Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4876 del 24/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 24/02/2017, (ud. 20/01/2017, dep.24/02/2017),  n. 4876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15729-2016 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE DON LUIGI

STURZO N 9, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI NAPPI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO D’ARGENZIO in virtù di

mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

BALDUINA 7, presso lo studio dell’avvocato CONCETTA TROVATO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI FIORETTI giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1270/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 10/02/2016 e depositata il 25/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

ANTONIO GENOVESE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 1270 del 2016 (depositata il 25 febbraio 2016), in totale reiezione dell’appello proposto dalla signora A.A. ha confermato la sentenza non definitiva del Tribunale di Latina che aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con il signor R.G. e l’ha condannata al pagamento delle spese processuali.

La ricorrente ricorre con tre mezzi, assumendo che la sentenza è nulla perchè: a) non avrebbe rilevato ex officio che la decisione di prime cure avrebbe avuto come relatrice un magistrato che aveva svolto anche le funzioni di Presidente facente funzione che aveva deliberato i provvedimenti della fase presidenziale; b) assume l’insanabilità, anche a seguito della costituzione in giudizio, della nullità per violazione del termine di comparizione nel corso del giudizio di primo grado; c) la sentenza di divorzio sarebbe stata pronunciata quando quella sulla separazione non era ancora passato in giudicato.

Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella proposta notificata alle parti costituite nel presente procedimento, alla quale sono state mosse osservazioni critiche da parte della ricorrente.

Il ricorso per cassazione, infatti, a parte i profili di novità pure emergenti, è manifestamente infondato, perchè: a) il primo mezzo, in quanto ipotizza una rilevabilità d’ufficio per una ipotetica incompatibilità del giudice della fase presidenziale con il ruolo di GI della causa e di componente il collegio giudicante, che – ove anche sussistente – andava, a cura della parte interessata, denunciato tempestivamente (e non lo è stato) attraverso lo strumento della ricusazione (allo stesso modo di quanto questa Corte ha stabilito per il GD in sede fallimentare: cfr. Sez. 1, Sentenza n. 24866 del 2014, la cui ratio decidendi, diversamente da quanto si opina in memoria, è esattamente la medesima); b) il secondo, in quanto la violazione del termine a comparire risulta non sanabile solo se il convenuto “costituendosi, faccia richiesta di fissazione di una nuova udienza nel rispetto dei termini, poichè in tal caso il giudice è tenuto ad accogliere la richiesta” (Sez. 2, Sentenza n. 21957 del 2014, la cui ratio decidendi, diversamente da quanto si opina in memoria, è esattamente la medesima, e rivestendo tale principio una portata che supera l’ambito rituale nel corso del quale è stato enunciato) ma ciò nè risulta allegato e tantomeno provato; c) il terzo, in quanto la sentenza di separazione personale fra i coniugi era passata in cosa giudicata, essendo stata impugnata dal R. su soli capi relativi alle statuizioni consequenziali alla modifica dello status (Sez. 1, Sentenza n. 416 del 2000), essendovi agli atti gli elementi utili all’accertamento del fatto processuale da parte di questa Corte, restando le contrarie allegazioni (in ordine ai capi realmente impugnati dal coniuge) sfornite di prova decisiva. Alla reiezione del ricorso, conseguono: a) la condanna alle spese processuali, in favore della parte controricorrente, liquidate come da dispositivo; b) e il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte,

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore del controricorrente, in complessivi Euro 5.100,00, di cui 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione Sesta civile – 1 della Corte di cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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