Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4873 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2021, (ud. 10/11/2020, dep. 23/02/2021), n.4873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26399-2019 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE 18, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BALDASSARRE,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO PESSI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIUSEPPE SIGILLO’ MASSARA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 192/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 12/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Lecce rigettava la domanda proposta da F.A. nei confronti di Poste Italiane s.p.a., diretta al riconoscimento del diritto al superiore inquadramento (da operatore senior posizione retributiva C a livello A posizione retributiva A2) a far data dall’anno 2001 e, in subordine, dall’anno 2004, con conseguente condanna della società al pagamento delle differenze retributive maturate;

la Corte d’appello di Lecce accoglieva l’appello proposto da F.A., ritenendo che l’appellante avesse diritto al riconoscimento rivendicato dal 1-1-2004 al 1-1-2007, data di cessazione del rapporto lavorativo;

la Corte di Cassazione, con sentenza 23180/2017, accoglieva il ricorso della società, rilevando che la corte territoriale aveva omesso lo specifico esame delle declaratorie contrattuali di inquadramento del lavoratore in base al CCNL, art. 21, del personale non dirigente di Poste italiane s.p.a., così come aveva omesso di ricondurre le mansioni accertate in fatto alle suddette declaratorie, violando il ragionamento logico da osservare nella determinazione della corretta qualificazione spettante al lavoratore per le mansioni svolte in concreto rispetto ad una specifica posizione funzionale (Cass. 27 settembre 2016, n. 18943; Cass. 26 marzo 2014, n. 7123) e disponeva il rinvio alla Corte d’appello di Lecce per il compimento della suddetta indagine;

in sede di rinvio la Corte d’appello, effettuato il raffronto tra i dati dell’istruttoria e le declaratorie contrattuali interessate dalle rivendicazioni, rilevava che non erano emerse le circostanze caratterizzanti la posizione rivendicata, soprattutto per quanto attiene ai profili di ampia autonomia, diretta responsabilità nell’attuazione degli obiettivi della società di gestione e responsabilità della struttura, e perveniva, quindi, al rigetto dell’appello;

avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione F.A. sulla base di due motivi;

Poste Italiane s.p.a. ha resistito con controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memorie;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per error in procedendo, in ragione della violazione dei limiti interni del giudicato, osservando che la Corte d’appello adita in riassunzione aveva rilevato una carenza di allegazione circa il contenuto della prestazione lavorativa nel ricorso introduttivo e che in tal modo il Giudice in sede di rinvio aveva travalicato il perimetro affidato alla sua cognizione, tracciato dal principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione;

con il secondo motivo deduce: 1) violazione dell’art. 115 e 116 e dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, e comma 1, n. 3, in relazione al travisamento delle prove assunte nel corso del processo di primo grado, con particolare riferimento ai verbali di prova testimoniale, emergendo inequivocabilmente dal quadro istruttorio la piena corrispondenza di mansioni e compiti tra quanto dedotto in ricorso e quanto dichiarato dai testi escussi nel corso del giudizio e l’elevato grado di autonomia di cui godeva il F. sin dal suo trasferimento presso il Centro Postale Operativo di (OMISSIS)) l’omesso esame del fatto, pacifico e incontestato, che il F. rivestisse l’incarico di “Responsabile controllo e miglioramenti processi trasporto e smistamenti”;

il primo motivo è privo di fondamento, poichè la ratio della decisione sottesa alla sentenza impugnata si fonda non già sulla pure rilevata carenza nell’atto introduttivo di allegazioni circa il contenuto della prestazione lavorativa resa, ma, specificamente, sull’istruttoria espletata, nell’ambito delle allegazioni, e sulle risultanze documentali, dalle quali la corte desume la mancanza di circostanze caratterizzanti la superiore declaratoria e di profili di ampia autonomia e diretta responsabilità nell’attuazione degli obiettivi della società, che consentano la sussunzione delle mansioni svolte nel livello giuridico economico rivendicato, e ciò nel pieno rispetto del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione;

il secondo motivo è inammissibile: non è ravvisabile, infatti, il denunciato vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, poichè la circostanza che il F. rivestisse l’incarico di “Responsabile controllo e miglioramenti processi trasporto e smistamenti” è stata presa in considerazione dalla Corte, che l’ha richiamata a pg. 3 della sentenza evidenziando come al riguardo il ricorrente avesse riferito dello svolgimento di attività di “controllo del movimento della corrispondenza, sia in entrata che in uscita, della suddivisione della stessa e del trasporto…”, sicchè non può ritenersi ravvisabile la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (Sez. U., n. 8053 del 07/04/2014);

nel resto la censura tende al riesame delle valutazioni delle risultanze istruttorie riservato al Giudice del merito, anche per quanto in particolare attiene alla valutazione della circostanza che si assume trascurata, con ciò prospettando, sub specie di violazione di legge, una rivalutazione dei fatti non consentita in questa sede (Cass. n. 8758 del 04/04/2017, SU 34476 del 27/12/2019);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato;

le spese seguono la soccombenza;

in considerazione della statuizione, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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