Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4877 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4877 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 1806-2008 proposto da:
QUINTARELLI RENZO QNTRNZ40T25F861H,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL GRAPPA 24, presso
lo studio dell’avvocato COSTA MICHELE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BORELLI
FILIPPO;
– ricorrente contro

ANTOLINI

GAETANO

NTLGTN35M07F861X,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5,
presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che lo

Data pubblicazione: 28/02/2014

rappresenta e difende unitamente agli avvocati
RIGHETTI CARLO, ZIVIANI PAOLA;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1065/2007 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 22/08/2007;

udienza del 20/01/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito l’Avvocato Luca GRAZIANI, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato COSTA Michele difensore, del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Emanuele COGLITORE con delega MANZI
Luigi, con delega depositata in udienza che ha chiesto
il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 1-10-1994 Gaetano Antolini, proprietario di un fabbricato ad uso
abitativo e di un terreno siti in Comune di Negrar, località Corsara, contraddistinto in Catasto
Terreni al fg. 11, mapp. 402-404 e comproprietario dell’adiacente area cortilizia contraddistinta in

proprietario del fondo costituente parte del mapp. 126, pretendeva di esercitare con un autocarro
di dimensioni eccezionali una servitù di passo, in origine solo pedonale, a favore del fondo di
proprietà dello stesso ed a carico della predetta corte, dal 1982 tramutata dal Quintarelli in servitù
di passo carrabile, lo conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Verona chiedendo accertarsi che
l’esercizio del diritto di passo mediante la suddetta area cortilizia costituiva un aggravamento della
servitù vietato dall’art. 1067 c.c., ordinarsi al convenuto la cessazione dell’illegittimo esercizio
della servitù e condannarsi il Quintarelli al risarcimento dei danni cagionati dall’autocarro Man 321
Turbo; in subordine chiedeva accertarsi a carico del convenuto l’obbligo di corrispondere una
indennità proporzionale al danno cagionato ai sensi dell’art. 1053 c.c.

Il Quintarelli, premessa l’esigenza di integrare il contraddittorio nei confronti di Angelina Brunella,
comproprietaria con lui del fondo dominante, e di Aldo Speri, Giuseppe Boni ed Evardo Merlini,

comproprietari con l’attore della corte asservita, resisteva alle domande proposte dall’Antolini
riaffermando, in particolare, la titolarità di un diritto di servitù di passaggio carraio e, in via
riconvenzionale, chiedendo la condanna dell’Antolini a rimuovere le opere tese a diminuire o a
rendere più incomodo l’esercizio della servitù ed a risarcire in proprio favore i danni conseguenti.

Il Tribunale di Verona con sentenza dell’11-2-2003 dichiarava l’attore carente di legittimazione
attiva in ordine alle domande tese ad inibire al convenuto l’illegittimo esercizio della servitù di
passaggio attraverso la suddetta corte di cui lo stesso Antolini non aveva provato la comproprietà,
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Catasto Terreni al fg. 11 mapp. 311, lamentando che dalla primavera del 1988 Renzo Quintarelli,

condannava il convenuto a risarcire i danni all’attore nella misura di euro 258,22, e condannava
l’Antolini a ripristinare lo stato dei luoghi mediante arretramento di cm. 50 del muretto di
demarcazione e di contenimento del terreno dello stesso secondo le risultanze della CTU del
geometra Massimo Gronich.

appello incidentale la Corte di Appello di Venezia con sentenza del 22-8-2007, in parziale riforma
della sentenza impugnata, ha accertato che l’esercizio del diritto di passo mediante autocarro da
parte del Quintarelli sulla predetta area cortilizia costituiva aggravamento della servitù esistente a
favore del mappale 126 di proprietà di quest’ultimo, ha ordinato all’appellato di cessare
immediatamente l’illegittimo esercizio della suddetta servitù, ha rigettato la domanda
riconvenzionale proposta dal Quintarelli tesa al ripristino dell’ampiezza della strada asservita ed ha
condannato l’appellato al rimborso in favore dell’appellante delle spese di entrambi i gradi di
giudizio.

Avverso tale sentenza il Quintarelli ha proposto un ricorso per cassazione articolato in sette motivi
cui l’Antolini ha resistito con controricorso; le parti hanno successivamente depositato delle
memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione del controricorrente di inammissibilità del
ricorso per carenza di interesse ad agire, considerato che il Quintarelli avrebbe cessato in data 2611-1999 la propria attività di autotrasportatore titolare di una ditta individuale; infatti proprio a
seguito di tale attività il Quintarelli aveva iniziato la condotta di aggravamento della servitù che il
giudice di appello gli ha inibito, ed è evidente che l’interesse ad impugnare da parte del ricorrente

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Proposto gravame da parte dell’Antolini cui resisteva il Quintarelli che introduceva anche un

presuppone che egli eserciti attualmente la servitù di passaggio con un automezzo di dimensioni
spropositate rispetto all’ampiezza del passaggio.

Tale eccezione deve essere disattesa in quanto basata inammissibilmente su di una circostanza di
fatto nuova, posto che non risulta essere stata oggetto di dibattito tra le parti nel giudizio di

Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con il primo motivo il ricorrente, deducendo
violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., sostiene che la Corte territoriale, nel ritenere la
sussistenza della comproprietà della corte per cui è causa in favore dell’Antolini per avere costui
esercitato su di essa tale diritto per un ventennio, non ha tenuto conto che la controparte non
aveva mai introdotto alcuna domanda od eccezione in ordine all’avvenuto acquisto per
usucapione del diritto di comproprietà su detta corte.

La censura è infondata.

Il giudice di appello ha ritenuto sussistente il diritto di comproprietà dell’Antolini sulla corte
suddetta essenzialmente all’esito della interpretazione dei rogiti del 28-12-1965 del notaio
Giustino Marino e del 12-2-1973 del notaio Antonio Dalla Costa con i quali rispettivamente gli
eredi di Attilio Speri avevano accettato l’eredità ed avevano ceduto a Gino Speri e Novello, tra gli
altri, il mappale 402, fabbricato rurale con diritto alla corte n. 311, e questi ultimi avevano a loro
volta alienato a Gaetano Antolini i mappali 402 e 404; ha poi aggiunto che tale diritto di
comproprietà era provato anche in relazione “al ventennio decorso con il non contestato esercizio

del diritto di comproprietà sulla corte mapp. 311”; inoltre a sostegno del convincimento sulla
titolarità da parte dell’Antolini del diritto di comproprietà predetto la Corte territoriale ha addotto
altresì, sulla scorta della descrizione dello stato dei luoghi effettuata dalla CTU, il rapporto di

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merito.

servizio della corte rispetto a diversi edifici, tra cui quello dell’appellante, in riferimento alla
presunzione di cui all’art. 1117 c.c.

Pertanto è agevole osservare che, in presenza di due autonome “rationes decidendi” in ordine
all’esistenza del diritto di comproprietà dell’Antolini sulla corte in oggetto, basate rispettivamente

c.c., l’ulteriore riferimento all’esercizio di tale diritto per un ventennio da parte dell’Antolini si
configura come una motivazione apportata “ad abundantiam”, certamente non decisiva per il
convincimento in proposito maturato dalla Corte territoriale, cosicché la denunciata violazione del
principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato si manifesta comunque ininfluente al
riguardo.

Con il secondo motivo il Quintarelli, denunciando violazione degli artt. 1363 e seguenti c.c. ed
insufficiente e contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto
l’Antolini comproprietario della corte in questione sulla base dei rogiti del 28-12-1965 per notaio
Giustino Marino e del 12-2-1973 per notaio Antonio Dalla Costa nonché delle considerazioni
espresse dal CTU in quanto la classificazione catastale di “corte comune” non qualifica l’area
relativa come oggetto di comproprietà, bensì quale immobile sul quale i proprietari di determinati
fondi vicini esercitavano poteri e facoltà di utilizzazione e godimento, assimilabili al diritto di
servitù prediale; d’altra parte, se diritto alla corte comune è sinonimo di diritto di comproprietà,
allora doveva concludersi che anche l’esponente era comproprietario di essa sulla base del proprio
titolo d’acquisto mai contestato da controparte.

Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c.,
assume che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto legittimato l’Antolini alla proposizione
dell’azione anche in forza della presunzione di cui alla norma ora citata; invero dagli atti di causa
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sull’interpretazione del titolo di acquisto dei mappali 402 e 404 e sulla presunzione ex art. 1117

non era emerso che l’Antolini fosse comproprietario della particella 311; inoltre l’art. 1117 c.c.
trova applicazione soltanto agli edifici condominiali, considerato che il cortile, disciplinato
nell’ambito dei rapporti privati condominiali negli edifici, costituisce una categoria giuridica
distinta dalla corte comune, la quale secondo l’ordinamento della demanialità pubblica e del

altri fondi determinati dalla funzione viaria nel territorio dove sono situati detta corte ed i fondi
degli appartenenti alla collettività della zona; trattasi di servitù prediale coattiva costituita con atto
dell’autorità amministrativa; nella specie i fondi dominanti erano quelli appartenenti alle parti in
causa, ed il fondo servente era costituito dall’area di cui al mappale 311, considerata bene
appartenente al demanio pubblico ai sensi dell’art. 22 terzo comma Legge 20-3-1865 n. 2248
allegato F.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

Sotto un primo profilo, premesso che l’interpretazione resa dal giudice di appello dei rogiti sopra
richiamati è fondata sostanzialmente sul tenore letterale di tali atti, laddove è stato evidenziata
l’alienazione in particolare all’Antolini del mappale 402 “con diritto alla corte n. 311”, si rileva che
il ricorrente, senza contestare specificatamente tale attività ermeneutica, prospetta una diversa
soluzione della questione in oggetto facendo riferimento ad un elemento estraneo a tali rogiti,
costituito dalla classificazione catastale, trascurando di considerare che il giudice non è tenuto ad
adottare altri criteri di interpretazione del contratto laddove, come nella fattispecie, la comune
volontà delle parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate; per altro
verso, poi, le argomentazioni svolte nel terzo motivo riguardo ad una asserita destinazione
pubblica della corte in oggetto introduce una questione, implicante un accertamento di fatto, che
non risulta trattata dalla sentenza impugnata, e quindi nuova; pertanto il ricorrente, al fine di
evitare una sanzione di inammissibilità per novità della censura, aveva l’onere — in realtà non
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Catasto Terreni è un fondo soggetto a servitù prediale di passo pedonale e carraio per l’utilità di

assolto — non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello,
ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, per dar modo a questa
Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la
questione stessa.

c.c., che secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, contrariamente all’assunto del
ricorrente, la presunzione legale di comunione di talune parti, stabilita dall’art. 1117 c.c., trova
applicazione anche nel caso di cortile esistente tra più edifici appartenenti a proprietari diversi,
ove lo stesso sia strutturalmente destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo
circondano (Cass. 6-5-1980 n. 2984; Cass. 30-7-2004 n. 14559; Cass. 2-8-2010 n. 17993).

Infine è appena il caso di rilevare che l’esistenza o meno di un diritto di comproprietà sulla corte di
cui al mappale 311 in favore anche del Quintarelli di configura come una questione del tutto
estranea all’oggetto della presente controversia.

Con il quarto motivo il Quintarelli, denunciando violazione degli artt. 1067 c.c., 10 e 61 del D. LVO.
N. 285/1992 ed omessa e contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver
ritenuto incompatibile l’esercizio del diritto di servitù, risalente ad epoca remota e perciò
necessariamente correlato ad esigenze di coltivazione del fondo di proprietà dell’esponente, con
un automezzo di dimensioni spropositate rispetto all’ampiezza del passaggio ed alle esigenze del
fondo dominante, nonché incompatibile con un qualsiasi contestuale utilizzo della corte da parte
dei comproprietari.

Il ricorrente assume che la Corte territoriale non ha considerato che dalla CTU era emerso che
l’Antolini aveva creato delle opere aggiuntive che avevano ristretto il passaggio di circa 50 cm.;
inoltre l’affermazione del giudice di appello secondo cui l’esercizio della servitù per cui è causa era
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Occorre poi rilevare, con riferimento alla denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 1117

correlato alle esigenze di coltivazione del fondo dell’appellato non trovava alcun fondamento nella
situazione di fatto risultante dagli atti, trattandosi invece di una servitù di transito da e per la corte
comune per accedere alla propria abitazione; per altro verso l’automezzo di proprietà
dell’esponente non era di dimensioni spropositate, atteso che rientrava nelle previsioni degli artt.

uscivano dalla corte comune sia per esigenze dei singoli proprietari che per esigenze comuni senza
che ciò impedisse l’uso normale della corte da parte di tutti gli aventi diritto.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha accolto la domanda dell’Antolini ex art. 1067 c.c., attesa l’incompatibilità
dell’utilizzo del diritto di servitù, risalente ad epoca remota e perciò necessariamente correlato ad
esigenze di coltivazione del fondo dell’appellato, con un automezzo di dimensioni spropositate
rispetto all’ampiezza del passaggio, come emerso dalla CTU, ed alle stesse esigenze del fondo
dominante nonché incompatibile con un qualsiasi contestuale utilizzo della stessa corte da parte
dei comproprietari; conseguentemente, essendo incontroverso il rapporto di servizio non più con
il fondo dominante bensì con l’attività d’impresa altrimenti ed altrove esercitata dall’appellante,
era agevole la riconduzione della fattispecie all’art. 1067 c.c.

Orbene con tale valutazione il giudice di appello ha posto in essere un accertamento di fatto
sorretto da congrua e logica motivazione, come tale incensurabile in questa sede, dove il
ricorrente tende inammissibilmente a prospettare una valutazione delle risultanze di causa a sé
più favorevole, trascurando di considerare i poteri in proposito devoluti in via esclusiva al giudice
di merito.

In linea di diritto poi non vi è alcun dubbio che il radicale mutamento di destinazione del fondo
dominante, originariamente adibito alla coltivazione e invece successivamente utilizzato per lo
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10 e 61 del D. LVO. sopra menzionato, e che altri mezzi di analoghe dimensioni entravano ed

svolgimento di attività imprenditoriali, integra certamente un aggravamento della servitù di
passaggio in questione, attese le dimensioni dell’automezzo che transita sui luoghi di esercizio
della servitù ritenute manifestamente troppo ingombranti rispetto alle caratteristiche del
passaggio (a nulla rilevando evidentemente che detto automezzo non possa essere definito

le innovazioni da parte del proprietario del fondo dominante sono incompatibili con il contenuto
essenziale della servitù qualora comportino una modificazione dello stato dei luoghi o anche un
mutamento delle modalità di esercizio della servitù tali da intensificare il peso gravante sul fondo
servente e da rendere maggiore il sacrificio ad esso originariamente imposto; in tale contesto, se
può ritenersi legittimo che, per le esigenze di coltivazione di un fondo la servitù venga esercitata
con mezzi di locomozione diversi da quelli originari, tenuto conto del mutamento delle colture
agrarie e dei progressi della tecnica, giacché in tali casi rimane inalterata la funzione economico —
giuridica della servitù (Cass. 10-5-2004 n. 8853, Cass. 19-2-2007 n. 3747), a conclusioni diverse si
deve logicamente pervenire allorché, come nella fattispecie, l’evidenziata trasformazione della
destinazione del fondo dominante ha determinato un incontestabile mutamento delle modalità di
esercizio della servitù, del tutto svincolate dalle originarie esigenze di coltivazione del fondo
stesso, che hanno inciso profondamente sulla entità del peso originariamente imposto sul fondo
servente, rendendolo oggettivamente più rilevante.

Con il quinto motivo il ricorrente, deducendo omessa e contraddittoria motivazione, sostiene che
erroneamente la sentenza impugnata ha rigettato la propria domanda riconvenzionale con
riferimento all’asserito illecito restringimento dello stradello; invero all’esito del supplemento di
perizia espletato era risultato che vi era stato un restringimento dello stradello sia in termini di
superficie (mediante la sottrazione di mq. 388 circa) che di ampiezza (ovvero cm. 0,50); inoltre
dall’esame delle deposizioni di testi indotti dall’esponente e dall’interrogatorio formale reso dallo
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eccezionale ai sensi del D. LGS. n. 285/1992); occorre invero ritenere che ai sensi dell’art. 1067 c.c.

stesso Quintarelli era emerso in modo univoco che a seguito del rifacimento del muro si era
determinato un restringimento della stradina sulla quale veniva esercitata la servitù di passaggio.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata, all’esito delle risultanze testimoniali ritenute precise ed attendibili (a

ordine ad un preteso restringimento della stradina), ha ritenuto che era stata provata la
realizzazione, da parte dell’Antolini, di uno ispessimento, piuttosto che di uno spostamento, del
muretto prospiciente lo stradello su cui veniva esercitata la servitù di passaggio in questione
rispondente ad esigenze di solidità, e che in relazione all’uso lecito del passaggio tale circostanza
non arrecava alcun pregiudizio.

Avendo quindi il giudice di appello indicato le fonti del proprio convincimento, si è in presenza di
un accertamento di fatto sorretto da sufficiente e logica motivazione, come tale incensurabile in
questa sede dove il ricorrente, nel prospettare una diversa valutazione degli elementi probatori
acquisiti, non ha considerato che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sulla
attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle ritenute più idonee
a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale
è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza
essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi non accolti, anche se allegati dalle
parti.

Con il sesto motivo il ricorrente, deducendo violazione dell’art. 112 c.p.c., rileva che il giudice di
appello non si è pronunciato sulla domanda proposta con l’appello incidentale con cui era stato
richiesto, in riforma della sentenza del Tribunale che aveva condannato l’esponente al
risarcimento del danno subito per la sbrecciatura del marciapiede della corte comune, che
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differenza delle deposizioni di altri testi che avevano usato espressioni assolutamente generiche in

l’Antolini venisse dichiarato esclusivo responsabile di tale danno o, in subordine, che lo stesso
Quintarelli venisse dichiarato corresponsabile con la controparte del danno stesso; del pari era
stata omessa la pronuncia anche sull’ulteriore domanda sempre formulata con l’appello
incidentale di accertamento della titolarità da parte dell’istante della servitù di transito pedonale e

luoghi.

Il motivo è infondato.

Sotto un primo profilo si rileva che la Corte territoriale, avendo ritenuto la sussistenza di un
aggravamento della servitù di passaggio per cui è causa a seguito delle mutate modalità di
esercizio della stessa, ha escluso sia pure esplicitamente che i danni lamentati dall’Antolini per la
sbrecciatura del marciapiede della corte comune potessero essere ascritti, in tutto o in parte, allo
stesso danneggiato, essendo invece riconducibili unicamente al Quintarelli quale proprietario del
fondo dominante.

Quanto alla ulteriore domanda proposta dal Quintarelli con l’appello incidentale, è evidente il suo
implicito rigetto all’esito delle statuizioni rese dalla sentenza impugnata in relazione sia al ritenuto
aggravamento della servitù di passaggio in oggetto sia al rigetto della domanda del Quintarelli
relativa alla condanna dell’Antolini all’arretramento di cm. 50 del muretto di demarcazione e
contenimento del terreno di sua proprietà.

Con il settimo motivo il ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92
c.p.c. ed omessa motivazione, censura la sentenza impugnata per aver condannato l’esponente al
rimborso delle spese di entrambi i gradi di giudizio, trascurando di considerare che l’accoglimento
parziale dell’appello dell’Antolini avrebbe dovuto indurre il giudicante a compensare le spese di
lite.
10

carraio sulla corte di cui al mappale 311 e di condanna dell’Antolini al ripristino dello stato dei

La censura è infondata.

Premesso che il giudice di appello ha condannato il Quintarelli al rimborso in favore dell’Antolini
delle spese di entrambi i gradi all’esito del giudizio, si rileva che tale statuizione è pienamente
conforme al principio della soccombenza, avendo una incidenza trascurabile nell’economia

quale l’Antolini di era doluto di un accoglimento soltanto parziale della sua domanda di
risarcimento danni.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate
come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di euro 200,00 per esborsi e di euro
2.500,00 per compensi.

Così deciso in Roma il 20-1-2014

Il Consigliere estensore

processuale delle diverse questioni oggetto della controversia il rigetto del motivo di appello con il

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