del ricorso principale si denunzia violazione degli artt. 3 e 111 Cost., artt. 112,115,116,132 c.p.c., D.Lgs. n. 145 del 2005, direttiva 2002/73/Ce, D.Lgs. n. 198 del 2006, L. n. 300 del 1970, art. 15, T.U. n. 151 del 2001, art. 54, comma 6, artt. 2697,2727,2729 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5) avendo, la Corte distrettuale, fornito argomentazioni apparenti circa l’insussistenza di profili ritorsivi e discriminatori del licenziamento, a fronte delle argomentazioni sviluppate nell’atto di reclamo che facevano rilevare come le indagine investigative della Banca erano state effettuate durante la fruizione del congedo per malattia della figlia, alla luce delle affermazioni contenute negli atti giudiziari della Banca ove emergeva chiaramente che la ragione del licenziamento era basata in realtà sulle numerose gravidanze della lavoratrice e sulla richiesta di fruizione dei benefici a tutela della maternità. La Corte distrettuale ha esaminato singolarmente solo alcuni degli elementi in fatto rappresentati nell’atto di reclamo, mentre ha omesso completamente l’esame di altri e, tra l’altro, proprio di quelli più significativi.

6. Con l’ottavo motivo del ricorso principale si denunzia violazione dell’art. 3 Cost., L. n. 300 del 1970, art. 18, art. 2119 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 3, artt. 34 e 40 c.c.n.l. Credito 8.12.2007, artt. 38 e 44 c.c.n.l. Credito 19.1.2012 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5) avendo, la Corte distrettuale, escluso di ordinare la reintegrazione nel posto di lavoro in assenza di una sanzione, di carattere conservativo, che prevedesse la condotta tenuta dalla lavoratrice, con ciò fornendo una errata interpretazione restrittiva delle clausole del contratto collettivo, non conforme al principio di uguaglianza che richiede il medesimo trattamento di tutti l’lavoratori a prescindere dal settore merceologico di appartenenza (e, cioè, del c.c.n.l. applicato). Sussiste, pertanto, la questione di legittimità costituzionale ove si interpreti la previsione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, in senso restrittivo (quindi con esclusivo riferimento a clausole dei c.c.n.l. che tipizzano specificamente determinati comportamenti) posto che si perpetrerebbe una disparità di trattamento nei confronti di quei lavoratori appartenenti a settori ove le parti sociali hanno elaborato esclusivamente fattispecie generiche ed astratte, rimettendo all’arbitrio del datore di lavoro la scelta della sanzione da applicare.

7. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la Banca denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 1, art. 2196 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che l’assenza dal domicilio durante le fasce di reperibilità si era ripetuta per ben 7 volte nell’arco di meno di un mese, ciò ledendo irrimediabilmente il vincolo fiduciario, anche in considerazione della qualifica rivestita.

8. Le parti, con nota depositata il 19.11.2019, hanno depositato verbale di conciliazione intervenuto in sede sindacale ove risulta che le stesse hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua, dandosì atto della reciproca rinuncia (ed accettazione) agli atti e alle azioni proposte presso questa Corte con compensazione integrale delle spese di lite.

9. Il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione essendo sopravvenuto un mutamento della situazione evocata in giudizio; le spese di lite sono compensate integralmente tra le parti in ossequio all’assetto di interesse dalle stesse individuato nel verbale di conciliazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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