Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4869 del 28/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 4869 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 6034-2010 proposto da:
BULGARI S.P.A. C.F. 00388360588, in persona del legale
rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 31, presso lo studio
dell’avvocato PULSONI FABIO,

che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
contro

219

PIGNOLONI

PIETRO

c.f.

PGNPTR65D03H501Z,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MERULANA 272,
presso lo studio dell’avvocato ANTONICELLI GIORGIO,

Data pubblicazione: 28/02/2014

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti e
da ultimo domiciliato presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrente

CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata

6233/2007 della
il 07/08/2008

R.G.N. 5888/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

21/01/2014

dal Consigliere Dott. GIULIO

MAISANO;
udito l’Avvocato PULSONI FABIO;
udito l’Avvocato BESI ALFREDO per delega ANTONICELLI
GIORGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
accoglimento del ricorso.

I

avverso la sentenza non definitiva n.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza non definitiva pubblicata il 7 agosto 2008 la Corte d’appello
di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma dell’8 febbraio
2005 ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento per giusta causa
intimato dalla Bulgari s.p.a. a Pignoni Pietro ordinando la reintegrazione
condannando la Bulgari al pagamento in favore del lavoratore, di tutte le
retribuzioni dal momento del licenziamento. La Corte territoriale ha
considerato che il Pignoni, dipendente della Bulgari con mansioni di
autista e guardia giurata, era stato licenziato a seguito di contestazione
disciplinare per essere stato visto in abiti da cacciatore in tre giorni in cui
era assente dal lavoro per malattia. La stessa Corte d’appello ha considerato
che, ritenuti veritieri e non contestati i certificati medici di malattia, è
rimasta non provata la tesi della datrice di lavoro secondo cui il dipendente,
svolgendo attività di cacciatore in giorni i cui era assente per malattia,
avrebbe messo a repentaglio la propria salute, ritardando la guarigione e
causano il relativo danno al datore di lavoro; né può affermarsi che tali
episodi incrinino il vincolo fiduciario in modo tale da costituire giusta
causa di licenziamento.
La Bulgari s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza
affidato ad un unico articolato motivo.
Resiste il Pignoloni con controricorso.
La ricorrente ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.
12 delle preleggi in relazione agli artt. 1175, 1375, 2104, 2105, 2106 e
2119 cod. civ. con specifico riferimento alla proporzionalità della sanzione,

À

del lavoratore nel posto di lavoro precedentemente occupato e

ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., e contraddittorietà e palese superficialità
della motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il
giudizio. In particolare si assume che la Corte territoriale si sarebbe
soffermata sulla sola proporzionalità della sanzione senza considerare la
violazione dei doveri di correttezza, buona fede, diligenza e fedeltà del
Inoltre la Corte territoriale avrebbe erroneamente ignorato il potenziale
pregiudizio alla guarigione del lavoratore determinato dal suo
comportamento, indipendentemente dal suo concreto avverarsi. La
ricorrente insiste comunque nel contestare il giudizio dato sulla
proporzionalità della sanzione in considerazione della gravità degli episodi
contestati.
Il ricorso non è fondato.
Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte l’espletamento di altra
attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo
stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e
buona fede nell’adempimento dell’obbligazione e a giustificare il recesso
del datore di lavoro, laddove si riscontri che l’attività espletata costituisca
indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai
relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltre ad essere
dimostrativa dell’inidoneità dello stato di malattia ad impedire comunque
l’espletamento di un’attività ludica o lavorativa (per tutte Cass. 21 aprile
2009 n. 9474). La prova della incidenza della diversa attività lavorativa o
extralavorativa nel ritardare o pregiudicare la guarigione ai fini del rilievo
disciplinare di tale attività nel corso della malattia, è comunque a carico del
datore di lavoro. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tale
principio di diritto sebbene abbia impropriamente tratto conferma della
assenza di pregiudizio per il datore di lavoro dal rientro del lavoratore al
termine della malattia, circostanza di per sé irrilevante ai fini in questione

lavoratore che sarebbero stati violati dal Pignoloni negli episodi contestati.

in quanto l’accertamento della mancanza di pregiudizio va operato ex ante.
Tuttavia permane la mancanza di prova di tale pregiudizio che avrebbe
procurato nocumento al datore di lavoro, per cui è comunque esatta la
conclusione a cui è pervenuta la Corte territoriale nel ritenere non
giustificato l’impugnato licenziamento. Quanto alla proporzionalità della
questa Corte, secondo cui il giudizio di proporzionalità tra violazione
contestata e provvedimento adottato si sostanzia nella valutazione della
gravità dell’inadempimento del lavoratore e dell’adeguatezza della
sanzione, tutte questioni di merito che ove risolte dal giudice di appello con
apprezzamento in fatto adeguatamente giustificato con motivazione
esauriente e completa, si sottraggono al riesame in sede di legittimità (da
ultimo Cass. 25 maggio 2012 n. 8293). Il giudice dell’appello ha
correttamente valutato che l’illecito disciplinare commesso dal lavoratore,
per la mancanza di pregiudizio di cui si è detto, non meritasse la sanzione
espulsiva per il venir meno del vincolo fiduciario. Tale giudizio, per la sua
logicità, si sottrae ad ogni censura di legittimità.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della società ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; Condanna la ricorrente al pagamento delle spese
di giudizio che liquida in E 100,00 per esborsi, oltre E 3.500,00 per
compensi professionali oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 21 gennaio 2014.

sanzione espulsiva va ricordato il principio pure ripetutamente affermato da

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA