Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4873 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/02/2017, (ud. 10/01/2017, dep.24/02/2017),  n. 4873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27847-2015 proposto da:

C.G. e P.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LEONFORTE 6, presso lo studio dell’avvocato GIROLAMO

LAURICELLA, rappresentati e difesi dall’avvocato SALVATORE LOGGIA

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, ((OMISSIS)), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 760/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

13/03/2015, depositata il 22/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. AUGUSTO

TATANGELO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.G. e P.C. hanno agito in giudizio nei confronti del Ministero della Salute per ottenere il risarcimento dei danni subiti dal figlio (deceduto) C.S. a seguito della contrazione del virus HCV e HBV in conseguenza di emotrasfusioni di sangue infetto.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Palermo.

La Corte di Appello di Palermo, ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorrono il C. e la P., sulla base di cinque motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della Salute.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere rigettato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denunzia “violazione dell’art. 112 c.p.c. e artt. 2697 – 2938 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Il motivo è manifestamente infondato.

La decisione impugnata è infatti conforme al principio di diritto ripetutamente affermato da questa Corte (ed in relazione al quale il ricorso non contiene motivi tali da indurre a mutare orientamento), per cui, una volta formulata un’eccezione di prescrizione, anche di ufficio il giudice identifica, nei fatti allegati o comunque risultanti dagli atti di causa, quelli rilevanti ai fini della valutazione della fondatezza o meno dell’eccezione stessa (cfr.: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18217 del 26/08/2014; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22592 del 23/10/2014, entrambe non massimate; cfr. anche, in generale: Cass., Sez. U, Sentenza n. 10955 del 25/07/2002, Rv. 556223; Sez. 3, Sentenza n. 24037 del 13/11/2009, Rv. 610673; e, specificamente, anche in punto di decorrenza, quest’ultima integrando una mera contro eccezione, tra le ultime: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 4238 del 21/02/2011, Rv. 617106; Sez. 3, Sentenza n. 28292 del 22/12/2011, Rv. 620664; Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013, specialmente paragrafo 7 della motivazione; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013, Rv. 628540; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19996 del 30/08/2013, n. 19996, non massimata; Sez. 3, Sentenza n. 26795 del 29/11/2013, n. 26795; Sez. 1, Sentenza n. 9993 del 16/05/2016, Rv. 639742 e 639743).

2. Con il secondo motivo si denunzia “violazione degli artt. 1176, 1223 e 2049 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Con il terzo motivo si denunzia “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e degli artt. 2729, 2702 e 2947 c.c. con omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5)”.

Con il quarto motivo si denunzia “nullità della sentenza per omessa corretta valutazione di una prova documentale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.

Il secondo, il terzo ed il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, avendo tutti ad oggetto la questione della decorrenza del termine di prescrizione.

Essi sono manifestamente infondati.

Anche su tale questione, infatti, la decisione impugnata risulta conforme ai principi di diritto ripetutamente affermati da questa Corte (ed in relazione ai quali il ricorso non contiene motivi tali da indurre a mutare orientamento), per cui “la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, nè sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 4 bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa)” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008, Rv. 600901; sull’affermazione per cui il limite ultimo della decorrenza della prescrizione è “da ritenersi coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione Medica Ospedaliera di cui alla L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 4 ma con la proposizione della relativa domanda amministrativa, che attesta l’esistenza, in capo all’interessato, di una sufficiente ed adeguata percezione della malattia” si vedano anche: Cass., Sez. U, Sentenza n. 581 del 11/01/2008 Rv. 600912; Sez. 3, Sentenza n. 28464 del 19/12/2013, Rv. 629132; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16550 del 02/07/2013, Rv. 627140; Sez. 3, Sentenza n. 6213 del 31/03/2016, Rv. 639256), con la precisazione che la presentazione della domanda di indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992 segna solo il limite temporale ultimo di possibile decorrenza del termine di prescrizione, senza che ciò escluda la possibilità di collocare l’effettiva conoscenza della rapportabilità causale della malattia in un momento precedente, tenendo conto delle informazioni in possesso del danneggiato e della diffusione delle conoscenze scientifiche, in base ad un accertamento che è rimesso al giudice del merito (in tal senso: Cass., Sez. 6 – 3, Sentenza n. 23635 del 18/11/2015, Rv. 637785; Sentenza n. 10551 del 22/05/2015, non massimata; Sentenza n. 10530 del 22/05/ 2015, non massimata).

Nella specie, la corte di appello ha rilevato che il C. aveva avanzato la domanda amministrativa per ottenere l’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992 in data 22 dicembre 1994, e quanto meno a tale data gli attori erano in possesso di tutti gli elementi necessari per acquisire, con l’ordinaria diligenza, la consapevolezza della rapportabilità causale della malattia alle trasfusioni effettuate (possibilità che era addirittura antecedente, e da collocarsi all’ottobre 1991), onde al massimo il 22 dicembre 1999 la prescrizione era di certo maturata, in quanto gli idonei atti interruttivi allegati erano tutti successivi.

Si tratta di accertamenti di merito espressi all’esito della corretta valutazione di tutti i fatti rilevanti emergenti dall’istruttoria, ed adeguatamente motivati, dei quali in sostanza il ricorrente finisce per chiedere una revisione non consentita nella presente sede di legittimità.

3. Con il quinto motivo si denunzia “difetto e/o contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio assunto in contraddittorio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.

Il motivo è senz’altro inammissibile, in quanto con esso vengono avanzate censure di vizio di motivazione contemplate dal testo abrogato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non applicabile nella fattispecie in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (maggio 2015).

4. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dell’amministrazione controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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