Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4878 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4878 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 7532-2008 proposto da:
BROVELLI ANTONIO BRVNTN48D25A290R, domiciliato in ROMA
ex lege P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE
difeso e rappresentato dagli avvocati ARTONI FURIO,
DELL’ERBA FRANCO;
– ricorrente contro

MAGAI

LAURA

MGALRA36S47L781W,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 79, presso lo
studio dell’avvocato CORTI PIO, rappresentata e difesa
dall’avvocato PAGANINI EUGENIO;

Data pubblicazione: 28/02/2014

- controricorrente
avverso la sentenza n.

812/2007 della CORTE D’APPELLO

di MILANO, depositata il 20/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/01/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO

udito

l’Avvocato CHERUBINI

Giorgio con delega

depositata in udienza dell’Avvocato ARTONI Furio,
difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
udito l’Avvocato BACCARO Raffaella con delega
depositata in udienza dell’Avvocato PAGANINI Eugenio,
difensore della resistente che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

MAZZACANE;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 25-10-1993 Luigi Brovelli conveniva in giudizio dinanzi al
Tribunale di Varese Laura Magai chiedendone la condanna alla rimozione delle opere
illegittimamente realizzate (ovvero gradini, tettoia, marciapiede, tutti sporgenti dal filo del

dei danni per la tracimazione di acque sulla strada in caso di pioggia.

Instauratosi il contraddittorio la convenuta contestava il fondamento delle domande attrici,
eccependo che le opere non invadevano la sede stradale e che, comunque, era maturata
l’usucapione ventennale al mantenimento delle stesse; in via riconvenzionale chiedeva la
condanna del Brovelli alla demolizione di un tratto di recinzione realizzata nel 1991 che invadeva
lo spazio a lato della sua cascina e che impediva ai veicoli di svoltare.

Il Tribunale di Varese con sentenza del 10-6-2003, in parziale accoglimento della domanda attrice,
condannava la Magai alla rimozione della fossa biologica e, in accoglimento della domanda
riconvenzionale, condannava il Brovelli alla rimozione della recinzione del proprio fondo,
rigettando le ulteriori domande.

Proposto gravame da parte del Brovelli cui resisteva la Magai formulando altresì un appello
incidentale la Corte di Appello di Milano con sentenza del 20-3-2007 ha rigettato entrambe le
impugnazioni.

Per la cassazione di tale sentenza Antonio Brovelli quale erede di Luigi Brovelli, nel frattempo
deceduto, e quale proprietario esclusivo dell’immobile per cui è causa a seguito del suddetto
decesso, essendone originariamente usufruttuario in base a rogito per notaio Cutino del 20-101998, ha proposto un ricorso affidato a due motivi cui la Magai ha resistito con controricorso.

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fabbricato, ed una fossa di latrina costruita in violazione delle distanze legali) ed al risarcimento

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo omessa, contraddittoria ed illogica motivazione,
censura la sentenza impugnata per aver ritenuto l’esistenza di una recinzione realizzata da Luigi
Brovelli nella zona ivi indicata in realtà insussistente; aggiunge che il giudice di appello ha disatteso

recinzione del Brovelli era stata correttamente eseguita “nel rispetto dei patti convenuti nei titoli di

provenienza”, mentre invece ciò non poteva essere affermato per la recinzione dei dirimpettai.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha rilevato che il Tribunale nel capo 2) del dispositivo aveva condannato il i
Brovelli “a rimuovere la recinzione del proprio fondo limitatamente al tratto indicato con le lettere

MC nella planimetria allegata alla relazione del ctu”; ha aggiunto che nella sentenza di primo
grado si era specificato, senza alcuna censura al riguardo, che l’area di proprietà del Brovelli “era

asservita ai fondi antistanti il mapp. 104, tra cui quello della convenuta, per consentire la manovra
di svolta dei carri e pertanto avrebbe dovuto rimanere sempre libera’, ed era correttamente
individuata nella piantina allegata (vicino alla striscia colorata in rosa quale area MC in base alla
qualificazione data ai due punti facenti parte della più vasta area qualificata MNOC sempre in
rosa); infine ha ritenuto che l’attuale esistenza o meno della recinzione come individuata nella
suddetta piantina era questione di fatto che avrebbe dovuto eventualmente essere risolta in sede
di esecuzione.

Orbene con il motivo in esame il ricorrente tende inammissibilmente a prospettare una situazione
di fatto diversa da quella ritenuta dal giudice di appello sulla base di una ricognizione dello stato
dei luoghi delineata dal CTU e non censurata dall’appellante; per altro verso, se con la censura in
esame il ricorrente intende nella sostanza a denunciare un errore di fatto consistente in una falsa
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senza alcuna argomentazione al riguardo le indicazioni del CTU, che aveva affermato che la

percezione di quanto direttamente emergente dagli atti del giudizio, è evidente la sua
inammissibilità in questa sede, trattandosi di errore revocatorio rilevante ai sensi degli artt. 391 bis
e 395 n. 4 c.p.c.

Con il secondo motivo il Brovelli, denunciando omessa, contraddittoria ed illogica motivazione,

domanda dell’esponente con la quale aveva chiesto la rimozione di tutte le opere realizzate nella
proprietà Magai in violazione del vincolo di inedificabilità come indicato negli atti notarili, posto
che nel giudizio di primo grado era stata richiesta la rimozione dei manufatti in quanto realizzati su i
area di proprietà dell’attore.

Il ricorrente rileva in senso contrario che la “causa petendi” della domanda non era mai stata
modificata, essendosi sempre richiamato il contenuto dell’atto notarile che prescriveva un divieto
di fabbrica sulla proprietà di controparte; evidenzia altresì che nelle conclusioni del giudizio di
primo grado era stata sempre richiesta la rimozione dei manufatti giacenti sull’area di pertinenza
della Magai, e che nell’atto di appello si era fatto riferimento alla rimozione di gradini, marciapiede
e della sovrastante tettoia che insistevano sulla proprietà Magai; del resto non avrebbe avuto
senso chiedere la rimozione di opere sulla proprietà Brovelli, visto che non ve ne erano.

Il motivo è infondato.

Il giudice di appello ha rilevato che l’appellante non aveva contestato, conformemente alle
risultanze della CTU, che i gradini, il marciapiede e la tettoia fossero stati costruiti su area di
proprietà dell’appellata, evidenziando, tuttavia, che sulla striscia di terreno vi fosse un vincolo di
inedificabilità; tuttavia nel giudizio di primo grado ed anche nelle conclusioni ivi rassegnate il
Brovelli aveva richiesto la declaratoria di illegittimità dei suddetti manufatti in quanto realizzati su
area di proprietà dello stesso, e pertanto la Corte territoriale ha ritenuto che il mutamento della
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assume che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile in quanto nuova la

”causa petendi” formulata in grado di appello configurava una domanda nuova, come tale
inammissibile.

Tanto premesso, le argomentazioni rese dal ricorrente devono essere disattese, posto che il fatto,
evidenziato nel ricorso, che il Brovelli nel giudizio di primo grado avesse chiesto di condannare la

irrilevante, non essendo in discussione il “petitum”di tale domanda, ma la sua “causa petendi”; ed
al riguardo si osserva che lo stesso ricorrente (che pure ammette che qualche imprecisione di
linguaggio negli atti difensivi del giudizio di primo grado possa aver dato origine ad equivoci sulla
natura della domanda ivi formulata), nella narrativa del ricorso, ha richiamato le conclusioni
dell’atto di citazione del giudizio di primo grado con cui aveva chiesto la rimozione delle opere
illegittimamente realizzate dalla convenuta, ovvero gradini, tettoia marciapiede, “tutti sporgenti

dal filo del fabbricato”

circostanza che conforta il convincimento della sentenza impugnata in

ordine alla individuazione della “causa petendi” invocata dal Brovelli nel giudizio di primo grado
relativamente alla domanda di rimozione di detti manufatti in quanto realizzati su proprietà di
quest’ultimo – senza quindi alcun riferimento all’atto notarile, richiamato genericamente nel
ricorso stesso, che prevederebbe un vincolo di inedificabilità gravante sul fondo di proprietà della
Magai.

Il rilievo poi del ricorrente in ordine al fatto che non avrebbe avuto alcun senso richiedere la
rimozione di opere sulla proprietà Brovelli, visto che non ve ne sono, è considerazione che attiene
all’interesse o meno a proporre una determinata domanda, ma che non riguarda la questione
sollevata con il motivo in esame.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come n
dispositivo.
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convenuta alla rimozione dei gradini, del marciapiede e della sovrastante tettoia, di per sé è

P.Q.M.

La Corte

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di euro 200,00 per esborsi e di euro

Così deciso in Roma il 20-1-2014

Il Presidente

2.500,00 per compensi.

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