Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4879 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. un., 27/02/2017, (ud. 27/09/2016, dep.27/02/2017),  n. 4879

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Pres. f. f. –

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente Sezione –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente Sezione –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria C. – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25642-2014 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAFILE 13,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO CARIOTI, rappresentaLu e difeso

dagli avvocati MASSIMO GIUFFRIDA, CANDELORO NANIA, per delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE D’APPELLO PER LA REGIONE

SICILIANA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

– controricorrente –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 170/2014 della CORTE DEI CONTI – SEZIONE

GIURISDIZIONALE D’APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA – PALERMO,

depositata il 18/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. VIRGILIO BIAGIO;

udito l’Avvocato Candeloro NANIA;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO RICCARDO,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Siciliana, con sentenza depositata il 7 novembre 2012, condannò B.G. al pagamento, in favore del Ministero dell’economia e delle finanze, della metà della somma di Euro 459.512,88 (l’altra metà fu posta a carico di altro soggetto), oltre accessori, per avere, in qualità di direttore dell’Ufficio IVA di Catania, disposto rimborsi d’imposta non dovuti, in quanto eseguiti nei confronti di una società ritenuta inesistente.

Avverso la sentenza il B. propose ricorso per revocazione, denunciando la violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 395 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 4.

Con sentenza n. 170/A/2014, depositata il 18 aprile 2014, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Siciliana, ha dichiarato inammissibile, e comunque rigettato, il ricorso.

Ha ritenuto, in particolare che: il ricorrente ha avuto un processo giusto ed equo, nel rispetto delle forme e dei termini processuali; non è ravvisabile un errore di fatto revocatorio, avendo il giudice compiuto una valutazione delle risultanze probatorie e, quindi, espresso un giudizio, come tale sottratto al rimedio della revocazione; non si versa nell’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 1, che richiede il dolo nel processo, in quanto le denunciate condotte renitenti ed elusive dell’Amministrazione erano avvenute in gran parte in epoca successiva alla pubblicazione della sentenza e comunque esulano da ogni possibilità di considerazione da parte del giudice della revocazione, che deve basarsi soltanto sulla motivazione della sentenza revocanda.

2. Avverso detta sentenza B.G. propone ricorso per cassazione, illustrato con memoria.

3. Il Procuratore generale presso la sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti per la Regione Siciliana resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente, denunciando la violazione del principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., lamenta il mancato doveroso esercizio, da parte del giudice a quo, del potere di svolgere una completa attività istruttoria, idonea al fine di pervenire all’accertamento della verità dei fatti.

Col secondo motivo, è denunciato il vizio di “omessa, insufficiente, errata e contraddittoria motivazione”, sotto il profilo del difetto di adeguato esame e controllo giurisdizionale in ordine alla veridicità di documentazione in realtà non rispondente al vero.

Infine, il ricorrente si duole, con la terza censura, della “omessa valutazione delle prove e/o contraddittorietà delle deduzioni sulle stesse alla luce delle risultanze e degli atti di causa”, nonchè della violazione dell’art. 111 Cost., u.c., “sotto il profilo del mancato esercizio delle potestà giurisdizionali spettanti all’organo giurisdizionale agente”. Lamenta che l’Amministrazione, a fronte delle sue ripetute istanze concernenti l’accertamento della sede della società beneficiaria dei rimborsi, ha mantenuto una condotta dapprima ambigua e poi renitente ed elusiva, così integrando la fattispecie del dolo revocatorio, che il giudice ha rifiutato di valutare, rinunciando all’esercizio delle sue prerogative giurisdizionali.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. Premesso che, in sede di ricorso per cassazione avverso sentenza della Corte dei conti pronunciata su impugnazione per revocazione, può sorgere questione di giurisdizione solo con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, restando esclusa la possibilità di mettere in discussione detto potere sulla precedente decisione di merito (Cass. Sez. U. 23/7/2014, n. 16754; 27/1/2016, n. 1520), deve essere, in generale, ribadito il principio in virtù del quale, ai sensi dell’art. 111 Cost., u.c., il ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti è ammesso per i soli “motivi inerenti alla giurisdizione”, con la conseguenza che il sindacato delle Sezioni unite di questa Corte è circoscritto al controllo dell’eventuale violazione dei limiti esterni (cioè dei confini) della giurisdizione del giudice amministrativo e del giudice contabile, ovvero all’esistenza di vizi che attengono all’essenza stessa della funzione giurisdizionale, senza estendersi al modo del suo esercizio (tra le altre, Cass. Sez. U. 16/2/2007, n. 3615; 19/7/2013, n. 17660; 2/5/2016, n. 8586; 31/5/2016, n. 11380).

Ed è del tutto evidente come il primo, il secondo e il primo profilo del terzo motivo non superano il perimetro dei limiti interni della giurisdizione del giudice contabile.

2.3. In ordine, poi, alla prospettazione, nell’ambito del terzo motivo, di un diniego di giustizia, la denuncia di rifiuto di giurisdizione è ammissibile, ai sensi dell’art. dell’art. 362 c.p.c., soltanto se il rifiuto sia determinato dall’affermata estraneità alle attribuzioni giurisdizionali dello stesso giudice della domanda (nel senso che non possa essere da lui conosciuta), e non quando il diniego di tutela sia fondato sull’interpretazione di norme invocate a sostegno della pretesa: per ravvisare un’ipotesi di denegata giustizia occorre, dunque, anche in questo caso, che il risultato non sia l’effetto del modo in cui il giudice ha applicato regole di rito o di diritto sostanziale, ma sia l’effetto dell’erroneo convincimento che la situazione giuridica dedotta non appartenga all’ambito della sua giurisdizione (Cass. Sez. U. 8/2/2013, n. 3037; 15/3/2016, n. 5077; 10/2/2017, n. 3561).

Nella fattispecie, il giudice contabile non ha affermato l’estraneità alla propria giurisdizione della domanda di revocazione ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 1, essendosi invece limitato ad osservare che non ricorreva l’ipotesi di cui alla norma citata, la quale richiede il dolo nel processo, e che i denunciati comportamenti dell’Amministrazione – peraltro in gran parte successivi alla pubblicazione della sentenza revocanda – non potevano essere presi in considerazione dal Collegio, il quale doveva riferirsi soltanto alla motivazione della sentenza e questa aveva attribuito alla società beneficiaria dei rimborsi l’onere della prova dell’ubicazione della propria sede (e così dovendosi escludere – s’intende – alcun effetto delle dette condotte sull’esito della decisione), così esprimendo, quindi, un giudizio non censurabile con lo strumento della revocazione.

3. Non v’è luogo a provvedere sulle spese, in ragione della qualità di parte solo in senso formale del Procuratore generale presso la Corte dei conti.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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