Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4874 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 28/02/2011), n.4874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. 739 del Ruolo Generale degli affari civili

dell’anno 2010 di:

IM.PRE.DIL. s.p.a., con sede in (OMISSIS), in persona del

legale

rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma alla Via

Portuense n. 104, presso Atonia de Angelis, rappresentata e difesa,

per procura a margine del ricorso, dall’avv. CONTU Giovanni;

– ricorrente –

contro

S.A., S.B., S.G., S.M.

C., S.I., S.M., S.E.M.,

S.R., P.M.T. ved. S., rappresentati

e difesi dall’avv. DORE’ Maria Irene del foro di Cagliari ed

elettivamente domiciliati in Roma alla Via Gallonio n. 18, presso

l’avv. Marcello Frediani, per procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, Sezione Prima

Civile, n. 284/09 del 5 giugno – 14 settembre 2009, notificata alla

s.p.a. IM.PRE.DIL il 3 novembre 2009.

Udita alla Camera di consiglio del 27 gennaio 2011, l’avv. Maria

Irene Dorè, per i controricorrenti.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione dell’8 settembre 2010, redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., dal giudice designato dal presidente della sezione: “FATTO: Con ricorso notificato il 2 gennaio 2010, IM.PR.EDIL s.p.a. ha chiesto la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 284/09 del 5 giugno – 14 settembre 2009, che ha rigettato il suo appello avverso la sentenza del Tribunale locale del 2004, che aveva accolto la domanda subordinata proposta nel 1997 dai S. (in parte gli odierni controricorrenti e in parte loro danti causa deceduti in corso di causa) di risarcimento del danno per equivalente, in luogo di quella di reintegrazione specifica e restituzione e rilascio dei terreni trasformati dalla società, condannando l’attuale ricorrente a pagare ai danneggiati S. Euro 848.802,08, a titolo di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva per accessione invertita.

Secondo gli attori S., la realizzazione dell’impianto industriale da s.p.a. IM.PR.EDIL si era avuta in una procedura espropriativa attuata senza potere dalla Regione, tanto che era stato annullato il decreto di esproprio dal Tar Sardegna nel 1977, con sentenza confermata nel 1995 dal Consiglio di Stato, per cui vi era stata un’occupazione usurpativa che dava loro diritto al rilascio dei suoli. Il primo giudice aveva dichiarato essere avvenuta una occupazione acquisitiva per accessione invertita in favore della convenuta, della quale era stata rigettata la eccezione riconvenzionale di usucapione, per essere entrata nel possesso delle aree trasformate sin dal 1974 e per averle possedute successivamente e ininterrottamente per oltre venti anni, ai sensi dell’art. 1158 c.c..

In primo grado si era negata l’usucapione perchè, fino al decreto di esproprio, il rapporto di fatto della società con i terreni era stato di detenzione e, successivamente, gli attori non avevano esercitato i loro diritti solo in ragione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 52, che lo impediva a causa del giudizio amministrativo in corso per cui, solo dopo il passaggio in giudicato della decisione del Consiglio di Stato, avevano potuto chiedere il rilascio dei terreni trasformati in loro danno.

Sull’appello di s.p.a. IM.PR.EDIL relativo al rigetto della eccezione di usucapione, la Corte di merito ha confermato che gli attori non potevano agire a tutela dei loro beni prima della fine dell’azione dinanzi ai giudici amministrativi, come detto in primo grado, rilevando che comunque la trasformazione irreversibile dell’area, verificatasi già nel 1973-1974, era ostativa alla usucapione, che si sarebbe perfezionata solo successivamente a detto tipo di acquisto a titolo originario per occupazione acquisitiva o per pubblica utilità, ostativo di per sè al modo di acquisizione collegato al possesso ventennale preteso dalla società.

Ritenuta nuova la domanda proposta con l’appello incidentale dai S. sulla invalidità della dichiarazione di pubblica utilità, senza indicazione dei termini della procedura ablativa e della costruzione, la Corte di merito ha rigettato anche tale gravame e le spese del grado sono state parzialmente compensate tra le parti, per la reciproca soccombenza.

La sentenza è impugnata per cassazione dalla s.p.a. IM.PR.EDIL con quattro motivi: a) violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 52, ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5, anche per omessa e insufficiente motivazione, per essere inapplicabile al caso concreto, in quanto relativo alle azioni dei terzi e non dei soggetti titolari dei beni da espropriare che, salva la sospensione del giudizio dinanzi al giudice ordinario fino all’esito di quello dinanzi ai giudici amministrativi, dovevano comunque proporre l’azione di restituzione dei beni a detto giudice civile; b) violazione dell’art. 100 c.p.c., per avere la Corte d’appello affermato inutiliter che, solo per effetto del decreto di esproprio, la società aveva esercitato sui terreni un possesso idoneo a dar luogo all’usucapione; c) violazione del D.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, e di tutte le norme sull’espropriazione succedutesi nel tempo, definendo “pubblica” l’opera costruita dalla ricorrente, pur essendo la stessa di “pubblica utilità” e, come tale, usucapibile; d) violazione dell’art. 1158 c.c., per non avere ammesso la tutela dell’acquisto della proprietà per usucapione, a causa dell’avvenuta acquisizione di essa per accessione invertita, ben potendo cumularsi i due possessi, valutati diversamente, ai fini delle acquisizioni indicate.

DIRITTO – Il ricorso è manifestamente infondato, perchè, anche prima che si affermasse il potere di agire per risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi senza avere prima impugnato i provvedimenti amministrativi lesivi (ed, pregiudiziale amministrativa su cui S.U. n. 30254/08), la domanda di annullamento del decreto di espropriazione s’è ritenuta comunque “idonea a interrompere il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria proposta al giudice ordinario, dovendosi fare applicazione del principio affermato da C. Cost. n. 77 del 2007, per cui la pluralità di giudici da adire assicura una più adeguata risposta alla domanda di giustizia e non può risolversi in una minore effettività o in una vanificazione della tutela giurisdizionale” (Cass. n. 9040/2008).

In tale ottica, anche il giudizio amministrativo proposto nei confronti della Regione Sardegna nella presente causa, in quanto volto a tutela degli interessi lesi dal decreto di esproprio e dei beni della vita sottesi ad essi, quale era nel caso la proprietà, che la ricorrente pretende avere esercitato “ininterrottamente” e senza interferenze o interventi dei titolari di essa, deve ritenersi avere avuto comunque funzione interruttivo-sospensiva per il tempo di durata del processo amministrativo (1975-1995) del possesso ad usucapionem e quindi correttamente s’è respinta l’eccezione in riconvenzione di usucapione, anche se la motivazione deve essere corretta nei sensi detti, in base all’art. 384 c.p.c., comma 4.

La motivazione adottata assorbe i quattro motivi di ricorso, in quanto le dedotte pretese violazioni di legge non incidono sulla situazione di interruzione del possesso per l’usucapione dal 1975 al 1995, da sola ostativa all’acquisto per il titolo preteso dalla ricorrente.

In conclusione, opina il relatore, che il ricorso è manifestamente infondato e chiede che il presidente della sezione voglia fissare l’adunanza in Camera di consiglio per la decisione, ai sensi dell’art. 375 c.p.c.”.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione e gli scritti difensivi in atti con la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., dei controricorrenti adesiva alla relazione, e ritenuta non necessaria la produzione degli atti del processo di merito risultati smarriti in base a certificazione della Corte d’appello di Cagliari, depositata dall’avv. Dorè, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione da essa proposta.

2. Il ricorso quindi deve essere rigettato e le spese del giudizio di cassazione devono porsi a carico della ricorrente, che dovrà rimborsarle ai controricorrenti nella misura che si liquida in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare ai controricorrenti in solido le spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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