Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4868 del 01/03/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4868 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: SCARPA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 28409-2013 proposto da:
NAVIGLIO GENNARO NVGGNR73C10F839S, MENNA CARMELA
MNNCML35E52G309R, NAVIGLIO GIULIANO
NVGGLN75A28F839P, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO
MAURIELLO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti contro
MICILLO ALDO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO
PASSAGLIA 14, presso lo studio dell’avvocato MARIA SARA
MERLO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO CORSO;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 01/03/2018

avverso la sentenza n. 3505/2012 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI, depositata il 30/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/12/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
c*hto del ricorso;

udito l’AvvocatoMe,ig – t’eflo

FATTI DI CAUSA
Carmela Menna, Giuliano Naviglio e Gennaro Naviglio hanno
proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la
sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 3505/2012,
depositata il 30 ottobre 2012.
Resiste con controricorso Aldo Micillo.
Aldo Micillo, con citazione del 9 settembre 2002, convenne
Carmela Menna, nonché i figli di questa, Giuliano Naviglio e
Gennaro Naviglio, domandando di: dichiarare nullo o inefficace
ex art. 2901 c.c. il contratto di vendita di appartamento sito in
Mugnano, via Monsignor Menna 12, stipulato tra i convenuti il
25 maggio 2002; di dichiarare l’inadempimento di Carmela
Menna; di condannare tutti i convenuti al risarcimento dei
danni. L’architetto Aldo Micillo dedusse di aver stipulato il 4
aprile 2001 con Carmela Menna un preliminare di permuta, nel
senso che, ottenuta la concessione edilizia a cura e spese
dell’attore, la signora Menna avrebbe trasferito al Micillo la
proprietà di un fabbricato da demolire in Mugnano, via Napoli
212, e a sua volta quest’ultimo avrebbe alienato alla Menna
due alloggi e due box compresi nel nuovo fabbricato. Era
tuttavia sopravvenuta la necessità di integrare la pratica per la
Ric. 2013 n. 28409 sez. 52 – ud. 06-12-2017
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Bratt., il quale ha concluso per

concessione presso la Commissione Edilizia comunale e la
signora Menna si era così sottratta agli impegni del preliminare
del 4 aprile 2001, rivendendo dapprima il fabbricato di via
Napoli 212 a terzi, e poi trasferendo il proprio ultimo immobile,
quello di via Monsignor Menna 12, ai figli Gennaro e Giuliano

Carmela Menna domandò in riconvenzionale di dichiarare
risolto, annullato o inefficace il preliminare di permuta per il
mancato rilascio della concessione edilizia.
L’adito Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Marano, con
sentenza del 28 dicembre 2007 rigettò tutte le domande,
principali e riconvenzionali. La Corte d’Appello di Napoli,
sull’appello proposto da Aldo Micillo, ha condannato Carmela
Menna, ed in solido con la stessa i figli Gennaro e Giuliano
Naviglio, al risarcimento dei danni stimati in C 22.000,00. La
Corte di Napoli, richiamando il brocardo “da mihi factum, dabo
tibi ius”, ha dapprima ritenuto fondata la doglianza del Micillo
avverso la statuizione del Tribunale, che aveva sostenuto che
l’attore non avesse invocato dall’inizio espressamente gli artt.
1358 e 1359 c.c., e ciò perchè, a dire della sentenza
impugnata, è il giudice che individua la norma che si attaglia
alla fattispecie. La Corte di Napoli ha quindi rilevato come il
contratto preliminare di permuta concluso tra Aldo Micillo e
Carmela Menna il 4 aprile 2001, al suo articolo 3, subordinasse
l’obbligo di quest’ultima di trasferire l’immobile e il decorso del
termine di tre mesi per la stipula dell’atto pubblico alla
“comunicazione dell’approvazione della C.E. dal Comune di
Mugnano”, ovvero al provvedimento definitivo, sicché la Menna
non poteva dirsi inadempiente rispetto a questi impegni pattizi.
Viceversa, Carmela Menna è stata ritenuta dalla Corte
d’Appello inadempiente all’obbligo di buona fede ex artt. 1358
Ric. 2013 n. 28409 sez. 52 – ud. 06-12-2017
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Naviglio.

e 1375 c.c., per non aver salvaguardato le ragioni del
promissario acquirente Aldo Micillo ed aver reso impossibile il
perfezionamento dell’operazione concordata il 4 aprile 2001,
vendendo a terzi l’immobile promesso in permuta. Nel liquidare
il danno dovuto da Carmela Menna, la Corte d’Appello ha

600.000.000 già da lui pagato, indicate nell’art. 8 del contratto
come “caparra confirmatoria ai sensi dell’art. 1385 c.c.”,
dovessero piuttosto intendersi come clausola penale ex art.
1382 c.c., da ridurre d’ufficio, in forza dell’art. 1384 c.c., fino
all’importo di C 22.000,00. Inoltre, la Corte di Napoli, negati i
presupposti dell’azione revocatoria (mancando la preesistenza
di un credito da inadempimento, sorto proprio per effetto
dell’alienazione), ha ravvisato nella condotta dei terzi
acquirenti dell’immobile di via Monsignor Menna 12, Gennaro e
Giuliano Naviglio, gli estremi di una responsabilità
extracontrattuale concorrente, ex art. 2055 c.c., con quella
contrattuale di Carmela Menna, e perciò coobbligati solidali nel
debito risarcitorio. Gennaro e Giuliano Naviglio, figli di Carmela
Menna con lei conviventi, sono stati ritenuti dai giudici di
appello consapevoli partecipi dell’inadempimento, avendo
ammesso nel corso del loro interrogatorio formale di essere a
conoscenza del pregresso rapporto contrattuale tra la madre e
l’architetto Aldo Micillo.
Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE

IX primo motivo di ricorso di Carmela Menna, Giuliano
Naviglio e Gennaro Naviglio denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., avendo l’attore, poi
appellante, Melillo dedotto a fondamento delle sue domande
l’inadempimento contrattuale della Menna rispetto all’art. 3 del
Ric. 2013 n. 28409 sez. 52 – ud. 06-12-2017
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affermato che le spese anticipate dal Micillo ed il prezzo di lire

contratto di permuta, per esservi già stata la comunicazione
del parere favorevole della Commissione Edilizia, il che aveva
determinato l’avveramento della condizione sospensiva. La
Corte d’Appello ha invece accolto le domande del Melillo sul
presupposto che la Menna avesse impedito l’avveramento della

Il secondo motivo di ricorso di Carmela Menna, Giuliano
Naviglio e Gennaro Naviglio denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., 2697 c.c., avendo la
Corte d’Appello imputato alla Menna una responsabilità
contrattuale, nella pendenza della condizione sospensiva, in
assenza di sufficienti prove circa le vicende del procedimento
amministrativo di rilascio della concessione edilizia e quindi
circa la medesima perdurante pendenza della ipotizzata
condizione sospensiva, ovvero senza acquisire la
comunicazione del parere della Commissione Edilizia del
Comune di Mugnano del 22 gennaio 2002. Tale parere doveva
infatti intendersi negativo, avendo la Commissione imposto
prescrizioni tali da incidere in misura rilevante sul sinallagma
contrattuale.
Il terzo motivo di ricorso di Carmela Menna, Giuliano Naviglio e
Gennaro Naviglio allega la violazione e falsa applicazione degli
artt. 1218, 1358 e 1375 c.c., non potendosi ritenere più
pendente la condizione sospensiva al momento del
trasferimento dell’immobile, ovvero il 25 maggio 2002, né
quindi ravvisare alcuna responsabilità della Menna, la quale
aveva constatato che l’architetto Melillo, nonostante la
comunicazione avvenuta nel gennaio 2002 del parere non
favorevole della Commissione Edilizia, non aveva provveduto
alle necessarie variazioni progettuali.

Ric. 2013 n. 28409 sez. 52 – ud. 06-12-2017
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condizione sospensiva, che doveva perciò aversi per verificata.

Il quarto motivo di ricorso di Carmela Menna, Giuliano Naviglio
e Gennaro Naviglio deduce la violazione e falsa applicazione
degli artt. 2043, 2055, 2901 c.c. e 115 c.p.c., per aver la Corte
d’Appello, nel ravvisare la concorrente responsabilità
extracontrattuale di Gennaro e Giuliano Naviglio, ex art. 2055

lettura delle risultanze di causa”, in quanto “il bene immobile
della signora Menna promesso in vendita all’arch. Meli/Io e poi
venduto alla Daniele Costruzioni è totalmente diverso da quello
oggetto delle quote di proprietà da questa alienate ai figli”
(come ulteriormente specificato a pagina 53 di ricorso, nelle
parti evidenziate in carattere neretto, maiuscolo e
sottolineato). Di tal che

“i germani Naviglio sono rimasti

assolutamente e totalmente estranei all’operazione immobiliare
imbastita dalla madre, dapprima con /’Arch. Micillo e poi con la
Daniele Costruzioni”. Aggiunge la ricorrente che il bene oggetto
del preliminare di vendita stipulato col Micillo era stato infatti
poi venduto in data 15 maggio 2002 ad un terzo, ovvero alla
Daniele Costruzioni s.a.s.
1.1. Il primo motivo di ricorso è fondato. La Corte d’Appello di
Napoli ha essa stessa evidenziato nella sentenza impugnata
come Aldo Micillo, nella citazione introduttiva del giudizio,
avesse agito: 1) per sentir “dichiarare l’inadempimento” di
Carmela Menna rispetto agli obblighi assunti nei suoi confronti
col preliminare di permuta stipulato il 4 aprile 2001, ed avente
ad oggetto un fabbricato da demolire e ricostruire in Mugnano,
via Napoli 212; nonché 2) per sentir “dichiarare nullo ed
inefficace il contratto di vendita dell’appartamento sito in
Mugnano di Napoli, alla via Monsignor Menna n. 12”, questo
intercorso fra Carmela Menna e i figli di questa, Giuliano
Naviglio e Gennaro. La Corte d’Appello di Napoli ha poi
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c.c., commesso “un gravissimo errore di ricostruzione e di

affermato che il preliminare di permuta del 4 aprile 2001 fosse
soggetto ad una condizione sospensiva, quale la “emanazione
del provvedimento definitivo” di concessione edilizia, evento
mai avveratosi. I giudici d’appello hanno quindi accolto la
domanda di Aldo Micillo per inadempimento da parte della

inadempimento consistito nel trasferimento “ad altro soggetto”
dell’immobile promesso al Micillo. La sentenza impugnata ha
superato il rilievo del Tribunale sulla mancata prospettazione a
base delle domande attoree degli artt. 1358 e 1359 c.c.,
asserendo che è compito del giudice dare alla parte interessata
la tutela giuridica appropriata per i fatti che essa prospetta.
Infine, la Corte di Napoli ha ritenuto che Giuliano Naviglio e
Gennaro Naviglio fossero condebitori solidali del debito
risarcitorio per inadempimento degli obblighi nascenti dal
preliminare di permuta inerente il fabbricato di via Napoli 212,
Mugnano, avendo essi acquistato dalla madre l’appartamento
di via Monsignor Menna n. 12.
Ora, è certo che il giudice del merito, nell’indagine diretta
all’individuazione del contenuto e della portata delle domande
sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al
tenore letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma
deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale
della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle
vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante; così è
parimenti certo che la modificazione della domanda ammessa
ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli
elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”),
sempre che la domanda così modificata risulti comunque
connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza
che, perciò solo, si determini la compromissione delle
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Menna all’obbligo di buona fede imposto dall’art. 1358 c.c.,

potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento
dei tempi processuali (Cass. Sez. U, 15/06/2015, n. 12310);
sicchè non incorre non incorre nel vizio di extrapetizione il
giudice che si limiti a dare una diversa qualificazione giuridica
della domanda, senza mutamento dei fatti sui quali l’attore

2746). E’, infatti, l’applicazione del principio “iura novit curia”,
di cui all’art. 113, comma 1, c.p.c., a far salva la possibilità per
il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai
fatti e ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in
causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta
fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento
della sua decisione principi di diritto diversi da quelli
erroneamente richiamati dalle parti. Tale regola deve essere,
tuttavia, sempre coordinata con il divieto di ultra o extrapetizione, di cui all’art. 112 c.p.c., che si ha per violato quando
il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle
eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti
oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un
bene non richiesto o diverso da quello domandato; resta, in
particolare, preclusa al giudice la decisione basata non già sulla
diversa qualificazione giuridica del rapporto, ma su diversi
elementi materiali che inverano il fatto costitutivo della pretesa
(Cass. Sez. L, 24/07/2012, n. 12943).
Per la ricostruzione della volontà negoziale fatta dalla stessa
Corte d’Appello di Napoli, si era in presenza di un preliminare
di convenzione ad effetti obbligatori, del genere do ut facias,
che aveva per oggetto l’impegno dell’architetto Micillo di
ottenere la concessione edilizia e costruire un fabbricato alla
via Napoli 212 di Mugnano, verso il corrispettivo del
trasferimento in suo favore della proprietà dell’immobile, con
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abbia fondato la sua pretesa (cfr. Cass. Sez. 3, 08/02/2007, n.

correlato obbligo di alienare alla committente Menna due
alloggi e due box nell’edificio da realizzare. Dall’esame del
testo contrattuale, la Corte d’Appello ha maturato il
convincimento che i contraenti avessero contemplato, nella
scrittura del 4 aprile 2001, un evento futuro, quale, nella

comunale competente, correlando ad esso l’efficacia del vincolo
obbligatorio a contrarre il definitivo, e non soltanto il tempo
dell’adempimento delle reciproche prestazioni (cfr. Cass. Sez.
2, 30/10/1992, n. 11816; Cass. Sez. 1, 24/07/1985, n. 4339).
L’accertamento se i soggetti di un contratto abbiano inteso, o
meno, sottoporre il convenuto regolamento di interessi ad una
condizione, sulla base dell’incertezza di un evento futuro
rappresentato come presupposto dell’efficacia di un
programma obbligatorio, dà luogo, peraltro, ad un
apprezzamento di fatto, inteso a risolvere una
voluntatis

quaestio

attraverso l’interpretazione del documento e la

valutazione del concreto regolamento degli opposti interessi
adottato dai contraenti, in quanto tale demandato al giudice di
merito ed insindacabile in cassazione, se non nei limiti dell’art.
360, comma 1, n. 5, c.p.c.
Conseguenzialmente, la Corte d’Appello di Napoli ha affermato
che, essendo il contratto del 4 aprile 2001 sottoposto alla
condizione sospensiva della “emanazione” della concessione
edilizia, e non essendosi verificata tale condizione, non potesse
configurarsi alcun inadempimento della obbligazione di stipula
del definitivo assunta da Carmela Menna, giacché
l’inadempimento contrattuale è verificabile solo in relazione ad
un contratto efficace.
Il difetto dell’approvazione del progetto di costruzione del
fabbricato, costituente condicio iuris del contratto, in quanto
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specie, il rilascio della concessione edilizia da parte dell’autorità

consistente in un evento esulante dall’autonomia negoziale
delle parti ed avente la propria fonte nell’ordinamento
giuridico, aveva, quindi impedito l’efficacia del contratto
preliminare e l’eseguibilità delle reciproche prestazioni, sicchè
non è configurabile alcuna responsabilità contrattuale dei

adempimento coattivo o di risoluzione e risarcimento per
inadempimento, posto che l’inadempimento del contratto
presuppone la sua eseguibilità (arg. da Cass. Sez. 2,
17/01/2003, n. 628).
Peraltro, chi si sia obbligato sotto la condizione sospensiva
dell’ottenimento di determinate autorizzazioni o concessioni
amministrative necessarie per la realizzazione delle finalità
economiche che l’altra parte si propone, ha il dovere di
compiere, per conservarne integre le ragioni, comportandosi
secondo buona fede (art. 1358 c.c.), tutte le attività che da lui
dipendono per l’avveramento di siffatta condizione, in modo da
non impedire che la P.A. provveda sul rilascio degli auspicati
provvedimenti ampliativi, con la conseguenza che deve
rispondere delle conseguenze dell’inadempimento di questa
sua obbligazione contrattuale nei confronti dell’altra parte. A
tal fine, è necessario accertare, avuto riguardo alla situazione
di fatto esistente nel momento in cui si è verificato
l’inadempimento, se la condizione avrebbe potuto avverarsi,
essendo certo il legittimo rilascio delle autorizzazioni o
concessioni amministrative con riguardo alla normativa
applicabile (Cass. Sez. 3, 02/06/1992, n. 6676; Cass. Sez. 3,
22/03/2001, n. 4110; Cass., Sez. 2, 18/03/2002, n. 3942;
Cass. Sez. 3, 18/07/2014, n. 16501).
La fondatezza del primo motivo di ricorso sta dunque nel fatto
che la Corte d’Appello di Napoli abbia accolto la domanda di
Ric. 2013 n. 28409 sez. 52 – ud. 06-12-2017
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contraenti, che possa essere fatta valere mediante azione di

risarcimento proposta da Aldo Micillo, sulla deduzione
dell’inadempimento contrattuale di Carmela Menna rispetto alle
obbligazioni nascenti dall’esecuzione del preliminare del 4
aprile 2001, ritenendo che la stessa avesse piuttosto violato il
dovere di compiere, secondo buona fede (art. 1358 c.c.), tutte

da lei dipendenti per l’avveramento della condizione sospensiva
dell’ottenimento della concessione edilizia, senza peraltro
indicare in quale difesa dell’attore Micillo sussistesse la
rappresentazione degli elementi in fatto idonei a dimostrare la
lesione della buona fede.
Va qui altresì richiamato un precedente di questa Corte,
secondo cui, nel caso di contratto sottoposto a condizione
sospensiva, qualora una parte, deducendo che la condizione
deve considerarsi avverata – ai sensi dell’art. 1359 c.c. – per
essere mancata per causa imputabile all’altro contraente,
agisca in giudizio chiedendo la condanna di quest’ultimo
all’adempimento della prestazione pattuita, incorre in vizio di
extrapetizione la sentenza del giudice di merito che, previa
affermazione dell’inadempimento del convenuto agli obblighi
imposti dal contratto, lo condanni al risarcimento dei danni, sia
o meno tale inadempimento collegato alla inosservanza del
dovere delle parti – ex art. 1358 c.c. – di comportarsi secondo
buona fede durante la pendenza della condizione (Cass. Sez. 2,
25/07/2006, n. 16961).
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso rimangono assorbiti
dall’accoglimento del primo motivo, dovendo i giudici di rinvio
provvedere ad individuare gli esatti contorni della pretesa di
risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale di Aldo
Micillo, sulla base dei soli fatti posti dall’attore a fondamento
della domanda stessa, ed in tali limiti riesaminare, se dovuto,
Ric. 2013 n. 28409 sez. 52 – ud. 06-12-2017
-11-

quelle attività prodromiche rispetto alla stipula del definitivo,

l’accertamento dell’eventuale omissione imputabile a Carmela
Menna di attività corrispondenti ad uno standard esigibile di
buona fede, in base ai doveri gravanti in forza dell’art. 1358
c.c.
1.2. E’ evidentemente fondato pure il quarto motivo di ricorso.

Menna l’immobile di via Monsignor Menna n. 12, Mugnano, che
è bene diverso da quello (fabbricato di via Napoli 212,
Mugnano), oggetto del preliminare di permuta intercorso fra la
Menna e il Micillo. Non si rinvengono nella motivazione data
dalla Corte d’Appello gli elementi su cui essa ha fondato la
responsabilità extracontrattuale di Giuliano Naviglio e Gennaro
Naviglio, concorrente con quella affermata in capo a Carmela
Menna per violazione dell’obbligo contrattualmente assunto con
il preliminare del 4 aprile 2001, potendo una siffatta
responsabilità di Giuliano e Gennaro Naviglio ipotizzarsi solo in
presenza di una condotta di consapevole compartecipazione
all’inadempimento del promittente alienante, in virtù
dell’apporto dato nel violare gli obblighi assunti nei confronti
del promissario acquirente, al quale incombe l’onere della
relativa prova (Cass. Sez. 2, 25/05/2001, n. 7127; Cass. Sez.
3, 10/10/2008, n. 25016), ovvero in caso di dimostrazione
della “participatio fraudis” del terzo, necessaria altresì ai fini
dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria (azione,
nella specie, rigettata).
VII. In definitiva, vanno accolti il primo motivo ed il quarto
motivo del ricorso di Carmela Menna, Giuliano Naviglio e
Gennaro Naviglio, e vanno dichiarati assorbiti il secondo ed il
terzo motivo; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad
altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, che deciderà la
causa uniformandosi agli enunciati principi e tenendo conto dei
Ric. 2013 n. 28409 sez. 52 – ud. 06-12-2017
-12-

Giuliano Naviglio e Gennaro Naviglio acquistarono da Carmela

rilievi svolti, provvedendo anche in ordine alla spese del
giudizio di legittimità

P. Q. M.
La Corte accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso,

sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte
d’Appello di Napoli, anche per la pronuncia in ordine alla spese
del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 dicembre
2017.
Il Consigliere estensore
Antoni

carpa
Il Presidente
Dott. , ina Matera

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

I %R. 2018

dichiara assorbiti il secondo ed il terzo motivo, cassa la

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