Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4870 del 01/03/2010

Cassazione civile sez. II, 01/03/2010, (ud. 27/10/2009, dep. 01/03/2010), n.4870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26785-2004 proposto da:

A.A.T. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo studio

dell’avvocato PALERMO GIANFRANCO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.L. (OMISSIS), B.L.

(OMISSIS), B.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. BAZZONI 15, presso lo

studio dell’avvocato SACCONE LUCA, che Li rappresenta e difende, con

procura notarile del 9/10/09 rep. 81627, unitamente all’avvocato

MORSILLO ANDREA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3575/2 004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 31/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato ORLANDO Fabio, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato SACCONE Luca, difensore dei resistenti che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione il 30.1.1997 A.A.T. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la sorella A.L. e le figlie B.L. e M. e, premesso che il (OMISSIS) era deceduto in (OMISSIS) V. L., esponeva:

– con testamento olografo del (OMISSIS) pubblicato il 8.5.1996 la V. aveva istituito eredi per la quota disponibile le nipoti (figlie di A.L.) B.L. e B. M. e per la quota di legittima le figlie A.A. T. e L.;

– del patrimonio ereditario facevano parte vari beni immobili siti in (OMISSIS), i beni mobili descritti negli inventar in data (OMISSIS), fittanze e canoni di locazione, il saldo di L. 65.533.070 del conto corrente (OMISSIS) presso la Carivit Agenzia di (OMISSIS) e titoli di valore non inferiore a L. 300.000.000. – Tanto premesso A.A.T. chiedeva accertarsi la qualità di eredi testamentarie di B.L. e B. M. per la quota disponibile e di A.A.T. e L. per la quota di legittima, accertarsi che dell’asse ereditario facevano parte i beni mobili ed immobili da essa indicati oltre agli altri beni che sarebbero stati accertati in giudizio, conferirsi tutti i beni nella massa ereditaria con sua reintegra nel compossesso da operare anche attraverso le necessarie restituzioni, ricostruirsi l’asse ereditario e dividerlo tra i coeredi.

Costituendosi in giudizio le convenute chiedevano accertarsi la qualità di eredi per la quota disponibile di B.L. e di B.M. e per la quota legittima di A.A. T. e L., accertarsi che dell’asse ereditario facevano parte i beni immobili descritti dall’attrice, i beni mobili indicati negli inventar, le somme esistenti sul conto acceso presso la Carivit di (OMISSIS), quella esistente sul libretto presso la s.p.a. Banca di Roma e quella in contanti di L. 16.994.000 al netto delle spese da esse sostenute; in via riconvenzionale accertarsi inoltre che dell’asse ereditario facevano parte le somme transitate sul conto corrente acceso presso la Banca di Roma Agenzia di (OMISSIS) fino al (OMISSIS) e dividersi la massa ereditaria secondo le quote di legge.

Con sentenza non definitiva del 4.7.2001 il Tribunale di Roma dichiarava aperta la successione di V.L., accertava che dell’asse ereditario facevano parte i beni immobili descritti in citazione, i beni mobili elencati negli inventar sopra menzionati nonchè denaro per L. 73.288.980 e per il saldo del c.c. n. (OMISSIS) acceso presso la Carivit di (OMISSIS), pari al 31.3.1999 a L. 108.888.548, rigettava la domanda attrice relativa alla condanna delle controparti alla restituzione di somme di denaro che si assumevano essere state sottratte all’asse ereditario, accertava le quote in base alle quali le parti erano eredi di V. L., e rimetteva la causa in istruttoria per valutare i beni diversi dal danaro e dividere il patrimonio fra gli eredi anzidetti.

Proposto gravame da parte di A.A.T. cui resistevano A.L., B.L. e B. M. la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 31.8.2004 ha rigettato l’impugnazione.

Per la cassazione di tale sentenza A.A.T. ha proposto un ricorso articolato in tre motivi cui A. L., B.L. e B.M. hanno resistito con controricorso; le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 2, artt. 717 e 762 c.c. – art. 191 c.p.c. e ss. ed illogicità della motivazione, censura la sentenza impugnata per non aver accolto le istanze istruttorie avanzate dall’esponente in ordine all’avvenuto prelevamento da parte di V.L. in data (OMISSIS) di una somma di denaro dal suo conto corrente Carivit di (OMISSIS) ed alla effettiva destinazione di tale importo.

A.A.T. sostiene che il richiesto supplemento di consulenza tecnica d’ufficio volto a riscontrare in cosa fosse consistita tale operazione, ovvero con quali modalità fosse stato posto in essere, costituiva lo strumento indispensabile per ricondurre alla massa da dividere il cespite mobiliare di più ingente valore; in alternativa, comunque, non si sarebbe potuto denegare l’ordine di esibizione alla Carivit del documento relativo alla suddetta operazione di prelievo; infatti la riscontrabilità sia di un prelievo effettuato non già dalla intestataria del conto ma da altra persona in suo nome sia di una liberalità posta in essere dalla V. in favore di una qualche erede – emergente dalla documentazione relativa all’addebito intervenuto sul suddetto conto corrente in data (OMISSIS) avrebbe consentito una corretta soluzione del problema inerente alla precisa individuazione dei beni relitti e donati.

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e art. 2729 c.c. nonchè vizio di motivazione, assume che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che, anche se fossero stati svolti gli accertamenti contabili richiesti, sarebbe stato impossibile ricavare dati certi e definitivi circa la sussistenza di donazioni effettuate dalla V. in favore di alcuni degli eredi.

A.A.T. assume che invece dalla acquisizione del documento relativo al prelievo suddetto di L. 400.000.000 sarebbe stato possibile prendere cognizione del fatto in ipotesi che l’operazione non fosse stata effettuata personalmente dalla V. ma da altra persona provvista di delega, con la conseguenza, nel caso che tale persona fosse stata una coerede, di trovarsi in presenza di una donazione indiretta assoggettabile a collazione; in tale contesto era opportuno ricordare che in base all’estratto conto del c/c Carivit suddetto era emerso che in seguito agli accrediti ed agli addebiti effettati in data (OMISSIS) la V. aveva elargito a B.M. la somma di L. 5.576.657. Pertanto, sussistendo indizi gravi, precisi e concordanti circa il compimento da parte della V. di atti di liberalità in favore di alcuna delle coeredi, sarebbe stato necessario disporre un supplemento di indagine a mezzo C.T.U.. La ricorrente rileva poi che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, era gratuito supporre che la V. fosse capace di determinarsi liberamente, considerato che, dopo il prelievo del (OMISSIS), essa non aveva effettuato nessuna ulteriore operazione sul conto suddetto, e che per lungo tempo aveva sofferto di crisi respiratorie il cui aggravamento ne aveva pregiudicato progressivamente l’autosufficienza.

La ricorrente infine censura l’affermazione del giudice di appello secondo cui l’esponente non aveva allegato circostanze idonee a far presumere una eventuale lesione di legittima; in realtà nessuna norma impone al coerede che intenda sciogliere la comunione di agire contestualmente con l’azione di riduzione prevista dall’art. 553 c.c..

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente in quanto connesse, sono infondate.

La sentenza impugnata ha ritenuto inammissibili gli accertamenti istruttori richiesti da A.A.T. (supplemento di C.T.U. ovvero ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.) in relazione al prelievo dal conto corrente suddetto della somma di L. 400.000.000 in data (OMISSIS) da parte della V., prelievo accertato dalla C.T.U. espletata nel primo grado di giudizio, avuto riguardo sia alle difficoltà tecniche relative ad esborsi effettuati dalla “de cuius” circa nove mesi prima della sua morte, sia alla ritenuta inutilizzabilità della C.T.U. per compiere indagini esplorative di dati, elementi e circostante il cui onere di allegazione resta a carico delle parti. Tale convincimento è condivisibile ed immune dalle censure sollevate dalla ricorrente.

Peraltro è opportuno rilevare che nella specie l’inammissibilità dei suddetti mezzi istruttori deriva, prima ancora che dalla omessa allegazione, da parte di A.A.T., di elementi di natura probatoria idonei a supportare l’istanza di C.T.U. o quella di un ordine di esibizione di documenti, dalla mancata formulazione da parte sua di una specifica domanda tendente all’accertamento di una determinata donazione, eventualmente indiretta, effettuata dalla V. nei confronti di qualcuna delle controparti, donazione quindi soggetta a collazione.

In un tale contesto processuale, pertanto, l’avvenuto prelievo da parte della V. dell’importo di L. 400.000.000 da un suo conto corrente in data (OMISSIS) resta un fatto privo di rilevanza ai fini della esperibilità dei mezzi istruttori predetti, inidoneo in radice a legittimare neppure valutazioni di natura presuntiva circa l’effettiva utilizzazione di tale somma in assenza di qualsiasi prospettazione in proposito confortata almeno da un inizio di prova, come è confermato del resto dalle deduzioni del tutto generiche enunciate nei motivi in esame; correttamente quindi il giudice di appello ha evidenziato che l’espletamento della richiesta C.T.U. di natura contabile od anche l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. avrebbero dato luogo ad indagini meramente esplorative in violazione dei principi in materia di onere probatorio; con specifico riferimento all’ordine di esibizione di un documento, deve inoltre aggiungersi che esso costituisce una facoltà discrezionale rimessa al predetto apprezzamento del giudice di merito, il cui mancato esercizio non è sindacabile in sede di legittimità neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (Cass. 12.12.2003 n. 19054; Cass. 14.7.2004 n. 12997; Cass. 17.5.2005 n. 10357). E’ infine opportuno aggiungere che l’ulteriore statuizione della Corte territoriale secondo cui sarebbe stato onere di A.A.T. “allegare circostanze precise, idonee a far presumere una sua eventuale lesione di legittima, sulle quali chiedere la pronuncia del giudice civile, il che non è avvenuto” è erronea, posto che nell’ambito di un giudizio di divisione la domanda di collazione da parte di un coerede di donazioni effettuate dal “de cuius” in favore di altri coeredi, domanda tendente alla ricostituzione completa dell’asse ereditario, è evidentemente autonoma da una domanda di reintegrazione della quota di legittima; tuttavìa la prima enunciata “ratio decidendi” è più che sufficiente a sorreggere autonomamente il convincimento espresso dalla sentenza impugnata oggetto delle censure in esame.

Deve poi darsi atto che la ricorrente nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c. ha rinunciato al terzo motivo di ricorso.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di euro 200,00 per spese e di Euro 800.00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2010

 

 

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