Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4865 del 24/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 24/02/2017, (ud. 09/12/2016, dep.24/02/2017),  n. 4865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10443-2014 proposto da:

Z.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI TOR VERGATA

12, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIDARO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROSSELLA ENRICA

SELVATICI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO

SIACCI 38, presso lo studio dell’avvocato GIORGIA PASSACANTILLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPINA VARRICCHIO giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 158/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

4/10/2013, depositata il 20/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2016 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito l’Avvocato Rossella Lucchi difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Giuseppina Varricchio difensore della

controricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato Che Z.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza depositata in data 20 gennaio 2014 con cui la Corte d’Appello di Bologna, in accoglimento dell’appello proposto dal coniuge M.M. avverso la sentenza di separazione personale pronunciata dal Tribunale di Bologna, ha dichiarato la separazione addebitabile ad esso ricorrente, dichiarandolo tenuto al pagamento di un assegno mensile di Euro 300,00 a titolo di concorso al mantenimento del coniuge; che M.M. resiste con controricorso;

considerato Che con il primo motivo il ricorrente censura, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 151 c.c. e art. 115 c.p.c., nonchè sotto quello della omessa o contraddittoria motivazione, la pronuncia sulla addebitabilità della separazione, deducendo che la corte distrettuale non avrebbe tenuto conto di talune risultanze dalle quali evincere come l’infedeltà di entrambi i coniugi fosse stata contestuale, e successiva ad una preesistente situazione di profonda crisi coniugale, e pertanto non utilizzabile ai fini della pronuncia di addebito;

che con il secondo motivo il ricorrente si duole sia della violazione e falsa applicazione degli artt. 151 e 2697 c.c. sia della omessa o contraddittoria motivazione poichè, relativamente al suddetto addebito, la corte distrettuale avrebbe omesso di considerare il nesso causale, il cui onere della prova sarebbe spettato alla M., fra l’infedeltà di Z. e la grave crisi coniugale;

che con il terzo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c. nonchè l’omessa o contraddittoria motivazione relativamente alla previsione dell’obbligo di corresponsione in capo a Z. dell’assegno a titolo di concorso al mantenimento del coniuge, atteso che la corte distrettuale avrebbe determinato tale obbligo senza tenere conto dell’effettiva necessità della moglie (la quale avrebbe avuto a disposizione presso i genitori una abitazione stabile senza alcun costo), del possesso di reddito significativo in capo alla moglie e del maggior onere gravante su Z. per il mantenimento della figlia con lui convivente;

che con il quarto motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 156, 2727, 2729 e 2697 c.c. e l’omessa o contraddittoria motivazione in cui sarebbe incorsa la corte distrettuale poichè, nel ritenere che durante la convivenza matrimoniale la famiglia avesse mantenuto un tenore di vita piuttosto elevato, essa avrebbe utilizzato una presunzione semplice non supportata da alcun elemento; ritenuto Che, quanto al primo ed al secondo motivo di ricorso, la corte distrettuale pare aver espresso puntuale motivazione (la cui eventuale insufficienza non rileva più quale vizio denunciabile ex art. 360 c.p.c., n. 5) con la esposizione degli elementi utilizzati nella propria valutazione circa la successione temporale e la causa della crisi coniugale in questione (ritenendo in base agli elementi di prova che l’infedeltà di Z. fosse precedente alla infedeltà della moglie e alla crisi coniugale stessa e che tale infedeltà fosse stata la causa della crisi: cfr. pag. 3 e 4 sent. impugnata): le doglianze espresse dal ricorrente non sembrano indicare fatti controversi e decisivi dei quali sia stato omesso l’esame, bensì paiono sostanziarsi in una inammissibile richiesta di riesame nel merito della controversia estraneo alla verifica di legittimità consentita a questa Corte;

che il terzo motivo appare parimenti inammissibile laddove si estrinseca, di fatto, in una richiesta di revisione della scelta effettuata dal giudice di merito dei singoli elementi probatori rilevanti e sulla valutazione della loro complessiva idoneità a dimostrare il thema probandum, attività che attiene al merito e, secondo consolidata giurisprudenza di questa corte, è censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della omessa motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio che d’altra parte non pare nella specie rettamente denunciato (non indicando il ricorso fatti decisivi che siano stati oggetto di discussione fra le parti dei quali la corte distrettuale avrebbe omesso l’esame), neppure con riguardo alla doglianza di omesso esame dell’onere del mantenimento della figlia in capo a Z., doglianza che non risulta accompagnata dalla necessaria precisazione sul se, ed eventualmente in quale luogo del processo di appello, tale circostanza sia stata discussa tra le parti nel giudizio di merito;

che, per le stesse ragioni, il quarto motivo di ricorso si mostra inammissibile, in quanto diretto ad una diversa valutazione degli elementi di fatto (il reddito percepito da entrambi i coniugi durante la convivenza coniugale) considerati dalla corte distrettuale per presumere un tenore di vita piuttosto elevato e trarne le sue insindacabili conclusioni in ordine alla determinazione dell’assegno;

che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380-bis c.p.c. per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere dichiarato inammissibile.”

2. In esito alla odierna adunanza camerale il Collegio condivide quanto considerato nella relazione, osservando come la stessa memoria depositata da ultimo dal ricorrente confermi, nel suo contenuto, come le critiche del medesimo in ordine alle statuizioni della corte distrettuale siano esclusivamente relative alle valutazioni espresse dal giudice circa le risultanze probatorie: delle quali il ricorrente prospetta non utilmente una diversa lettura, senza indicare fatti decisivi che non siano stati considerati dal giudice di merito (il quale non è tenuto a motivare su tutte le risultanze probatorie, ma solo ad indicare quelle che ritiene supportino il suo convincimento). Il rigetto del ricorso ne deriva dunque di necessità.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della controparte costituita delle spese di questo giudizio, in Euro 3.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre spese generali forfetarie accessori di legge.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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