Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4876 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4876 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 12595-2008 proposto da:
ELIA FRANCESCO, LEIFNC36B04F563D, titolare della
omonima impresa individuale, elettivamente domiciliato
in ROMA, Viale PARIOLI 180, presso lo studio
dell’avvocato BRASCHI FRANCESCO LUIGI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMANO
2014

ALESSANDRO;
– ricorrente –

96

contro

CEDAX S.R.L., P.Iva 01724390404, in persona del suo
legale

rappresentante

sig.

Alberto

Sardo,

Data pubblicazione: 28/02/2014

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RUGGERO FAURO
43, presso lo studio dell’avvocato PETRONIO UGO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PINZA
RICCARDO;

controricorrente

di BRESCIA, depositata il 14/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/01/2014 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato FRANCESCO LUIGI BRASCHI difensore del
ricorrente che si e’ riportato agli atti depositati;
udito l’Avvocato UGO PETRONIO difensore della
resistente che si e’ riportato agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per l’accoglimento del terzo motivo di ricorso e per
l’assorbimento degli altri motivi.

avverso la sentenza n. 155/2007 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo
Francesco Elia, con atto di citazione notificato in data 20 dicembre 1993,
conveniva, davanti al Tribunale di Brescia, la società CEDAX srl e premesso:
che nell’ottobre 1992 aveva commesso, alla società convenuta, l’esecuzione di
trattamento antiossidante relativamente a diverse partite di frutta (mele e

.

pere), al fine di evitare il cosiddetto riscaldo comune; che nel mese di
novembre il trattamento era stato eseguito, sennonché sia per la frutta,
conservata nelle celle 1 e 2 sia per la frutta, conservata nelle celle 3 e 4, dopo
rispettivamente 90 e 60 giorni,
tessuto esterno dei frutti,

era stato riscontrato il deterioramento del

periti agronomi avevano accertato che si era

verificato il fenomeno del cosiddetto riscaldo comune dovuto all’esito
negativo del trattamento. Chiedeva pertanto la condanna della convenuta al
risarcimento dei danni nella misura di £. 49.503.305 in conseguenza del non

esatto adempimento della prestazione pattuita.
Si costituiva la società CEDAX chiedendo il rigetto della domanda per essere
stata estranea al danno subito dall’attrice.
Acquisite le prove documentali, ammesse ed espletate le prove testimoniali,
assunta la CTU, il Tribunale di Brescia, con sentenza n. 1267 del 2004,
rigettava la domanda proposta da Elia Francesco, compensava tra le parti le
spese del giudizio.

Secondo il Tribunale non risultava che la prestazione

assunta dalla Cedax fosse di risultato e non di mezzi, che non vi era prova di
,
una esecuzione non corretta o irregolare del trattamento antiossidante, né di
negligenza o di imperizia dei tecnici nell’applicare il prodotto.
Avverso questa sentenza, proponeva appello, Elia Francesco, eccependo
essenzialmente che il rapporto instaurato inter partes andava qualificato come

,

1

appalto e, pertanto, l’appalto faceva sorgere in capo all’appaltatore
un’obbligazione di risultato, a fronte della quale, questi per sottrarsi alla
responsabilità, poteva far valere l’impossibilità della prestazione per cause a
sè non imputabili. Chiedeva, pertanto, la riforma della sentenza, con

l’accoglimento della domanda proposta in primo grado.

generica, insufficiente ed incompleta, nonché il rigetto del gravame dato che
non vi erano prove dell’attribuibilità alla Cedax dei danni in questione.
La Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 155 del 2007, rigettava
l’appello e confermava la sentenza di primo grado, condannava l’appellante a
rimborsare alla Cedax le spese del grado di giudizio. Secondo la Corte di
Brescia, non aveva pregio la censura relativa all’inammissibilità dell’appello
_
per genericità in quanto non potevano sussistere dubbi sull’individuazione
della causa petendi e del petitum che caratterizzavano l’azione proposta da
Francesco Elia. Nel merito, secondo la corte di Brescia, il rapporto
contrattuale, esistente tra le parti, andava ricondotto alla fattispecie
dell’appalto di servizi in forza del quale la Cedax si era obbligata ad eseguire
sui prodotti agricoli conservati nelle celle frigorifiche un trattamento
antiossidante. L’obbligazione, pertanto, che la Cedax si era assunta, non
costituiva

un’obbligazione

di

risultato

attenendo

semplicemente

l’apprestamento dei prodotti chimici e dei mezzi inerenti alla relativa
somministrazione nonché alla corretta esecuzione del trattamento chimico, il
buon esito, tuttavia, dipendeva anche da fattori tecnologici ed agronomici,
prevalentemente
controllabili

ne

estranei all’azione dell’appaltatore
dominabili.

Con

la

2

conseguenza

e da questi non
che

il

mancato

Si costituiva la Cedax eccependo l’inammissibilità della domanda perché

conseguimento dell’obiettivo, che le parti si erano prefisse, non poteva

costituire di per sé prova del mancato adempimento dell’obbligazione che
l’appaltatore si era assunto.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Elia Francesco con ricorso
affidato a tre motivi. La società Cedax ha resistito con controricorso. In

prossimità dell’udienza entrambi le parti hanno depositato memoria ai sensi
della norma di cui all’art. 378 cpc.
Motivi della decisione
1.= Con il primo motivo Elia Francesco, lamenta la violazione dell’art. 112
cpc., in relazione alle domande proposte ex art. 1218 cc.
Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi
sulla richiesta di condanna al risarcimento dei danni patiti in relazione al
mancato esatto adempimento della prestazione cui la società Cedax srl. si era

obbligata nei suoi confronti. In particolare, specifica il ricorrente, la sentenza
impugnata non conterrebbe in nessuna parte un riferimento alla domanda
indicata facendo esclusivo esplicito riferimento solo alla cc.dd. garanzia per i
vizi e difetti della prestazione dell’appaltatore.
Dica, pertanto la Corte Suprema di Cassazione, conclude il ricorrente, se viola
l’art. 112 cpc., in relazione all’art. 360 n. 3, il Giudice d’appello che omette di
pronunciare sulla domanda di riforma della sentenza impugnata relativa alla
richiesta di condanna della Cedax srl., al risarcimento danni ex art. 1218 cc.
1.1.= Il motivo è infondato.
Appare opportuno precisare, anche in questa sede, che l’omessa pronuncia
avverso specifiche domande e/o eccezioni fatte valere dalla parte, integrando
una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., costituisce una violazione della

3

.

corrispondenza tra chiesto e pronunciato che deve essere fatta valere
esclusivamente a norma dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. e non come
violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nè tanto meno come vizio
della motivazione.
Tuttavia, la sentenza impugnata non presenta il vizio denunciato.
Va qui premesso che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile
soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla
sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero
condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva
carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che
lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento. Ora,
nel caso in esame, la Corte di merito non poteva non disattendere la domanda
di risarcimento dei danni avanzata da Elia Francesco per il mancato esatto
adempimento della prestazione cui la società Cedax srl. si era obbligata nei
suoi confronti dal momento che la sentenza impugnata ha escluso un mancato
adempimento dell’obbligazione di cui si dice. La sentenza ha avuto modo di
chiarire che “(…) il mancato conseguimento dell’obiettivo che le parti si
erano prefisse non poteva costituire di per se prova del mancato adempimento
dell’obbligazione che l’appaltatore si era assunto. Né l’attore su cui gravava
l’onere di dimostrare la sussistenza del fatto costitutivo della sua domanda ha
offerto neppure il principio di prova dell’assenza dei menzionati fattori
esterni” che avrebbe potuto determinare il cc. riscaldo comune. Ed ancora, la
sentenza in esame specifica

“In tal modo resta confermato l’accertamento

della mera possibilità che vi sia stata una non congrua esecuzione del
trattamento antiossidante da parte della Cedax e che questo possa aver svolto

4

un ruolo determinante nella produzione dei danni in questa sede lamentati”.

Piuttosto, escluso un mancato esatto adempimento della prestazione cui la
società Cedax srl. si era obbligata la relativa domanda di risarcimento del
danno non solo restava priva di fondamento ma restava assorbita dalla

decisione di esclusione di un inadempimento da parte della Cedax, così come,

la Corte di merito, ha ritenuto di specificare: “sulla base delle considerazioni
che precedono resta assorbita ogni ulteriore questione”.
2.= Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 1218, 1655, 2697 cc in relazione all’art. 360 n. 3 cpc.
Secondo il ricorrente, la Corte di merito, pur avendo correttamente ricondotto
il caso in esame alla fattispecie dell’appalto di servizi, tuttavia, erroneamente
riteneva che l’obbligazione a carico dell’appaltatore, Cedax srl., non
_

costituiva un’obbligazione di risultato

(l’utilità come risultato del facere e

cioè la conservazione dei menzionati prodotti agricoli), ma atteneva alla sola
corretta somministrazione dei prodotti chimici necessari ad evitare il
fenomeno di riscaldamento comune sulla frutta immagazzinata nelle celle
frigorifere, liberando di fatto l’appaltatrice dalla garanzia

dei vizi derivante

dalla gestione a proprio rischio dell’attività effettuata volta a soddisfare
un’utilità del committente. Piuttosto, ritiene il ricorrente nel contratto di
appalto l’obbligo dell’appaltatore non è di mezzi ma di risultato onde egli
nell’esecuzione dei lavori non deve solo attenersi alle norme tecniche ed alle
direttive dell’appaltante, ma deve fare in modo che sia raggiunto il risultato
previsto dalla stesso appaltatore.
Dica la Corte Suprema di Cassazione, pertanto, conclude il ricorrente se viola
l’art. 1218 cc. in relazione all’art. 1665 e 2697 cod. civ. trattandosi di

5

.

prestazioni di risultato l’obbligazione assunta dall’appaltatore, la cui opera o
servizio non ha raggiunto il risultato che si era assunto, esente da
responsabilità e quindi non tenuto al risarcimento del danno patito dal
committente.
2.1.= La censura non merita di essere accolta.

Occorre osservare che la letteratura giuridica prevalente esclude che la
distinzione tra obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato possa mettere
in discussione l’unità concettuale dell’obbligazione, e/o se si vuole della
prestazione

oggetto

dell’obbligazione,

considerando

che

qualunque

obbligazione si risolve in una condotta funzionale alla produzione di un
risultato utile al creditore.
In verità, è necessario tener conto che il diritto vigente non consente una
_

marcata distinzione tra obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato,
risalente ad una elaborazione dogmatica priva di riscontro normativo e di
dubbio fondamento, dato che non esistono obbligazioni nelle quali il risultato
possa prescindere da un dovere di condotta, così come non esistono
obbligazioni nelle quali la condotta non sia orientata positivamente alla
produzione di un risultato utile al creditore. Piuttosto, occorre segnalare che
l’obbligazione, qualunque obbligazione, è sempre finalizzata a riversare nella
sfera giuridica del creditore, un’utilitas oggettivamente apprezzabile che può
consistere ora nella stessa attività del debitore ora in un effetto utile che
nell’attività del debitore trova la sua causa. Con l’ulteriore specificazione, che
è possibile identificare obbligazioni, per così dire di risultato, nell’ipotesi in
cui il risultato viene a trovarsi in un rapporto di causalità necessaria con
l’attività del debitore, ovvero, il raggiungimento del risultato non dipende da

6

\

alcun altro fattore estraneo al comportamento del debitore. E, viceversa, in

tutte le ipotesi in cui il raggiungimento del risultato dipende oltre che dal
del debitore dalla concomitanza

comportamento

di ulteriori

fattori,

l’obbligazione può continuarsi a qualificare quale obbligazione di mezzi.
Ora, nel caso in esame, la Corte di merito si è attenuta a questi principi

Cedax

srl

non

costituiva

un’obbligazione

di

risultato

fondamentali ed ha chiarito che l’obbligazione che si era assunta la società
attenendosi

semplicemente all’apprestamento dei prodotti chimici e dei mezzi inerenti alla
relativa somministrazione, nonché alla corretta esecuzione del trattamento
richiesto, il cui buon esito (cioè il risultato di evitare il riscaldo comune della
frutta conservata nelle celle frigorifiche), come, pure,

affermato dal

consulente tecnico d’ufficio dipendeva anche da fattori tecnologici e
agronomici prevalentemente estranei all’azione dell’appaltatore e da questo
.

non controllabili né dominabili”.
La Corte di merito, pertanto, avendo accertato che il cd. riscaldo comune
poteva essere provocato non solo da una ritardata o insufficiente esecuzione
del trattamento di cui si dice, ma anche da scorrette modalità di conservazione
dei frutti o ancor prima dalle condizioni climatiche in prossimità dell’epoca
della raccolta e dalla scelta dei tempi di quest’ultima (se anticipata
l’insorgenza delle fisiopatie ne risulta facilitata ) nonché dalla ubicazione dei
frutti sull’albero da cui sono sati staccati” ha escluso correttamente che
l’obbligazione a carico della Cedax potesse integrare gli estremi di
un’obbligazione di risultato.
3.= Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 1667, 1668 e 2697 cod. in relazione all’art. 360 n. 3

7

,

cpc.
.

Secondo il ricorrente, avrebbe errato la Corte di merito nell’aver ritenuto che
l’attore (Elia Francesco) non avesse dato la prova dell’assenza dei fattori
esterni da cui poteva dipendere il cd. riscaldo comune dato che l’art. 1667 e
1668 cc. non esclude la responsabilità dell’appaltatore, se ha eseguito un

eventuale sindacato in ordine alla concreta conservazione della frutta alla sua
racconta (rectius raccolta?) o alla scelta dei tempi di quest’ultima. Piuttosto,
l’art. 1668 cc., primo comma, pone a carico dell’appaltatore tutte le
conseguenze dell’inesatto adempimento obbligandolo a sopportare a seconda
della scelta operata dal committente l’onere integrale

dell’eliminazione dei

vizi o la riduzione del prezzo salvo il risarcimento del danno. Non era,
pertanto, ritiene il ricorrente, onere del committente dimostrare l’assenza di
,

eventuali fattori esterni come sostenuto dalla Corte di merito ma al contrario
era onere dell’appaltatore dimostrare la sussistenza di idonee cause che
avrebbe determinato l’esclusione della propria responsabilità.
Dica la Corte di Cassazione, conclude il ricorrente, se viola gli artt. 1666,
1667 e 2697 cc. in relazione all’art. 360 n. 3, il Giudice di appello che ritiene
che l’appaltatore non è tenuto alla garanzia per i vizi derivanti dal mancato
raggiungimento del risultato assunto come oggetto della prestazione. In ogni
caso, viola gli artt. 1665-1667 cc. in relazione all’art. 360 n. 3, il Giudice
d’appello che ritiene onere del committente fornire la prova che il vizio e
difetto è imputabile esclusivamente all’appaltatore senza il concorso del
committente?.
3.1.= Il motivo in parte rimane assorbito dal precedente laddove presuppone

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servizio, omettendo di esercitare in virtù della sua autonomia un qualsiasi

che l’obbligazione assunta dall’appaltatore, nel caso in esame, fosse
un’obbligazione di risultato, ed in parte è infondato, perché correttamente la
Corte di merito, ha, nel caso concreto, distribuito l’onere della prova in ordine
all’esatto adempimento dell’obbligazione di cui al contratto oggetto della
controversia.

giurisprudenza se l’inesatto adempimento della prestazione debba essere
provato dal creditore che agisce in giudizio, oppure se è il debitore a dover
dimostrare l’esatto adempimento anche nell’ipotesi in cu sia stato eccepito dal
creditore l’inesatto adempimento. Tuttavia, tenendo presente che le Sezioni
Unite di questa Corte con sentenza n. 13533 del 2001 hanno definitivamente
chiarito che l’onere della prova dell’esatto adempimento è a carico del debitore
anche nell’ipotesi in cui venga eccepito , dal creditore
,

un inesatto

adempimento, va evidenziato che nell’ipotesi di prestazioni che si possono
considerare obbligazioni di mezzi, secondo quanto è stato già detto in
precedenza, o, come vuole una parte della dottrina, obbligazioni non
routinarie, il debitore assolve l’onere di provare l’esatto adempimento
dimostrando di avere adempiuto alla prestazione cui è tenuto, rispettando le
regole dell’arte, cioè, di essersi conformato nella esecuzione della prestazione
ai protocolli imposti dall’attività esercitata e non anche che l’eventuale
mancato raggiungimento previsto fosse dovuto a cause a se non imputabili.
3.1.a).= Ora, nel caso in esame, Elia Francesco, nell’impugnare la sentenza
del Tribunale, aveva lamentato che il primo Giudice si era limitato a valutare
l’esecuzione della prestazione (ricondotta all’obbligazione di mezzi) solo
sotto l’aspetto della diligenza, trascurando quello del risultato dell’attività

9

E’ giusto il caso di evidenziare che è ancora attuale il dibattito tra dottrina e

dell’appaltatore e della collegata garanzia per difformità e vizi a cui questo era
tenuto ex art. 1667 cc.(pag. 6 della sentenza impugnata) Pertanto, per
affermazione dello stesso attuale ricorrente, originariamente, attore ed
appellante, nell’ipotesi concreta non veniva messo in dubbio che la
prestazione cui era tenuta la Cedax fosse stata adempiuta e fosse stata

Elia Francesco, la Cedax aveva dato prova di aver adempiuto la prestazione,
cui era tenuta, in ragione del contratto intercorso tra la parti. D’altra parte,
come si legge nella stessa sentenza impugnata (pag. 4) laddove s riporta la
decisione del Tribunale, il giudice del primo grado aveva chiarito che “(…)
non vi era prova di un’inesecuzione non corretta o irregolare del trattamento
antiossidante né di negligenza o imperizia dei tecnici nell’applicazione dei
prodotti (…)”.
,

E di più, la decisone del giudice del primo grado di giudizio, secondo cui la
Cedax aveva adempiuto correttamente e con diligenza la prestazione cui era
tenuta, non essendo stata censurata in sede di appello, era passata in giudicato
ed era divenuta presupposto della stessa decisione della Corte di merito.
3.1.b).= A sua volta, posto che la Cedax aveva dimostrato di aver adempiuto
correttamente la prestazione cui era tenuta, restava a carico del creditore, cioè,
di Elia Francesco, dimostrare la sussistenza di un inesatto adempimento.
Pertanto, correttamente, la Corte di merito, ritenendo di escludere che, il
mancato conseguimento dell’obiettivo che le parti si erano prefisse, fosse
riconducibile alla prestazione della Cedax,

ha specificato che, l’originario

attore, non aveva offerto, neppure, la prova di altro fatto, oltre l’esistenza del
riscaldo comune,

,

che manifestasse l’inesatto adempimento della Cedax e

lo

adempiuta con diligenza. Con la conseguenza che, per stessa ammissione di

neppure aveva offerto la prova dell’assenza dei fattori esterni cui era
riconducibile il riscaldo comune.
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio della
soccombenza ex art. 91 cpc, condannato al pagamento delle spese del presente
giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio di cassazione che liquida in E. 2.500,00 di cui E. 200,00
per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così decisivo nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione civile della
Corte Suprema di Cassazione il 15 gennaio 2014

PQM

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