Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4866 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4866 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: MIANI CANEVARI FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 6029-2011 proposto da:
ANDREOZZI RAFFAELE C.F. NDRRFL66P28A512G, domiciliato
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato FERRARA RAFFAELE, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2014
135

CENTRO

AGRO

AVERSANO

S.R.L.

DI

F.K.T.

c.f.

01629800614, in persona del legale rappresentante pro
tempore elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA

GERMANICO 96, presso lo studio dell’avvocato DI PAOLO

Data pubblicazione: 28/02/2014

LUCA, rappresentata e difesa dall’avvocato CASTIGLIONE
FRANCESCO, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n.

controricorrente

6529/2009 della CORTE D’APPELLO

di NAPOLI, depositata il 20/02/2010 R.G.N. 5891/2008;

udienza del

14/01/2014

dal Consigliere Dott. FABRIZIO

MIANI CANEVARI;
udito l’Avvocato FERRETTI ANNAMARIA per delega
CASTIGLIONE FRANCESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Raffaele Andreozzi ha impugnato il licenziamento intimatogli con
lettera del 24.2.2004 dalla S.r.l. Centro Agro Aversano di FKT, presso cui aveva
lavorato con mansioni di massofisioterapista, motivato con la mancata
produzione di documentazione relativa al possesso di un idoneo titolo per lo

di lavoro e il risarcimento del danno.
La domanda è stata respinta dal Tribunale di Napoli, con decisione che
la Corte di Appello ha confermato con la sentenza oggi impugnata. Il giudice
dell’appello ha richiamato la normativa relativa all’esercizio della professione
di fisioterapista, con la previsione nel D.M. del 27 luglio 2000 (emesso in
attuazione dell’art.4 della legge n.42 del 1999) della equipollenza al diploma
universitario del titolo conseguente al corso triennale di formazione specifica
di cui alla legge n.403/1971. Il mancato possesso da parte del sig. Andreozzi
del richiesto titolo di studio, necessario per effetto della nuova normativa,
rendeva il lavoratore permanentemente inidoneo alla esecuzione della
prestazione lavorativa.
La società convenuta aveva d’altro canto dimostrato l’impossibilità di
assegnare al dipendente una diversa posizione lavorativa, in relazione alla
riduzione delle prestazioni sanitarie erogabili e del personale necessario da
parte della ASL competente.
Avverso tale sentenza Andreozzi propone ricorso per cassazione con
quattro motivi. La società resiste con controricorso e memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione, in relazione
agli artt. 1 e 2 della legge n.604/1996, del principio di immodificabilità della
motivazione del licenziamento. Lo stesso è stato giustificato dalla datrice di
lavoro con la dedotta mancanza dei requisiti necessari per l’espletamento
delle mansioni di massofisioterapista; la Corte territoriale avrebbe invece
posto a fondamento della decisione altre circostanze relative alla riduzione di
personale dipendente dell’azienda.

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svolgimento della prestazione richiesta. Ha chiesto la reintegrazione nel posto

Il motivo è palesemente infondato, perché le circostanze cui si fa
riferimento, relative alla situazione organizzativa dell’azienda, sono state
considerate dalla Corte territoriale solo ai fini dell’esame della questione della
impossibilità di ricollocazione nell’azienda, e non sotto il profilo della

2. Con il secondo motivo, denunciandosi la violazione di plurime norme
di diritto, si sostiene che la nuova normativa relativa all’esercizio della
professione di fisioterapista, richiamata nella sentenza appellata, riguarda solo
l’acquisizione di titoli da parte di nuovi diplomandi, e non può incidere, in base
ad una regola di irretroattività, sulle posizioni lavorative preesistenti. Posto
che i corsi per massofisioterapisti previsti dall’arti della legge n.403/1971
non erano stati soppressi con le modifiche introdotte dal D.L.G.S. 517/1993,
deduce che i relativi titoli non sono stati inseriti nella disciplina del citato D.M.
27 luglio 2000, e che quindi il massofisioterapista con il titolo conseguito in
base al corso biennale poteva accedere all’equipollenza.
Il motivo è infondato. La Corte ritiene di dover dare continuità
all’orientamento già espresso in controversie del tutto analoghe con le
sentenze 22 maggio 2012, n.8050, 28 maggio 2013 n.13239, 2 ottobre 2013
n.25073, che hanno condiviso le considerazioni espresse in proposito dal
Consiglio di Stato, Sez.4, con la sentenza n.5225 del 2007. In tale decisione si è
esclusa l’illegittimità del D.M. 27 luglio 2000 il quale annovera fra i titoli
equipollenti al diploma universitario di fisioterapista di cui al D.M. n. 741 del
1992 il diploma di massofisioterapista, solo se conseguito all’esito di un corso
triennale, rilevandosi che una corretta interpretazione della L. n. 42 del 1999,
art. 4, commi 1 e 2, di cui il D.M. 27 luglio 2000 costituisce attuazione, porta a
disattendere una impostazione secondo cui tutti i titoli preesistenti devono
essere riconosciuti come equipollenti ai diplomi universitari di nuova
istituzione.
Nell’esaminare, infatti, la disciplina prevista dalla citata L. n. 42 del
1999, la quale ha disciplinato in modo innovativo e nei confronti di tutte le
professioni sanitarie (già definite come “ausiliarie”) il passaggio dal vecchio

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mancanza dei requisiti soggettivi posta a giustificazione dell’atto di recesso.

ordinamento al nuovo regime, fondato sul previo conseguimento del diploma
universitario, il Consiglio di Stato ha osservato che l’equipollenza può operare
in via automatica solo se il relativo diploma è stato conseguito all’esito di un
corso già regolamentato a livello nazionale, e cioè solo in presenza di moduli

regime pregresso.
Nel caso dei massofisioterapisti la L. n. 403 del 1971, istitutiva di tale
professione sanitaria ausiliaria, non dettava norme sul relativo percorso
formativo, sicché lo stesso è stato disciplinato in modo difforme sul territorio
nazionale, con la conseguenza che i titoli rilasciati all’esito dei corsi in
questione non potevano, in realtà, fruire di alcun riconoscimento automatico,
con piena equiparazione al titolo di fisioterapista acquisito nel vecchio
ordinamento sulla base di percorsi didattici i cui contenuti erano stati
precisamente normati.
Il D.M. 27 luglio 2000, è stato, quindi, ritenuto esente da profili di
illegittimità, “prendendo lo stesso atto di una situazione di base
contrassegnata dall’evidente disparità dei vari percorsi formativi, selezionando
all’interno di essi quelli ritenuti in grado di fornire all’operatore una
formazione di livello adeguato all’esercizio di una attività professionale
altrimenti riservata a soggetti che abbiano conseguito il diploma di scuola
media superiore ed abbiano positivamente frequentato un corso di laurea
triennale”.
Nel contesto normativo evidenziato, del tutto irrilevante appare,
quindi, il riferimento al principio dell’irretroattività della legge, dal momento
che scopo della normativa in esame è stato proprio quello di regolamentare il
passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento delle professioni sanitarie,
stabilendo criteri e modalità per garantire, in un settore particolarmente
sensibile e delicato, l’equivalenza dei nuovi titoli professionali a quelli
preesistenti, e, quindi, di omogenei livelli professionali, anche attraverso la
partecipazione ad appositi corsi di riqualificazione (v. L. n. 42 del 1999, art. 4,
comma 2).

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formativi la cui uniformità ed equivalenza fosse già stata riconosciuta nel

3. Con il terzo motivo si censurano-mediante la denuncia di violazione
dell’art. 1464 cod.civ.- le affermazioni della sentenza impugnata in ordine alla
sopravvenuta impossibilità della prestazione, affermandosi che l’onere della
prova in ordine alle ragioni tecnico produttive “che rendevano impossibile di
attendere la rimozione del temporaneo impedimento” della prestazione

essere ravvisate nelle circostanza allegate relative a provvedimenti della ASL.
La censura non merita accoglimento, perché la decisione impugnata si
fonda sull’accertamento del venir meno di requisiti soggettivi della
prestazione, tale da precludere definitivamente lo svolgimento dell’attività
professionale convenuta, indipendentemente, come già osservato a proposito
del primo motivo, dalla valutazione della situazione organizzativa dell’azienda.
4. L’apprezzamento svolto sul punto dalla Corte territoriale sfugge poi
alle critiche mosse con il quarto motivo, con cui si sostiene, mediante la
denuncia dei vizi di violazione degli artt. 3 e 5 legge n.604/1996, nonché
difetto di motivazione, la violazione dell’obbligo di repéchage” , in relazione
alla mancata prova della impossibilità di una diversa collocazione del
dipendente in azienda.
Le censure investono un accertamento di fatto, riservato al giudice di
merito, in ordine a tale impossibilità, che con la Corte territoriale ha compiuto
con congrua motivazione, in relazione alla rilevata riduzione al 50% della
capacità operativa dell’azienda e al conseguente ridimensionamento del
personale necessario.
Il ricorso deve essere quindi respinto. Si ravvisano giusti motivi per
compensare tra le parti le spese del presente giudizio, atteso che solo
recentemente si è formato un orientamento della giurisprudenza di legittimità
su questa peculiare fattispecie.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente
giudizio.
Così deciso il 14 gennaio 2014 II

eMsaz Oimmy.t:

lavorativa spettava alla società datrice di lavoro; che tali ragioni non potevano

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